Umberto Tagliavini: “Nelle carene il successo delle barche”. L’intervista
“Vivendo a Santa Margherita Ligure negli anni ’60/’70, le barche sono state praticamente le prime cose che hanno visto i miei occhi.” Questo è probabilmente ciò che si intende con “amore a prima vista“, un legame, quello con il mare e le barche, che ha accompagna Umberto Tagliavini – Architetto Navale e fondatore di Marine Design & Services – da sempre.
Cercando di definirlo ci colpisce, nella sua rassegna stampa, un titolo a lui dedicato in un’intervista del 2005 sul quotidiano La Stampa che recitava “Sott’acqua i veri segreti degli scafi di successo“, un titolo che ci ha colpito perché sintetizza l’importanza del suo lavoro soprattutto nello studio dell’opera viva dello scafo.
Un’attribuzione che giustamente sintetizzava, non semplificava. Già perché non è per niente semplice progettare scafi come i suoi.
Scafi che precorrono i tempi. Veloci. Morbidi. Dislocanti. Cruiser.
Ne ha progettati di ogni genere, senza mai un passo falso. Ultimo presentato in ordine di tempo: Otam 70HT, che ha debuttato al Cannes Yachting Festival e che al momento dell’intervista aveva toccato l’acqua da qualche giorno regalando a Umberto Tagliavini grande orgoglio, tanto da lanciarsi in un entusiastico “Ha fatto 50 nodi in prova con onda di 80 centimetri!”.
Otam 70HT presenta un baricentro basso, grandi prese d’aria in coperta ai lati del prendisole di prua e su l’hard top, aerodinamicità enfatizzata dalle linee. Tutte le prese convogliano aria direttamente alla sala motori, che come di consueto negli yacht Otam è di grandi dimensioni.
Gli scarichi della ventilazione della sala macchine sono integrati e nascosti a poppa, a lato della piattaforma bagno, ed enfatizzate con le luci diventando anch’esse un altro forte elemento di design distintivo.
Customizzazione estrema anche in questo modello, come per il resto della gamma del cantiere. Con una lunghezza fuoritutto di 22,30 metri, un baglio di 5,40 e 21 gradi di deadrise assicura una tenuta di mare che non teme confronti, un comfort ai massimi standard per un fast luxury cruiser di grandissima efficienza.
Altra caratteristica peculiare del design di questa prima unità è rappresentata dalla parete vetrata up-and-down che separa la lounge interna dal pozzetto.
La vetrata si ritrae completamente tra i due divani a C e, se abbassata, crea un unico generoso ambiente en plein air, senza soluzione di continuità tra interni ed esterni.
Il nuovo Otam 70HT offre un confortevole prendisole a poppa, sopra al garage del tender, ed un secondo, anch’esso di ragguardevoli dimensioni, è posizionato a prua ed integrato al muscolo centrale. Un risultato indiscutibilmente suo, oltre che del cantiere, perché quella con Otam è una collaborazione consolidata, iniziata nel 1988, tanto da poter dire che il successo del cantiere è in parte merito dell’architetto ligure.
Su cosa avete puntato per un successo così riconosciuto e duraturo?
Mi fa piacere che si pensi che io sia parte di tutto questo. Otam è stato uno dei cantieri che mi ha dato maggiore visibilità e continua a farlo. Abbiamo messo in acqua il nuovo 70 piedi con grande soddisfazione, è andato davvero bene.
Per progettare una carena che va così, la prima cosa che bisogna fare è saper stare in barca: bisogna viverla, bisogna andarci. Sono 40 anni che sono a bordo di imbarcazioni e quindi posso dire di sapere come si comportano.
Nel caso di Otam vanno disegnate carene veloci, ma anche molto confortevoli, e infatti il cantiere è universalmente riconosciuto non solo perché gli yacht sono veloci, ma anche perché è possibile uscirci tranquillamente anche con mare formato.
Ci può fornire qualche indicazione in più su questo 70 piedi?
La carena è sempre morbida e di grande performance. Nella prova abbiamo raggiunto i 50 nodi con onda lunga da circa 1 metro con risultato entusiasmante.
Io, ad esempio, ero nella cabina di prua e posso dirvi che, nonostante l’età, anche durante le accelerazioni sono rimasto in piedi a guardare lo smartphone. Questo per dirvi quanto la carena sia morbida sull’acqua nonostante la velocità e le condizioni marine.
Carena, scafo e taglio degli interni sono opera nostra, il design di coperta è di BG Design Firm, mentre gli interni sono stati curati direttamente dall’armatrice con l’Architetto Mirabella dell’Otam. Per questo progetto, come per tutti gli altri, una mano importante mi è stata data dal mio socio Aldo Scorzoni con cui abbiamo condiviso ben 32 anni di progetti. Stiamo improntando anche la numero due e tre. Anche su questi modelli abbiamo realizzato il taglio degli interni, mentre il design è nuovo e deriva dall’automotive.
E’ un’imbarcazione davvero sportiva, in prova ho realizzato qualche foto col mio cellulare e già da lì si vede che la barca è di un bello spietato.
Non solo Otam, ma anche Numarine, Apreamare, Italian Vessels, Alalunga, Abbate, Colombo: la lista dei cantieri con cui ha lavorato è lunghissima. Ma come si gestiscono progetti così diversi tra loro?
Ci sono da rispettare la storia e l’identità del cantiere. Io come tecnico di carene e di parte tecnica devo rispettare in primo luogo proprio questo.
Sono come un sarto che deve fare un taglio: l’abito per un ragazzo sarà diverso da un blazer per un signore di una certa età.
Per Apreamare deriviamo da una tipologia di barca storica che è il gozzo. Ad inizio luglio abbiamo mandato in fresa il nuovo 45 che riprenderà le linee del 35, ma dove abbiamo inserito degli elementi più performanti. Pensi che in prova ha tenuto i 35 nodi, che per un gozzo è davvero una bella velocità, tutto mantenendo la barca asciutta a bordo.
Con Numarine collaboro da quando hanno aperto: praticamente da 20 anni. Anche con loro iniziammo con barche veloci per poi nel tempo andare verso barche più grandi e dislocanti che seguissero le richieste dei clienti e del mercato.
A metà luglio abbiamo messo in acqua il 37 metri di cui ho curato la carena e abbiamo finito di disegnare il nuovo 29 metri. Con loro ho un rapporto particolare, io mi occupo delle linee d’acqua, il resto della parte progettuale è del cantiere con i suoi 8 tecnici, io in questo caso supervisiono e controllato che tutto rispetta la barca pensata.
Collaboro inoltre con altri cantieri. Qui in Liguria stiamo lavorando ad un 8 metri con un nuovo brand. Poi Colombo, Abbate, Alalunga e infine, per mia professione lavoro anche per barche da lavoro di piccolo taglio, come un rimorchiatore di 15 metri e un patrolboat di 18 metri.
Il suo design è sempre molto funzionale, fin dove si è spinto nella sua progettazione e ci sono dei limiti al design o “tutto è concesso” in nome della creatività?
In termini di velocità e prestazione sicuramente il progetto più spinto è stato realizzato per uno sceicco di Dubai. Ha voluto un 63 piedi da 75 nodi, realizzato in carbonio e prodotto in un unico esemplare.
La fluidodinamica computazionale ci offre oggi dei supporti che ci aiutano ad affinare dettagli che prima potevamo correggere solo dopo la messa in acqua, le sperimentazioni sono ormai obsolete.
Va detto comunque che nelle barche non può esserci ad oggi particolare tecnologia avanzata o in avanzamento perché, nonostante l’imbarcazione sia il mezzo più antico, è anche quello maggiormente legato al suo ambiente. Quindi ha tantissime variabili come correnti, temperature, velocità, vento, onda, che sono impossibili da chiudere in uno spettro matematico preciso.
Qual è la richiesta più stravagante che le hanno posto?
Probabilmente l’imbarcazione che ho disegnato il mese scorso: una curiara, che altro non è che una grossa lancia con motore fuoribordo usata in Venezuela per trasportare prodotti o persone da sponda a sponda di un fiume.
Un’imbarcazione di 12 metri e larga 2,50 metri che abbiamo provato a Viareggio e che andava anche molto bene.
L’imbarcazione che le ha dato maggiore soddisfazione?
Il Magnum 63 Black Bullet. La carena non era un mio progetto, si trattava di un refitting, che diede grande soddisfazione a me che ero un ragazzino appena laureato. Il Sig. Rampezzotti inoltre, armatore e propietario Otam, mi affidò tale lavoro. Questo fu senza dubbio il mio trampolino di lancio.
Progetti futuri?
Quello che verrà. Nonostante l’età mi diverte ancora sperimentare: passo dall’Otam 70HT, al Numarine 37 al curiara di 12 metri.
Onestamente? Quello che mi frega è la passione e i tanti contatti con cantieri e armatori.