Dentici e ricciole…col vivo!
Non di rado capita, a chi frequenta le banchine dei porti, assistere al rientro dalla pesca, di equipaggi che mostrano a tutti le loro ambite prede, rappresentate da vari pesci, fra cui: dentici e ricciole.
E’ una meraviglia, vedere prede di tutto rispetto con taglie, almeno per quanto riguarda le ricciole, che arrivano anche a 30 chilogrammi ed oltre! Il primo pensiero che viene in mente al neofita, è quello di: come si possono pescare certi pesci da sogno?
E’ semplice: possedere almeno una piccola barca, un pò di pratica nella pesca, una semplice attrezzatura di base, tanta volontà per praticare la pesca a traina col vivo e… un pò di fortuna, che come ben sappiamo, ci vuole, perchè fa parte del giuoco!
Le barche e le attrezzature occorrenti per praticare la traina col vivo.
Per quanto riguarda quello che occorre in primis per cimentarsi nella traina col vivo, è bene sapere che, per effettuare questa tecnica di traina, non è necessario possedere dei mega sportfisherman, spesso e volentieri, un piccolo gozzo o un gommone, possono egregiamente assolvere la funzione richiesta.
E’ fondamentale tuttavia, che il natante con cui dovremo pescare, abbia la possibilità di fare alla velocità minima, almeno 1,6 – 1,8 nodi orari, al massimo 2. A prescindere poi, dai gusti personali o da quello che abbiamo a disposizione, in riguardo alla traina col vivo, per ragioni di agibilità, si prestono meglio le imbarcazioni con un buon pozzetto ampio, largo e quindi più stabile, come ad esempio le Open Center Console o le pilotine da pesca.
Tutto questo per poter operare con più tranquillità e sicurezza. Se disporremo di una pilotina da pesca, dotata di Trolling Valve, sarebbe il massimo, in quanto potendo ridurre ancora la velocità a 0,5 – 0,8 – 1,2 nodi, potremo impiegare anzichè il pesce vivo: il calamaro vivo! Che rappresenta la massima espressione dell’efficienza di questa tecnica di pesca. Le attrezzature primarie come le canne ed i mulinelli, saranno scelti nei libbraggi che spaziano: dalle 12/20 alle 20/30 per le canne ed un 2,5/0 – 4/0 per i mulinelli a tamburo rotante che corrispondono alle misure delle 20 e delle 30 lbs. Le peculiarità richieste dalle canne, sono quelle che, devono offrire una buona percentuale di carbonio nel composito dei loro materiali medesimi.
Tutto questo per combattere nel migliore dei modi le prede, in modo particolare, quelle di taglia cospicua. Sono da preferire quelle canne dotate di passanti ad anello con pietra in SIC od Alconite ad alta dispersione di calore per limitare le abrasioni delle lenze e per poter far scorrere bene la lenza, che è realizzazata nel complesso, con nodi di giunta spesso voluminosi etc…
Dulcis in fundo, la qualità dei mulinelli, che deve essere rigorosamente di qualità. Il mulinello deve possedere delle frizioni precise e sensibili, con parti in carbonio e con altri componenti meccanici che devono essere di altrettanto valore, per resistere alle fughe repentine dei pesci ed alle trazioni forzate, continue… decisamente impegnative.
Nella sintesi un ottimo abbinamento può essere così formato: canne tipo Stand Up (mt 1,80 circa) o Trolling (mt 2,15 circa) leggermente più lunghe, dotate di azione progressiva maggiore delle Stand Up e mulinelli con freno a leva da 30 lbs.
Le lenze, i finali e gli ami
Ipotizzando a questo punto di avere a disposizione una canna Stand Up 20/30 lbs con abbinato un mulinello da 30 lbs … non resta altro che armarlo a dovere per entrare poi in pesca.
La scelta della madre lenza si può orientare sia sul monofilo tradizionale da 30 lbs che è uno 0,50mm, sia sul multifibra di parimenti libbraggio oppure un 40 lbs.
Come opinione personale è quella di consigliare di avvolgere il multifibra, in quanto è più sensibile alle tocche del pesce e nel contempo essendo lo stesso di sezione più ridotta, a parimenti libbraggio, offre meno resistenza alle correnti marine. L’avvolgimento deve essere tale da coprire quasi tutta la bobina, lasciando lo spazio sufficiente tra il corpo del mulinello e della bobina, per ben accettare una ventina di metri di finale. Per evitare di interporre la girella a cui dovremo fissare il piombo guardiano, che con uso impegnato e continuato potrebbe arrecare danni agli anelli della canna, faremo un’asola di circa 30 cm sul capo libero della lenza madre.
Nell’asola fisseremo poi, sia l’aggancio del piombo guardiano, sia con una “bocca di lupo”, la ventina di metri di nylon a seguire dello 0,60, a cui legheremo successivamente una girella piccola, di quelle modernissime da 80 lbs. Al seguito di questa si staccherà il finale vero e proprio, composto da un paio di metri di fluorocarbon dello 0,60 la cui estremità liberà andrà “doppiata” per 40/60 cm, con un nodo a “8” oppure, il nodo apposito chiamato spider heatch.
A questo punto, inseriremo 2 ami ad occhiello nella lenza doppiata, di cui uno, il primo, avrà la funzione di trainante, scorrevole del 4/0 o 5/0 e l’altro, il secondo, sarà quello ferrante o fisso del 6/0 o 7/0. Per il montaggio di questi, è necessario procedere così: prima si inserisce l’amo trainante nella doppiatura e poi si inserisce l’altro e lo si lega con un nodo Palomar o con altri nodi. L’amo trainante che deve essere anche scorrevole, va fissato sulla lenza doppiata con un piccolo spezzone di monofilo dello 0,50 con un nodo uni od equivalente per la legatura degli ami. Se il nostro pesce-esca sarà di grandi dimensioni, come un bel sugarello o un’aguglia di 50 cm, è possibile inserire un secondo amo scorrevole, per un totale di 3 ami fissati.
La tecnica della traina col vivo per insidiare dentici e ricciole
Avendo tutto a disposizione: canna Trolling da 30 lbs o equivalente Stand Up 20/30 lbs con tanto di mulinello da 30 lbs abbinato e finali pronti all’uso, ci decidiamo di intraprendere questa nuova ed ipotetica avventura in pesca. Molliamo gli ormeggi e con il nostro gozzo o pilotina, ci decidiamo di andare in zona di nostra conoscenza per procurarci l’esca, che è rappresentata dai sugarelli in primis, oppure aguglie, occhiate, insomma, da piccoli pesci che come ben sappiamo sono molto appetiti dai dentici e dalle ricciole.
Andremo in prossimità dei sommi delle secche situate: vicino o al largo della costa e poi… giù con una canna leggera da bolentino, che deve essere armata con finali sottili per “recuperare” alcuni esemplari delle specie già descritte ed immergerli nella vasca apposita per il vivo, che dovremo avere rigorosamente come dotazione e… che sia funzionalissima, con pompa efficiente, per garantirci la lunga vita delle nostre esche. Supponendo di avere nella vasca 4 sugarelli, ne prenderemo uno e lo innescheremo così: l’amo trainante dovrà trafiggere il pesce nella zona tra la bocca ed il naso, mentre l’amo fisso verrà inserito nella zona tra l’addome e la coda, senza ledere organi vitali. Dalla canna da traina armata e fissata nel portacanne del trincarino, sfileremo il finale con la relativa lenza, tutto con la barca in navigazione a circa 1,8 nodi.
Appena giunti all’asola di unione tra la madre lenza ed il finale, agganceremo con un piccolo moschettone il piombo guardiano di circa 400 grammi tramite uno spezzone di monofilo dello 0,35 lungo mt 1,5-2. Appena il piombo giunge sul fondo, solleviamo con un giro di manovella il medesimo ed inizia la nostra pesca con il sugarello, che flotta nelle strette vicinanze del fondo. Praticamente avremo: la madre stesa con il piombo vicinissimo al fondo, con 22 metri di finale che segue, formato da 20 metri dello 0,60, più la girella, più gli ultimi due metri, di fluorocarbon sempre dello 0,60, con gli ultimi 50 cm doppiati e col pesce innescato.
La lenta navigazione dovrà avere un percorso… sali e scendi nelle scarpate delle secche, notoriamente frequentate dai nostri amici. Tutto dovrà essere sotto controllo, anche per delle ore, con l’ecoscandaglio ed il GPS cartografico sempre in funzione. Le profondità ideali sono quelle che spaziano in un range che va dai 30 fino ai 40-50 metri, in zone ricche di rocce, franate di scogli, maciotto e fondali misti tra scogli e posidonie. I periodi migliori sono quelli della tarda estate ed autunno fino agli inizi dell’inverno. Durante i periodi “freddi” possiamo localizzare i nostri predatori su fondali maggiori di oltre 60 metri di profondità.
Torniamo all’azione di pesca. Se il dentice preda l’esca, la canna dà un leggero sussulto, ben avvertibile dal multifibra ed è necessario essere vigili e pronti per cedere un paio di metri di lenza per far consumare bene l’esca precedentemente “assaggiata” e poi… ferrare! Se il nostro amico inizia a combattere, cerca disperatamente di guadagnare il fondo e possibilmente di tranciare il finale contro gli scogli. E’ necessario quando si ferra il pesce, staccarlo decisamente dal fondo e cercare di guadagnare il largo dalla secca manovrando la barca. Se così avviene, bontà per noi, il pesce, dopo un paio di violente fughe, si lascia recuperare passivamente fino a giungere sottobordo con il ventre in superficie e un ampio guadino ci assicurerà l’ambita “cena” con gli amici.
Se invece di essersi allamato un dentice sarà allamata una ricciola… saranno dolori! Nel senso che il pesce farà delle fughe repentine e stressanti in modo continuo da mettere alla prova sia la nostra attrezzatura che le nostre emozioni. Anche la ricciola durante le prime fughe, dovremo forzarla con la canna, ma non troppo e cercare di portarla fuori dagli anfratti rocciosi. E’ un’instancabile ed indomita combattente. Ci tiene in ansia fino a quando giunge sottobordo, dopodichè un robusto raffio, ci assicurerà l’agognata cattura alla quale dedicheremo una foto ricordo.