Gli astronauti degli abissi: i subacquei
Scendere sotto la superficie del mare è semplice, ma immergersi e scoprire quel mondo straordinario richiede impegno, oltre che un’adeguata preparazione che si apprende solo frequentando gradualmente dei corsi mirati, sia per la subacquea che per l’apnea.
In quanti, da bambini, abbiamo sognato di diventare astronauti! Un sogno tanto affascinante quanto ardito. Ma se non siamo riusciti ad andare nello spazio, possiamo però imparare ad andare sottacqua, che poi, è un po’ come andare nello spazio!
Scendere sotto la superficie del mare: il respiro
Fondamentale, per entrambe le discipline, è imparare a respirare. Può sembrare banale, ma non lo è. In base a come respiriamo variano le nostre prestazioni in acqua: per l’apneista che si accinge al tuffo, una corretta respirazione yogica favorisce il rilassamento, una successiva respirazione completa (dal diaframma al torace, sino alla massima espansione clavicolare) facilita il riempimento alla massima capienza dei suoi polmoni, sino a svuotarli completamente una volta risalito in superficie, tramite la cosiddetta respirazione di recupero.
Per il subacqueo una corretta respirazione è fondamentale, ma con tecniche ben diverse rispetto a quelle del collega apneista: una delle regole principali dell’immersione subacquea è quella di non trattenere mai il respiro, mai per più di un secondo o due. Sarà, quindi, sufficiente respirare in modo naturale, senza concentrarsi sul modo, ma piuttosto sull’esperienza straordinaria che si sta vivendo. Una corretta e rilassata respirazione riduce i consumi dell’aria contenuta nella bombola e favorisce un benessere che ci permette di godere al meglio di quello che ci circonda. Una volta compreso quanto sia “facile” respirare dobbiamo accingerci a scendere.
Scendere sotto la superficie del mare: la muta
E’ da tenere conto che il nostro corpo contiene grasso e qualche litro di gas concentrato nei polmoni, questo già di per sé favorisce il nostro galleggiamento; inoltre, per immergersi, è necessario indossare la muta, una sorta di “seconda pelle” in neoprene, che ci aiuta a mantenere il calore, contrastandone la dispersione (in acqua 25 volte più veloce che all’aria) e dotata di grande spinta positiva: se ci tuffassimo così, ovviamente anche con maschera e pinne, resteremmo a galla a farci baciare dal sole. Dopo aver moltiplicato il galleggiamento naturale del corpo, sarà quindi necessario zavorrarsi con un certo numero di chili per scendere verso il fondo.
Indossare il GAV
A questo punto siamo pronti a indossare il GAV, giubbetto ad assetto variabile, nostro valido alleato nella gestione e nel mantenimento di un giusto assetto. E finalmente ci siamo, maschera sul viso, erogatore in bocca, si sgonfia il GAV e si scende nel blu senza fatica (applicando tutto ciò che si è imparato per contrastare gli effetti della pressione), pronti per fluttuare come astronauti in quella “galassia sommersa” che fino a quel momento si era solo sognato di poter visitare. Per tutti è cominciato e comincerà così, a volte ci si ferma, poi si riprende e si continua a crescere, magari… dedicandosi alla fotografia, perché laggiù c’è un mondo così bello che è impossibile resistere al desiderio di farlo conoscere e vedere, perché a raccontarlo solamente le parole davvero non bastano.