Inquinamento da Coronavirus: il cattivo smaltimento di mascherine e guanti
L’emergenza Covid-19 ha completamente modificato le nostre abitudini, imponendo il distanziamento sociale, l’utilizzo di dispositivi di sicurezza e di prodotti igienizzanti.
In questo periodo in cui siamo rimasti chiusi in casa c’è stata una significativa riduzione dei livelli di concentrazione di inquinamento, l’aria è diventata più pulita, le acque più limpide e gli animali si sono riappropriati di spazi occupati dall’uomo: molti gli avvistamenti di specie selvatiche che sono arrivate fino alle città o di cetacei che si sono avvicinati alle coste, fino a raggiungere addirittura i porti.
Inquinamento da Coronavirus: una nuova minaccia
Se da un lato la pandemia ha aiutato il nostro pianeta riducendo l’inquinamento, dall’altro è nato il problema di una nuova minaccia dovuta al cattivo smaltimento di mascherine e guanti di plastica. Durante questi due mesi di chiusura, l’aumento di questi rifiuti è stato contenuto, grazie al calo della spazzatura urbana, non prodotta dalle attività commerciali e produttive che sono state bloccate (-14%).
Ad oggi, che tutte le attività hanno ripreso a lavorare, si aggiungono, ad un ciclo di smaltimento che già da anni era in difficoltà, anche i prodotti monouso, difficilmente riciclabili e in crescita per questioni di sicurezza e di igiene.
L’inquinamento “da Coronavirus” purtroppo è generato anche dall’inciviltà di molte persone che, nonostante l’Istituto Superiore di Sanità raccomandi di smaltire questi dispositivi di sicurezza nei rifiuti indifferenziati (nel caso di soggetti positivi o in quarantena obbligatoria i dispositivi vanno inseriti in un ulteriore sacchetto), li gettano in strada, senza curarsi delle possibili conseguenze.
L’impatto dei dispositivi di protezione sull’ambiente
A maggio è diventata virale la fotografia di un uccello impigliato in una mascherina chirurgica blu, pubblicata su Facebook dalla Columbia Britannica del Canada, morto perché non è riuscito a liberarsi.
Il WWF lancia l’appello per una responsabilità individuale, valutando che se solo l’1% delle mascherine finisse in natura ogni mese avremmo circa 10 milioni di mascherine nell’ambiente, per un totale di 40mila chilogrammi di plastica (ogni mascherina pesa circa 4 grammi).
Molti i quantitativi ritrovati in mare, dove i dispositivi di sicurezza possono diventare letali per pesci e tartarughe che li scambiano per cibo o che poi arrivano nella catena alimentare, proprio sulle nostre tavole.
Il cattivo smaltimento diventa uno spreco enorme, con gravi rischi per la nostra salute.
Una nuova sfida per la lotta contro la plastica, il terzo materiale umano più diffuso sulla terra dopo acciaio e cemento.
L’appello di Donatella Bianchi, Presidente del WWF
“Così come i cittadini si sono dimostrati responsabili nel seguire le indicazioni del governo per contenere il contagio restando a casa, ora è necessario che si dimostrino altrettanto responsabili nella gestione dei dispositivi di protezione individuale che vanno smaltiti correttamente e non dispersi in natura – ha dichiarato Donatella Bianchi, presidente del WWF Italia – È necessario evitare che questi dispositivi, una volta diventati rifiuti, abbiano un impatto devastante sui nostri ambienti naturali e soprattutto sui nostri mari. Proprio per difendere il Mediterraneo che ogni anno già deve fare i conti con 570 mila tonnellate di plastica che finiscono nelle sue acque (è come se 33.800 bottigliette di plastica venissero gettate in mare ogni minuto) chiediamo alle istituzioni di predisporre opportuni raccoglitori per mascherine e guanti nei pressi dei porti dove i lavoratori saranno costretti ad usare queste protezioni per operare in sicurezza. Ma sarebbe opportuno che raccoglitori dedicati ai dispositivi di protezione fossero istallati anche nei parchi, nelle ville e nei pressi dei supermercati: si tratterebbe di un vantaggio per la nostra salute e per quella dell’ambiente”.
Per sensibilizzare i cittadini sul tema del corretto smaltimento dei dispositivi di sicurezza, il Ministero dell’Ambiente, in in collaborazione con la Guardia Costiera, Ispra, Iss, Enea e la commissione Colao, ha recentemente lanciato la campagna social “alla natura non serve” con l’hashtag #buttali bene.
“Mascherine e guanti monouso – ha osservato il ministro dell’Ambiente Sergio Costa – sono diventati un problema per l’ambiente, in Italia e nel resto del mondo. Da qui è nata la campagna istituzionale del ministero, affidata al carisma di Enrico Brignano, che con il suo potere di persuasione orienterà i comportamenti dei cittadini italiani nell’ottica di prestare attenzione all’ambiente. Anche tramite i social vogliamo raggiungere un pubblico vasto, soprattutto i più giovani. Perché oggi è il momento di agire per difendere la natura e il nostro pianeta dall’inquinamento. Non possiamo stare a guardare”.