Hydro Tec: i fuoristrada del mare
Compie venticinque anni Hydro Tec. Fondato da Sergio Cutolo nel 1995, è uno dei pochissimi studi al mondo in grado di realizzare un progetto a tutto tondo, dall’architettura navale, all’ingegneria di bordo, fino al design. La svolta nei primi anni Duemila, quando dall’incontro con il sub Stefano Carletti nasce il primo explorer della storia. Tecnica ed estetica, funzionalità e stile, fisica e creatività: Sergio Cutolo racconta l’anima duplice delle imbarcazioni che ne portano la firma.
Il 1° luglio scorso, Hydro Tec ha celebrato il venticinquesimo anniversario. Ma com’era agli albori?
Sono stato direttore tecnico di Baglietto fino al 1995, quando il cantiere è entrato in fase di concordato preventivo. Anche se ero giovane e avevo ricevuto proposte da altri cantieri, decisi di andare avanti da solo. All’inizio mi occupavo esclusivamente dell’architettura navale: idrodinamica, sale macchine, propulsione, impianti. Poi, nei primi anni Duemila, ho incontrato Stefano Carletti, scrittore di mare, avventuriero, è stato uno dei primi a esplorare il relitto dell’Andrea Doria. Cercava una barca per tornare sul relitto a cinquant’anni dal naufragio e apporre una targa commemorativa, ma la barca – come la voleva lui – non esisteva. Allora realizzammo questa barca che non esisteva, il Naumachos 82: fu il primo explorer. Venne costruito dai Cantieri di Pesaro e fu anche la prima imbarcazione di cui disegnammo gli esterni. Ricordo di aver detto a Carletti: “Posso occuparmi dell’ingegneria navale, ma serve qualcuno che curi il design”. Lui rispose: “No, disegnala tu. Tanto questa è una barca che più viene brutta, meglio è!”. Nel mondo del design siamo entrati così, con una barca che più era brutta e più piaceva all’armatore.
Oggi Hydro Tec è uno dei pochi studi al mondo a saper realizzare un progetto completo, dall’architettura navale, all’ingegneria di bordo, fino al design. Ma qual è la parte che più la appassiona di un progetto?
Ingegneria e design camminano insieme e questa si è dimostrata una soluzione vincente: seguiamo unicamente l’ingegneria di bordo solo nel 50% dei progetti che ci affidano e anche in questi casi collaboriamo con i designer esterni, dando sempre un contribuito creativo. L’unico aspetto che non curiamo è l’interior design, che è molto personale, deve riflettere i gusti dell’armatore e richiede un grande dispendio di tempo. Mi appassiona la fase iniziale del progetto, che poi è la fase creativa, in cui davanti hai solo il foglio bianco e la lista dei desideri del clienti.
È il momento in cui bisogna plasmare tutte le informazioni e dare forma al primo schema di quella che sarà la nuova barca: è qui che entrano in ballo tutte le competenze. Bisogna tener già conto di tutto, fare certe scelte tecniche fondamentali: ad esempio dove posizionare la presa d’aria, il tubo di scarico, l’accesso alla sala macchine. Questo è il mio approccio ed è diventato l’approccio di tutti i ragazzi che lavorano con me.
In questi anni avete maturato una grande esperienza nella progettazione di imbarcazioni con carene dislocanti, semidislocanti e plananti. Qual è il suo modo di vivere il mare?
Sono un grande appassionato di vela. Quando sono arrivato a Baglietto, era in costruzione Italia, un 12 metri che poi ha partecipato alla Coppa America nel 1987. Il progetto mi affascinò moltissimo: anche se era una barca in alluminio che faceva 10 nodi, rappresentava lo stato dell’arte del momento. Era come Luna Rossa oggi, che viaggia sulle ali. Purtroppo Baglietto non fece altre barche a vela. Sono stato impegnato a lungo in una ricerca – forse un po’ estrema – della velocità, della leggerezza, della tenuta di mare. Oggi quando vado in barca scelgo i luoghi isolati, la natura, mi piace rimanere in rada e non rientrare in porto. Cerco il mare, la calma, l’acqua trasparente, la semplicità dello stile di vita. La barca è secondaria: può essere una barca a motore o una barca a vela, non è importante. L’importante è il mare.
C’è un’imbarcazione a cui si sente specialmente legato?
Ce ne sono diverse. Il Naumachos ha segnato una svolta per Hydro Tec: è stata la prima barca che abbiamo progettato interamente, il primo explorer prodotto. Oggi i cantieri e i clienti cercano noi per quel tipo di imbarcazione. C’è stata una serie di particolari concomitanze intorno alla nascita di questa barca: Carletti venne a trovarmi al mio studio, che allora era a Varazze. Scese dalla macchina e si trovò davanti ad un’agenzia di viaggi che si chiamava “Naumachos”, proprio come il libro che lui ha scritto. Entrò e chiese: “Ma lei perché ha dato questo nome alla sua agenzia?” e quello gli tirò fuori il suo libro! Per me è stato molto significativo anche il Columbus 40M Sport Hybrid. Da sempre avevo questo “pallino” della barca che naviga sia con i motori diesel sia con i motori elettrici. È ibrida in tutti i sensi, non solo per la propulsione: è veloce, ma dislocante; è sportiva, ma confortevole. Anche dal punto di vista del design è stata una barca molto riuscita, molto imitata. Ci sono molto affezionato, è un po’ la mia barca: quando naviga con propulsione elettrica, fa 8 nodi in assoluto silenzio, quasi come una barca a vela. Mi piace questo modo di vivere il mare, in maniera così pulita e poco invasiva. Allo stesso tempo è una barca che supera i 20 nodi di velocità massima.
Uno degli ultimi progetti a cui avete collaborato è il Fibonacci, un catamarano elettrico caratterizzato da un design all’avanguardia. Ma secondo lei il futuro sarà ibrido o elettrico?
Il catamarano è un esperimento interessante: è una barca di circa 15 metri con un profilo di emissione di 24 ore. Questo significa che ogni 24 ore deve rientrare in porto per ricaricarsi, un po’ come una Tesla. Mi piace l’elettrico, ho spinto molto per portarlo a bordo. La tecnologia è andata avanti negli anni. Purtroppo il problema è la generazione dell’energia: oggi ci sono batterie eccezionali, ma per ricaricarle bisogna prelevare energia da una rete, che è alimentata da una centrale che a sua volta, molto probabilmente, brucia gasolio o carbone. Anche l’auto elettrica in realtà sposta il problema dell’inquinamento dalla città al luogo in cui si produce l’energia elettrica. Si parla tanto dell’idrogeno, ma basta fare una ricerca su Wikipedia per accorgersi che oltre il 95% dell’idrogeno prodotto è ottenuto bruciando combustibili fossili. Secondo me, la soluzione migliore è un piccolo motore pulito, dotato di opportuni sistemi di filtrazione, che a bordo faccia da caricabatterie. Soprattutto per un’imbarcazione grande, ad esempio un 40 metri, che ha consumi importanti, affidare tutto alle batterie – che poi vanno ricaricate a terra – è praticamente impossibile. L’elettrico diventerà l’ideale quando esisterà a bordo un sistema di generazione dell’energia che non utilizzi combustibili fossili.
La primavera del 2021 vedrà il varo del Rosetti 38 metri exp. Quali sono le caratteristiche di questo progetto?
È un progetto in linea con la nostra filosofia di explorer. Anche se le linee esterne sono più ispirate alle navette tradizionali, è un explorer in tutto e per tutto. È stato costruito per una coppia di armatori che intendono navigarci per il mondo, attraversare l’oceano, esplorare posti meno battuti dalle barche da diporto. Credo che questo sia il vero motivo del successo dell’explorer. Proseguo il paragone con il mondo automobilistico: ci sono molte auto che per l’estetica ricordano i fuoristrada, ma poi magari su una strada sterrata fanno fatica ad avanzare; e poi ci sono quei fuoristrada davvero attrezzati per affrontare percorsi complessi. Ecco, i nostri explorer sono così: il Rosetti, sotto il pavimento delle cabine, ha una galleria che va dalla sala macchine alla sala equipaggio. In questa galleria passano tutti gli impianti che, quindi, restano sempre facilmente ispezionabili, anche in condizioni difficili, ad esempio in caso di tempesta. Ha grandi spazi di stivaggio, un’autonomia di 5000 miglia, un fly gigantesco, un’enorme piscina, grandi finestre per godere del panorama in ogni stagione.
Anche l’area sotto l’hard-top si può chiudere e riscaldare per usarla anche nelle zone più fredde. Credo che in futuro occorrerà sempre più prendere in considerazione l’idea che le barche possano essere utilizzate anche dove il clima non è proprio mediterraneo: che sia molto freddo o molto caldo, bisognerà poter sfruttare gli spazi aperti in ogni condizione.
Come celebrerete questo importante anniversario?
Abbiamo proposto un restyling del logo aziendale e rinnovato il sito internet, arricchendolo di contenuti e modernizzandolo. Con una campagna social stiamo ricordando le tappe importanti di questi venticinque anni e diffondendo i nuovi progetti.
A settembre uscirà il libro che ripercorrerà la storia di Hydro Tec, ma anche i dieci anni di esperienza di Sergio Cutolo prima di Hydro Tec: non sarà in vendita, lo regaleremo a clienti ed amici. Nel frattempo stiamo sviluppando un concept di un 65 metri explorer che racchiude la nostra filosofia: è una barca molto tecnica, con propulsione ibrida, un design particolare e importanti funzionalità. Abbiamo giocato molto sugli spazi interni ed esterni proprio per consentire all’armatore di vivere la barca in ogni condizione. Tra settembre e ottobre presenteremo il concept con una conferenza stampa via internet. Le celebrazioni culmineranno con un evento previsto per la primavera prossima.
HYDRO TEC
Tel. +39 0143 821630
www.hydrotec.it