Combattimento imprevisto con un grosso squalo: strike e rilascio
Non è quello che stavamo cercando e spesso ci coglie di sorpresa, ma il combattimento con un grosso squalo può regalarci emozioni e soddisfazioni difficili da dimenticare… a patto di essere preparati a gestire la potenza di questi predatori in tutte le fasi, dallo strike al rilascio.
Un viaggio di pesca tropicale in una destinazione esotica che il 99% delle persone assocerebbe alla vacanza da spiaggia mentre per noi, spesso e volentieri, racchiude tanti sacrifici, senza neanche farci un bagno perché troppo intenti a pescare.
Primo sacrificio fra tutti è quello economico, poi quello fisico e mentale, perché trascorrere intere giornate sotto il sole a picco a praticare pesche pesanti richiede una bella forza… non solo di volontà! Ma ciò che ci spinge a effettuare questi sacrifici è la ricerca o meglio la necessità di quel combattimento che ci resterà impresso per sempre nei ricordi, quell’incannata che vale l’intero viaggio, quella sfrizionata che riecheggerà nelle nostre orecchie molto a lungo.
NON È SEMPRE FACILE
Non voglio riportarvi con i piedi per terra, ma quando ad attaccare le nostre esche (o le nostre prede) è un animale muscoloso, instancabile, armato di denti affilati, comunemente conosciuto come squalo, portare a casa il risultato non sarà un gioco da ragazzi! Ed infatti nella maggior parte dei casi siamo proprio noi ad avere la peggio, portando su un leader tagliato di netto oppure solo la testa del povero pesce che aveva abboccato ed è stato attaccato da qualche bestione: quante volte a jigging ho allamato un pesce di piccole dimensioni e mentre lo recuperavo, la canna si è curvata, il mulinello ha iniziato a cantare e io ho pensato “cavolo, mi era sembrato piccolo”… Poi il tutto si alleggeriva e portavo su solo la testa di un pesce magari neanche tanto piccolo, ma che era stato afferrato da uno squalo e trascinato per metri prima di essere tranciato.
Certo ci si può dedicare alla loro cattura con pesche specifiche, con finali d’acciaio ed esche naturali sanguinolente, ma non è questo il caso di cui voglio parlarvi… piuttosto di quando siamo lì per cercare altro, un bel gt a popping o magari un dogtooth tuna a jigging con attrezzatura anche sovradimensionata rispetto alla taglia media dei pesci e mentre jerkiamo le nostre esche la canna ci viene quasi strappata di mano con una violenza pazzesca, ferriamo con tutta la forza che abbiamo, quattro o cinque colpi e il pesce è in canna!
Ma non è quello che ci aspettavamo e lo capiamo dalla prima sfrizionata pazzesca, “it’s a shark, of course” si ridacchia a bordo, come a dire “buon divertimento”.
Con uno squalo in canna non sei mai sicuro di portarlo sottobordo, perché durante tutto il combattimento continua a masticare e a cercare di mordere, mentre cambia continuamente direzione, rischiando così di prendere il leader in bocca tranciandolo senza alcuna difficoltà. Non è detto quindi che tagli immediatamente, ma spesso capita che dopo diversi minuti di tira e molla, all’ennesima partenza, ci lascerà sudati e con l’amaro in bocca.
Esistono, come già sappiamo, diverse tipologie di squali, ma alcuni di quelli che vivono a stretto contatto con i reef, come ad esempio i grigi, sono di un’aggressività pazzesca anche nei confronti delle esche artificiali, sia popper e stickbait, che jig.
Il combattimento con queste prede va effettuato a frizione molto chiusa per evitare che vadano a tagliare nel corallo, contrastandoli e pompandoli con forza, perché loro non si risparmieranno e ci daranno filo da torcere. Anche quando ne avremo portato finalmente uno sottobordo, dovremo stare sempre allerta perché il più delle volte ripartono veloci rischiando di coglierci impreparati.
OCCHIO ALLE FASI FINALI
Quando sarete certi che lo squalo sia stanco, potrete procedere alla fase di slamatura.
Escludete assolutamente l’idea di issarlo a bordo, oltre ad essere vietato in molte località, è pericolosissimo: ricordiamoci che hanno una dentatura capace di provocarci ferite serie ed un bestione di 60 kg che si agita nel pozzetto è un rischio enorme.
Spesso facendoli stare in acqua a pancia in su, lungo la murata della barca, si tranquillizzano come se si addormentassero e possiamo cercare di liberarli dall’amo.
Questo non significa che abbasseremo la soglia dell’attenzione, perché ho visto utilizzare slamatori d’acciaio lunghi 50 cm che in una frazione di secondo sono stati quasi del tutto ingoiati da squali. Per questa ragione se non siete muniti di slamatori lunghi e vi trovate di fronte uno squalo magari da 40 kg o più, al posto vostro piuttosto che utilizzare le pinze, taglierei il leader: meglio perdere un jig o un popper che le dita della mano.
Dopo il rilascio controllate il finale, perché potrebbe essersi danneggiato a contatto con la pelle ruvida del corpo o della coda.
Se avete beccato un momento di attività e uno spot in cui sono presenti in quantità, non è difficile che avrete un altro strike di squalo… sempre che abbiate ancora energia per sostenere un altro combattimento!
TI LASCIO UN RICORDO
Durante uno dei miei ultimi viaggi di pesca, ho avuto un piccolo “regalo” da parte di una preda particolarmente combattiva.
Mi trovavo alle Maldive, pescando a popping, quando un grosso squalo ha pensato bene di attaccare la mia voluminosa esca di legno. Il combattimento è stato molto impegnativo, con un tira e molla estenuante per avere la meglio e riuscire a portarlo sottobordo, dove ho anche scoperto, mio malgrado, che la mia esca preferita, tra l’altro molto costosa, era stata praticamente distrutta dal pesce.
La sera, una volta rientrato al lodge e riguardando con attenzione i danni riportati sull’oggetto, ho notato qualcosa di strano, una macchiolina bianca, un oggetto duro conficcato nel legno che capisco essere un dente. Riesco ad estrarlo, mostrandolo fiero ai miei compagni di pesca e da allora custodisco quel ricordo come un portafortuna. D’altronde si sa, noi pescatori siamo superstiziosi!