Una traccia da seguire – le funzioni “rotta” e “traccia” in pesca
Tracciare il proprio percorso mentre si naviga in pesca può sembrare ovvio o apparire inutile. La funzione “rotta” e quella “traccia” possono essere, se sapientemente usate, uno strumento formidabile in molteplici situazioni di pesca.
Analizziamone pregi e difetti.
TRACK & ROUTE QUESTE SCONOSCIUTE
Parlando di tracce e rotte non possiamo fare a meno iniziare questo articolo descrivendo la differenza fondamentale tra le due funzioni, ormai presenti anche sui più piccoli cartografici portatili sul mercato.
Con la parola TRACCIA o TRACK definiamo quella funzione, che hanno gli strumenti cartografici e non, di “segnare” sul display il cammino fatto dall’inizio della funzione allo stop premuto. Il cammino sarà rappresentato da una serie di punti intervallati a scelta ad una distanza di un certo numero di secondi, metri o miglia, selezionabile dall’utente. La scelta di quanto tempo assegnare ad ogni punto varia in funzione del tipo di pesca che effettueremo.
Nella traina con l’esca viva intorno alle secche o ai sassi, sarà fondamentale una ricostruzione dettagliata al millesimo del percorso effettuato, mentre nell’altura, nella costiera, piuttosto che nel drifting, sarà importante solo ripassare nella stessa “zona” piuttosto che seguire al millimetro il tracciato.
Con il termine ROTTA o ROUTE, invece, si intende la direzione da seguire più diretta e più breve verso un determinato punto prestabilito. Per seguire un percorso quindi avremo bisogno di predefinire dei punti ed una eventuale linea apparirà come una spezzata senza curve.
La prima importante distinzione, quindi, è che una rotta ci porterà sì su un determinato punto, ma non terrà conto di eventuali curve andando sempre a “raddrizzare” il nostro percorso verso la meta.
La seconda distinzione, invece, è data dal fatto che non potremo stabilire alcun intervallo di tempo nella tracciatura poiché lo strumento adatterà continuamente la rotta in funzione dello scarroccio e della velocità di percorrenza.
LA ROTTA IN PESCA
L’uso più comune della funzione ROUTE è quello di tracciare i confini immaginari delle zone di pesca (come ad esempio nei campi gara) al fine di cercare i pesci all’interno di parti di mare delimitate. Questa funzione, oltre che nelle gare, può divenire importante in pesche come lo spinning d’altura o la traina d’altura, dove i pesci generalmente, in determinati periodi dell’anno, stazionano sempre in posti definiti e prima o poi aggallano per mangiare il foraggio, dedicando ore di inseguimenti per lo strike ai fortunati occupanti della zona. Negli strumenti moderni è possibile salvare infinite rotte e dar loro nomi e date al fine di facilitarci il compito al momento della ricerca.
LA TRACCIA NEL BOLENTINO
Analizzando i diversi utilizzi in pesca della traccia, invece, andremo a suddividerli per tecnica. Pescando a bolentino a scarroccio, la traccia andrà cancellata alla fine di ogni battuta di pesca, trattenendo solo i mark sui punti di cattura. Questo perché le condizioni di corrente variano continuamente ed a nulla serve conservare i vari passaggi, poiché al variare della corrente cambiano le modalità di presentazione dell’esca sui terminali ed il movimento della barca in scarroccio. Ciò che conviene, invece, trattenere sono i waypoint che ci diranno su quali punti si sono effettuate le catture nei giorni precedenti.
LA TRACCIA NEL DRIFTING
Parlando di drifting al tonno in scarroccio, la funzione track andrà attivata già al momento della “strisciata”, in modo da conservare la zona definita dove si è gettata la pastura e, osservato lo scarroccio, riposizionare la barca a monte della strisciata stessa, al fine di avere immediatamente le canne in pesca appena calate.
Come nel caso del bolentino, la traccia sarà giornaliera e per non creare confusione, nel caso di tracce in giorni successivi, avremo cura di cambiare il colore. In questo modo potremo osservare il variare della corrente ed il movimento dei pesci con il cambiare della corrente stessa.
LA TRACCIA IN TRAINA
Pescando in traina, sia essa costiera, con il vivo o d’altura, diventa invece indispensabile tracciare i percorsi seguiti: la possibilità di ripercorrere con precisione millimetrica i passaggi ripetuti lungo i corridoi tra la posidonia, i banchi di krill o nelle vicinanze di scogli ed anfratti, rappresenta un po’ la marcia in più di chi trascorre in mare ore ed ore avanzando spesso con velocità prossime al nodo.
In questo caso, infatti, l’angolo di attacco delle secche, la presentazione di un’esca su di un salto di batimetrica o ancor meglio, su di una zona con un determinato “giro di corrente” ci porterà spesso ad aver ragione di pesci senza sprecare tempo ed energie.
Non bisogna però dimenticare di cambiare colore alle tracce in funzione delle stagioni, poiché generalmente i pesci si muovono in maniera diversa con abitudini alimentari differenti a seconda dei periodi dell’anno in cui andiamo ad insidiarli e sapere quale percorso effettuare in base al mese in cui si pesca può diventare determinante.
UNO SGUARDO ALLA SICUREZZA
Dopo aver visto l’aspetto alieutico delle funzioni del nostro cartografico non possiamo tralasciare il discorso della sicurezza. Tracciare, infatti, l’ingresso e l’uscita dal porto può diventare fondamentale nei rientri notturni o in presenza di nebbia.
Se da un lato è bene sempre tenere gli occhi aperti, ridurre al minimo lo zoom ed avere un riferimento certo e non approssimativo circa l’ingresso del porto o la presenza di secche, può aiutarci di gran lunga a prevenire spiacevoli abbordaggi in mare, senza contare che dovendo cedere il timone, può sempre tornarci utile un “filo d’Arianna” da seguire nel labirinto senza pareti chiamato mare!