Un designer a tutto target: Christian Grande
“Il segreto è una ossessiva attenzione alle esigenze e desideri di armatori sempre diversi e l’interpretazione e trasformazione in realtà di queste aspettative, attraverso il design e le competenze tecniche”.
Classe 1972, eclettico, lungimirante, creativo ed empatico. Sintetizzando potrebbe essere questa la breve descrizione di uno dei designer più giovani del panorama internazionale e una grande firma della nautica.
Proveniente dagli studi del car design, oggi Christian Grande è un pluripremiato progettista che, oltre ad essere stimato nel mondo dell’auto, si è fatto largo nel settore della nautica.
Gli studi relativi al design automobilistico hanno notevolmente influenzato anche la sua produzione nell’ambito della nautica, orientando di fatto anche il trend dei cantieri che lo hanno ingaggiato, una commistione di stili che si è rivelata vincente.
“Tutta la progettualità legata al mondo dell’auto – ci spiega Christian Grande – è orientata normalmente alla produzione seriale dei grandi numeri, quindi si viene a conoscenza di tecnologie legate a questo tipo di mondo e al transportation in generale. La cosa importante è che il mondo dell’auto è più evoluto nelle tecnologie e nei materiali, a beneficio dei miei progetti nautici, in cui spesso riverso molte delle conoscenze acquisite. Non mi riferisco esclusivamente all’aspetto tecnologico – ci spiega ancora – ma anche a numerose influenze stilistiche, non a caso le linee che disegno hanno spesso connotati di ispirazione automotive. Al contrario, il mondo del trasportation di lusso è influenzato dalla nautica attraverso codici estetici identificativi dell’alto target tipico del settore, che influenzano le mie scelte stilistiche, specialmente dal punto di vista del decor, dei colori e dei rivestimenti”.
Una contaminazione culturale tra vari settori dunque, che si arricchiscono a vicenda di nuovi stilemi formali e combinazioni materiche e cromatiche. Gli ultimi progetti, e in realtà in tutti i suoi lavori, dal Flyer 660 Vintage al Sessa Marine C68, tanto per citarne due che rappresentano commercialmente gli estremi opposti nella nautica, sono tutti progetti diversi tra loro, pensati per armatori con esigenze sempre nuove.
Come si fa a cogliere così tante sfumature diverse, seppur nello stesso settore?
“Il segreto – ci spiega ancora il designer – è una ossessiva attenzione alle esigenze e desideri di armatori sempre diversi e l’interpretazione e trasformazione in realtà di queste aspettative attraverso il design e le competenze tecniche. Per me un cliente che chiede di disegnare un complemento di arredo, un accessorio di elettronica o un’imbarcazione mi porta a dover esercitare ogni volta un cambiamento di pensiero e di visione del prodotto finale, e la sfida sta nello riuscire a interpretare correttamente le esigenze di chi si ha di fronte. E posso dire che ci riesco bene: per me è quasi istintivo capire “chi è” il target, non sono abituato a fare un prodotto e poi pretendere che il target vi si adatti, ma esattamente il contrario.Io e la mia squadra ci chiediamo sempre chi è il cliente tipo: cosa vuole, che auto guida, è un continuo allenamento che ci porta ad individuare con successo il tipo di cliente cui dobbiamo fornire i nostri servizi.”
Un continuo allenamento che l’ha portato ad oltre 100 progetti di imbarcazioni, oltre a quelli ancora in gestazione o in esecuzione. Quanti sono effettivamente stati realizzati?
“Pù di 100 progetti sono stati realizzati, pochi ancora in corso di esecuzione corrente, però ogni anno vedo lo sviluppo di numerose imbarcazioni, e dopo tante “stagioni” di lavoro il numero è consistente – ci dice non senza una punta di orgoglio -. Si tratta perlopiù di progetti completi, anche se mi sono occupato di restyling parziali. Questi ultimi sono comunque molto impegnativi perché anche se c’è da rifare solo una coperta di una barca esistente, tutto il processo di studio, di identificazione del target, di centraggio delle logiche di investimento del cantiere, è fatto sempre allo stesso modo, cambia solo la quantità di file da fornire al cantiere perché magari la carena, gli interni o le sovrastrutture già esistono: se si rifà una coperta, ad esempio, si devono mettere in cantiere, è il caso di dirlo, materiali differenti, forme nuove e tecnologie recenti. E tutto questo va fatto in parallelo con una rianalisi del target, che nel mentre può cambiare. Succede, infatti, che i brands cambino posizionamento: un prodotto disegnato per un marchio oggi, non è detto che corrisponda a quello che un domani lo stesso potrebbe voler proporre al mercato. È tutto legato alle scelte di marketing che nel mentre si potrebbe fare. E – sottolinea – se si è dei bravi professionisti il target del cliente è il target del prodotto: devo conoscere molto bene chi è il compratore per fargli il prodotto ideale”.
Non solo Italia, un premiatissimo Christian Grande ha ottenuto da poco anche l’incarico di disegnare per Wuxi Dong Fang High Speed Craft (DCF) due nuove imbarcazioni da 45 ‘a 60’.
Un compito molto complesso vista anche la diversità di stile ed uso che l’oriente fa delle barche rispetto all’occidente.
“Il mercato europeo – ci spiega ancora Grande – è molto frastagliato e diversificato: c’è il prodotto da lago, c’è il prodotto per il Mediterraneo, c’è il prodotto per il Nord Europa, c’è il prodotto per la pesca, poi ci sono barche ideali per climi molto caldi e viceversa: significa avere ogni volta richieste differenti da parte dei brand che sono votati anche ad avere svariati prodotti in gamma, per essere in grado di soddisfare il maggior numero di richieste. Il prodotto americano è tendenzialmente molto standardizzato, ho visto pochissima evoluzione nel tempo: cambia leggermente nello stile e in minima parte nei contenuti, una barca americana si riconosce da lontano. Il mercato orientale, invece, non è ancora completamente maturo: oggi stanno cercando di capire cosa serve al mercato cinese. In oriente la barca è intesa più come icona, come status symbol di successo: a bordo si fa business, si chiudono affari.
Gli orientali non navigano molto, si pensi solo al fatto che spesso chiedono solo una cabina,anche su barche grandi. Solo ultimamente ho notato una certa curiosità nei confronti delle imbarcazioni di stampo più europeo. Oggi è questa la realtà e, anche se sembra stiano recependo che il prodotto più furbo è quello con maggiore flessibilità, non vanno a bordo per far vacanza.”
Una scommessa ferma ai box è quella della Picchio Boat, il bellissimo catamarano dislocante di 21 mt, studiato per il noto attore romano Pierfrancesco Favino, che tuttavia è in fase di “stand by” su richiesta dell’armatore principale. “A oggi ci sono diverse trattative in atto – prosegue ancora Grande – e devo dire legate al mercato orientale, nei confronti delle quali sono molto positivo. Spero che qualcuna di queste vada in porto, come spero che l’esecuzione del progetto da parte dell’armatore principale possa continuare a procedere.
Penso che sia una barca dai contenuti importanti. Purtroppo la scelta è stata quella di presentarla come un progetto disegnato da me dietro al quale non c’era un cantiere con decise strategie di marketing, per cui le strategie di promozione sono più difficoltose. Per la Picchio ci sono – conclude – logiche diverse di vendita che sono più del custom e quindi più isolate e prive di un contatto costante a livello commerciale. Lo sforzo comunque c’è, ed è quello di avere prezzi di costruzione interessanti e competitivi, per poter proporre quello che considero un progetto molto innovativo a tutti i potenziali interessati”.
Christian Grande DesignWorks
www.christiangrande.com