Progettista di forti identità: gli yacht di Maurizio Cossutti
Ingegnere navale e velista di lungo corso, Maurizio Cossutti ha progettato talmente tante barche di successo da dover togliere qualche foto dalle pareti dello studio – non ci è dato sapere quali perché ci dice Cossutti: “Ogni barca ha la sua storia che alloggia nel cuore e nella testa con affetto” – e naviga; naviga sin da bambino, da quando predilesse lo yachting a vela all’azienda di famiglia che produceva i motori.
“La mia passione nasce in tempi remoti quando degli amici ci hanno portato in gita in barca a vela, e così ho smesso di interessarmi alla malattia di famiglia che erano i motori. Un aneddoto particolare è che il figlio di questi signori è poi diventato un amico ed un cliente con uno Swan 80, questa coincidenza è per me il fil rouge che lega la mia infanzia fino ad ora”.
Ha iniziato a navigare su un 420, poi su un 470 “che – ci dice – ho iniziato a pasticciare per migliorarlo. Poi sono approdato fino agli studi in ingegneria navale all’università di Trieste e mi sono laureato con una tesi sperimentale sulle imbarcazioni di Coppa America: la tesi comprendeva anche prove in vasca di modelli con chiglie, con alette e varie simulazioni, anche perché quella di Trieste era l’unica università con la vasca per la simulazione”.
Un successo che lo ha inserito immediatamente a lavorare nello studio Starkel di Trieste e successivamente a diventarne socio, lavorando ad imbarcazioni da crociera e da regata. E proprio tra queste due tipologie di imbarcazioni a vela che si snoda tutta la sua carriera, distinguendosi nel tempo come il progettista forse più capace di imporre un’identità alle imbarcazioni.
Un’identità che non è soggettiva, non si tratta di un’impronta personale o una visione arbitraria della barca, piuttosto è il carattere della barca così come richiesta dal committente ad emergere, attingendo pur sempre all’elegante gusto personale e alla grande preparazione tecnica alle sue spalle. “Per Italia Yachts abbiamo disegnato il 10.98 e il 13.98, barche che hanno dato l’impronta al Cantiere, che è nato da un’amicizia pluriennale – barche molto identificative, che Italia Yachts ha voluto con la poppa un po’ vecchio stile, carattere utilizzato poi come cifra stilistica su tutte le imbarcazioni, “ma – sottolinea Cossutti – come identificare le barche lo abbiamo studiato insieme”.
Per la stessa capacità di suggellare il carattere di una barca è stato voluto da Bavaria per la C57 e successivamente per la C50 e per la C47. “Ogni barca nuova è una sfida: Italia è un cantiere con un grande background tecnico e relativamente una bassa produzione: la sfida con loro è un prodotto specificatamente studiato per il velista. Esperienza completamente diversa con Bavaria, cantiere di grande serie. Interlocutore meno tecnico, ma con necessità di identificare un nuovo prodotto e contenere costi e tecnologie di produzione, che in questi casi sono discriminanti importanti. Con loro è andata in maniera abbastanza strana: ci eravamo conosciuti ad un salone con il management del cantiere, dopo qualche mese e dopo aver vinto il trofeo “European Yacht of the Year” a Düsseldorf col 13.98 di Italia Yachts, fui contattato dall’AD di Bavaria per la nuova ammiraglia, che doveva però non solo essere una barca, ma la prefigurazione di una nuova linea che avrebbe dovuto cambiare la percezione del cantiere sul mercato; con uno stile personale per distinguersi dalle altre barche. Dunque siamo andati con Alessandro Ganz, mio attuale partner in studio, in cantiere e ci siamo trovati davanti un’azienda dalle dimensioni enormi alle quali non eravamo abituati. Abbiamo presentato delle proposte che sono piaciute molto, così dopo il 57, sono arrivati il 50 e 45″.
Armatori privati, piccoli e grandi Cantieri, ma anche barche da crociera e da regata, mondi inaspettatamente più opposti di quanto si potesse pensare: “La barca nuova da regata è un’ulteriore sfida diversa, dove l’interlocutore è il velista con il suo team e dove entra in gioco un rapporto, oltre che professionale, anche personale. A voler essere radicali e sintetici la barca da regata nasce dal di fuori al di dentro: la forma dello scafo e delle appendici hanno un’importanza fondamentale, insieme con lo studio dell’eventuale stazza, nel senso che la barca deve essere veloce, ma deve avere un rating favorevole per poter vincere le regate. Quello che c’è dentro è una conseguenza. Per le barche da crociera il processo è completamente inverso: il layout interno e la disposizione devono rispettare certi paramenti per essere alla pari o migliori della concorrenza, a quel punto vanno rivestiti gli interni con uno scafo che cerchi di mantenere delle linee da barca veloce e non da roulotte e con un design accattivante. Il processo creativo è completamente opposto nei due casi”.
Cruiser, race&cruiser e race: quasi tre diverse carriere, ciascuna consacrata con percorsi diversi, e soprattutto da imbarcazioni differenti “Metro+Metro-“, del 1997, è stata una barca che ci siamo fatti con 3 amici, Alessio Bonin del cantiere Bonin, Giulio Tarabocchia ed io. Un 8,5 metri super invelato, super veloce dove abbiamo iniziato a sperimentare soluzioni tecniche particolari. La considero la prima barca che ci ha fatto conoscere in ambito locale.
Dopo qualche anno il 65 piedi Cometa, sponsorizzato dalla casa farmaceutica Pfizer, ci ha fatto conoscere a livello internazionale e la terza il 37 l’Ottavo Peccato, è stata la barca con cui abbiamo sbancato le regate ORC e che ci ha aperto al mercato delle competizioni”.
Una carriera viva e vivida, sempre aperta a nuove sfide, Cossutti e Ganz sono, infatti, impegnati attualmente in progetti nuovi con Italia Yachts che sono ancora confidenziali, hanno aperto una collaborazione con la Nautor’s Swan e con lo Studio Frers per lo sviluppo di nuovi modelli, per i quali si occuperanno della parte ingegneristica e di produzione; hanno sottomano dei progetti di modifica di barche da regata, sia esistenti che nuovi.
COSSUTTI YACHT DESIGN
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