Un sogno chiamato Aguglia Imperiale
Appartenente alla famiglia dei marlin, questo pesce arrivato dall’Oceano vede negli ultimi anni una diffusione sempre maggiore lungo le nostre coste e, di conseguenza, un numero crescente di appassionati che si dedica alla sua ricerca. Prendere il largo con la nostra barca, aprire i divergenti, impostare la giusta velocità, scegliere e filare con attenzione le esche, che dovranno essere nel punto preciso alla giusta distanza dall’imbarcazione, poi finalmente rilassarsi, ma non troppo, con gli occhi sempre puntati in scia, è quasi un rituale da compiere in silenzio: ogni membro dell’equipaggio ha il suo ruolo e sa perfettamente cosa fare!
Quando parliamo di aguglie imperiali, a fare da regina è indubbiamente la traina d’altura, che forse anche grazie alla diffusione di questo rostrato sta coinvolgendo un numero sempre maggiore di appassionati, tanto da diventare una tecnica decisamente attuale, dopo essere stata considerata, per diversi anni, quasi obsoleta.
Può sembrare semplice, ma la traina d’altura a rostrati richiede invece molta tecnica e attenzione ai dettagli, con un margine d’errore molto basso. A volte, affidarsi ad un charter competente per qualche uscita ricca di domande, può aiutarci ad apprendere diversi trucchetti e a bruciare qualche tappa evitando i primi cappotti. Ma vediamo, invece, di cosa abbiamo bisogno per affrontare un’uscita in autonomia nel migliore dei modi.
Non mi stancherò mai di dirlo: altura non significa necessariamente spingersi a decine di miglia di distanza dalla costa, bensì laddove ci siano profondità e tagli batimetrici tali da permettere il passaggio o lo stazionamento dei pesci pelagici. Volendo essere più chiaro, se per esempio a due miglia dalla costa nella nostra zona dovessimo avere una profondità di 2/300 mt, non avremmo necessariamente bisogno di spingerci oltre.
Ho fatto questa piccola premessa per rassicurare chiunque abbia voglia di iniziare questa tecnica, pur non disponendo di un grosso fisherman. Certo, non posso dirvi che per fare altura un open di 6 mt sia la stessa cosa di un cabinato da 12 mt, che magari permette di uscire con qualsiasi condizione di mare ma, con il giusto allestimento, vi assicuro che anche un’imbarcazione medio/piccola o addirittura un gommone si difende degnamente.
La barca da altura dovrà consentirci di filare in pesca almeno 4 canne, c’è chi arriva addirittura a 10, ma a mio avviso non ha senso e credo che il limite, nonché il numero ideale, sia 6/7 canne. Quindi a seconda degli spazi in murata e della presenza o meno di t-top/rollbar, posizioneremo i nostri portacanna. Vi consiglio di installarne almeno uno, meglio se due, a centro imbarcazione, nel punto più in alto, che servirà per la canna centrale lunga ed eventualmente per la più corta. In murata, invece, saranno sufficienti quattro portacanna, due per lato, con inclinazioni diverse: i due verso poppa con inclinazione parallela al senso di marcia, gli altri due orientati tra i 30 e i 45°. Una coppia di divergenti è fondamentale, mentre il divergente centrale sarebbe un valido aiuto ed andrebbe a sostituire la canna posizionata alta sul t-top.
Per studiare e scegliere le batimetriche su cui concentrare la nostra azione di pesca, è essenziale un buon cartografico, sul quale oltre ad azionare ad ogni uscita la funzione “traccia”, ricordiamoci anche di segnare i punti degli strike con la data. Molti ritengono che in altura non sia importante segnare gli strike, invece scopriremo che sulla nostra cartografia si creeranno delle zone di concentrazione, anche in base ai periodi dell’anno. Ci aiuterà moltissimo nel decidere dove puntare la prua quando usciremo dal porto e dove insistere con qualche passaggio in più.
Per quanto riguarda l‘attrezzatura, preferirei canne 20/30 lb carrucolate o, nell’eventualità che siate amanti delle canne anellate e del trecciato, aggiungete uno shock leader di 70/80 mt di nylon. Il tutto accoppiati a mulinelli veloci per agevolarci sia nel recupero delle altre canne quando avremo uno strike, sia per avvolgere il filo velocemente quando andremo in contro al pesce in canna, e capienti per contenere almeno 5/600 m di nylon 0,50.
Anche se tendenzialmente preferisco il catch (o tag) and release, nel caso in cui vogliamo invitare l’aguglia imperiale a cena, un buon raffio è fondamentale: solido, appuntito, meglio se lungo ma assolutamente non telescopico. Sia che vogliate rilasciarla, sia che vogliate trattenerla, un paio di guanti (evitate quelli con le dita scoperte) con rinforzi sul palmo e sulle dita sono importantissimi, sia per afferrare saldamente l’aguglia dal rostro, sia perché le fasi finali saranno gestite con il leader in mano. Durante l’azione di pesca, trascorreremo gran parte del tempo con gli occhi puntati sulle esche in scia, oppure a scrutare l’orizzonte. Saranno due i nostri alleati più grandi: un paio di occhiali da sole polarizzati e un binocolo con un ingrandimento importante.
Prima di passare ad illustrarvi l’azione di pesca, una particolare attenzione merita il panorama delle esche, perché non è sempre facile decidere cosa filare in acqua quel giorno. A mio avviso, se stiamo impostando la nostra uscita prevalentemente ad aguglie imperiali, la scelta dovrà ricadere necessariamente solo su esche di superficie, ovvero sui kona. E’ vero che anche con i minnow può capitare qualche cattura, ma è altrettanto vero che ci limitano molto, soprattutto nella velocità di traina e che per i rostrati restano comunque meno catturanti.
Per questo preferisco non includere per niente i minnow tra le esche da prendere in considerazione, optando per kona di dimensione compresa tra i 12 e i 30 cm ed oltre, in tutte le loro forme, con una predilezione per i vari accoppiamenti di colore tra: rosso, nero, bianco, rosa, azzurro, viola. Per scegliere la dimensione è importante capire in quel determinato periodo di cosa si stanno nutrendo. Alici, sarde? Esche piccole…alletterati, lampughe, tonnetti, ecc.? Esche BIG!!!
Individuata sul nostro cartografico la batimetrica su cui insistere, imposteremo una velocità di traina tra i 7 e 9 nodi ed inizieremo filando prima la canna centrale, che sarà la più lunga con una distanza di minimo 110/120 mt, senza paura di spingerla anche a 180/200 mt, armata con un bel po’ di bird in tandem e un kona grande. A seguire le lenze sui divergenti ad una distanza di 60/70 mt. Altre due canne in murata a 40/50 mt ed un’ultima centrale a 30 mt. Sono solito armare con i bird il 50% delle canne in pesca, quindi su sei canne preferisco lasciarne tre solo con i kona e alle altre tre accoppiarci uno o più bird.
Il cicalino finalmente canta…che sia un’aguglia imperiale ci è subito confermato dai salti spettacolari che compie! A questo punto stringeremo leggermente e lentamente la frizione e rallenteremo con la barca. Mentre una persona impugnerà la canna e si preoccuperà solo di tenere il filo sempre in tensione senza iniziare il recupero pompando il pesce, il resto dell’equipaggio sarà impegnato ad avvolgere tutte le altre canne (ecco perché sconsiglio di averne in pesca più di 6). Eliminate tutte le lenze, si può iniziare il recupero che sarà agevolato con la barca per accorciare le distanze, mentre chi sta alla canna dovrà avvolgere velocemente.
Nelle ultime fasi si potrà pompare il pesce che, dopo un po’ di tira e molla e di salti adrenalinici, arriverà sotto bordo. Mai sottovalutare questo momento perché hanno la tendenza a spingersi sotto la barca, a stretto contatto con i timoni e le eliche, quindi sarà necessaria la presenza di una persona attenta alla guida, pronta a correggere con i motori. Con il leader tra le mani si potrà avvicinare il pesce e non sarà difficile raffiarlo. Nel caso in cui, invece, lo si voglia rilasciare, si può prendere per il rostro tenendolo in acqua e slamandolo con cura. Si può anche tentare di issarlo a bordo per qualche foto fuori dall’acqua, ma si rischia che il trauma sia comunque abbastanza forte per poterne poi permettere un rilascio in buona salute.
IN TAVOLA
Ho avuto modo di cucinare l’aguglia imperiale in tantissimi modi: dalla brace (ottima!!!), al carpaccio, al sugo per la pasta, al forno…e devo dire che si presta bene per diverse ricette, risultando davvero saporita, a patto di non cuocerla troppo.Tra le varie ricette però, mi sento di consigliarvene una che più volte mi ha fatto fare un figurone con i miei ospiti a cena. |
Davide Acone è un grande appassionato di pesca, per lungo tempo si è dedicato alla pesca subaquea, passando per tutte le tecniche di pesca e approdando alla traina, ad oggi la tecnica da lui più praticata e avvicinandosi anche al biggame e della pesca tropicale. Da anni trasferisce le conoscenze della pesca dei marlin in oceano anche nel Mediterraneo cercando quindi di praticare tecniche e accorgimenti del tutto inutilizzati in Italia che gli permettono di confrontarsi spesso con pesci molto divertenti e dalle dimensioni notevoli.