Sfide verticali
Quando il bolentino non ci dà più le soddisfazioni sperate, quando con una sola tecnica vorremmo insidiare piccoli e grandi predatori, è arrivato il momento di tentare le sfide verticale!
UNO SCENARIO DIVERSO
Agli albori era il vertical jigging. Tutti si fiondarono su artificiali pesanti e canne ingestibili, ai più temerari venne l’epicondilite, molti abbandonarono dopo la perdita dei primi, costosi artificiali, pochi capirono realmente l’essenza di quella pesca “Japan Style“.
I francesi, invece, seppero prendere con le pinze e con attenzione tutto il fermento mediatico che si muoveva intorno al vertical, trassero le loro conclusioni e riuscirono a modificare le attrezzature portando la pesca in stile europeo, soprattutto riuscendo ad insidiare le prede che realmente erano presenti nelle acque in cui la pesca veniva praticata.
Quello che invece vi proponiamo adesso è uno scenario del tutto diverso, un avvicinamento molto “soft” o per meglio dire… “slow” alla tecnica, con attrezzature leggere ed artificiali meno complessi, da gestire per andare a cercare la preda di stagione o il big fish dei sogni.
COSA SOSTITUIAMO?
Bolentino e traina con il vivo sono indubbiamente le due tecniche che la fanno da padrone tra i pescatori dalla barca italiani. C’è chi, infatti, pratica la prima e chi la seconda tecnica, a volte in pochi riescono con successo in entrambe. Inutile dire che i pescatori del bolentino sognano le prede della traina, i trainisti sognano il numero di strike degli “ancorati”, nessuno dei due immagina, invece, di poter praticare una tecnica che avvicina i due mondi.
Praticando lo slow pitch e il tai rubber si riesce infatti ad unirli apparentemente in modo parallelo. Canne leggerissime come le più sofisticate da bolentino, potenti e corte come quelle da traina con il vivo. Mulinelli rotanti, ma muniti di guidafilo e con il recupero velocissimo.
Trecciati ultra sottili e esca naturale abbinata all’esca e alla zavorra, un vero e proprio mix di tecniche a tutto divertimento.
LA TECNICA IN PILLOLE
Slow pitch e tai rubber sono due tecniche verticali simili per approccio, ma diverse per catture ed artificiali. Nella prima gli artificiali in piombo, simili a “blatte”, vengono lasciati spiattellare verso il fondo e, una volta raggiunto, vengono recuperati lentamente e con qualche jerkata verso l’alto. Questo movimento, unito ai colori degli artificiali, scatena l’istinto predatorio dei pesci (generalmente grossi sparidi o sciarrini) che aggrediscono con ferocia l’artificiale dopo averlo seguito, a volte per diversi metri.
Per quanto riguarda invece il tai rubber, piombi sferici con due occhi di swarovski, sono legati ad un polipetto in gomma, sormontato da due ami e diverse codine in silicone. Sui due ami viene inserita una strisciolina di calamaro fresco. L’artificiale arriva dal fondo come nel più classico dei bolentini, per venire poi recuperato e jerkato molto lentamente. In questa tecnica gli sparidi come prai, orate e saraghi si lasciano sedurre dall’odore dell’esca, mentre scorfani e gallinelle aggrediscono l’esca che staziona sul fondo.
CANNE E MULINELLI
Le canne specifiche per questa tecnica devono avere un’azione proporzionale alle esche che vogliamo muovere: ad esempio con una canna da 60-90 gr si potranno manovrare correttamente esche di grammatura massima 100 gr. Le azioni in genere sono 60-90, 120-150. Per quanto riguarda, invece, la potenza in combattimento… abbiamo testato canne leggerissime, con frizioni tarate anche a 6 kg e nonostante la piega, abbiamo avuto ragione su pesci di grosse dimensioni, catturati senza difficoltà. I mulinelli, rigorosamente rotanti, hanno guidafilo e frizioni che chiudono anche a 12 kg, in bobina il trecciato è di almeno 30 lbs, ma per una pesca di profondità vi consigliamo il 50 lbs.
Inutile l’acquisto di prodotti economici, in questa tecnica la qualità fa la differenza.
Per quanto riguarda le grammature degli artificiali, possiamo ragionare che con gli 80 gr si coprono un po’ tutte le fasce d’acqua, ma dovendo pescare su batimetriche sopra i 90 mt, i 120 gr. saranno la scelta consigliata.
IL POSTO GIUSTO
Alla domanda “dove pratico lo slow pitch?” La risposta d’obbligo è: dovunque! Ebbene sì, potete cimentarvi con questa tecnica su qualunque batimetrica, proprio come nel bolentino. L’ideale per avere successo sono i relitti, le secche e tutti quei posti dove gli sparidi girano indisturbati. Non dovrete avere paura di scoprire e di tentare, poiché questa tecnica può dare realmente risultati inaspettati. Dovendo pescare in scarroccio, sarà fondamentale un buon ecoscandaglio e soprattutto un gps cartografico molto preciso, con la funzione traccia attivata.
Se vedete i pesci muoversi sul fondo… allora sarà il momento di tentare in verticale.
COMBATTIMENTI E PREDE
L’esca giunge sul fondo, la solleviamo un tantino, quel tanto che basta per sentire una prima aggressione, un giro di mulinello e subito l’attacco arriva fulmineo.
Panico… la canna è in piega e sembra spezzarsi, ma pompando energicamente, il pesce si stacca dal fondo. Qualche giro di mulinello e lentamente viene su. Ogni testata piega vertiginosamente la canna, ma il complesso sembra reggere e a questo punto prendiamo fiducia… il mulinello a recupero veloce fa il suo dovere ed il pesce sembra essere finalmente stanco. Che sia un praio o uno scorfano, un occhione o una gallinella, ogni pesce sarà pura adrenalina… questo è slow pitch!