Una giornata in top shot. Racconto di un’uscita veneziana a drifting
Mattina presto, lieve brezza estiva, il piacere di mettere la felpa sopra il costume, i primi bagnanti che camminano lungo il molo. Andiamo a caccia del re del mare: il tonno.
Di solito siamo in 2-3 persone in barca, quando usciamo a tonni. Ognuno ha il proprio compito. Carichiamo le casse di sarde e parlandoci a sguardi prepariamo la barca, gli strumenti e le canne.
LA PREPARAZIONE
Stiamo provando una nuova serie di canne da top shot: siamo abituati a pescare con il nylon e devo dire che guardiamo con un po’ di diffidenza tutto quel trecciato nei rotanti.
La paura è che pescando in pochi metri d’acqua (da 22 a 29 metri per l’esattezza) e sapendo che qui i tonni partono – passatemi il termine – “per lungo”, lo strappo iniziale possa essere poco ammortizzato da una lenza così poco elastica.
Questo pensiero ci porta ad allungare i terminali in nylon e a realizzare un preterminale per cercare di assecondare la fuga iniziale del re del mare. La barca è pronta, molliamo le cime e ci avviamo verso l’uscita del porto.
Il sole, che si è levato da poco, ci regala per l’ennesima volta uno spettacolo che da solo vale la giornata intera, lo gustiamo tutto procedendo a 5 nodi verso il faro.
Usciamo dal porto di Piave Vecchia a Jesolo, l’imboccatura stretta crea sempre delle onde, soprattutto quando le maree sono importanti. È un ottimo spot anche per la spigola, ma oggi noi cerchiamo altro.
Il mare è piatto, il motore caldo, la musica in sottofondo ci dà la carica e la manetta si abbassa… Ci aspettano circa 12 miglia per arrivare sullo spot, la stagione è giusta e le notizie di belle pescate ci rincuorano.
IN PESCA
In circa 25 minuti siamo lì, iniziamo con la strisciata.
Portiamo sempre con noi anche del pane raffermo per attirare i gabbiani e farli banchettare in acqua, vicino alla barca.
Dopo aver fatto un paio di “otto” con il motore bello trimmato, decidiamo di gettare l’ancora poco distante dalla secca… Ancora, catena, boa e cima galleggiante: l’ancoraggio è una fase molto importante, deve essere fatto con calma e bene.
La barca si assesta e prende la scia della corrente, il tritasarde sta facendo il suo lavoro e noi lo aiutiamo con le forbici. Iniziamo a filare le canne, ma l’eco non ci fa ben sperare: nessun segno, solo qualche sgombro sul fondo.
Approfittiamo per fare il vivo e riempire la vasca.
Siamo in pesca, con 3 canne calate rispettivamente a 60, 40 e 20 metri dalla poppa, su profondità dai 18 ai 12 m. L’ultima canna la teniamo sempre sotto la barca, nel caso in cui i pesci entrino nel cono dell’eco.
Questa è una pesca basata sulla pazienza: ci sono giornate in cui non si vede nemmeno un segno di vita, nessun suono dallo strumento, nessuna partenza.
A bordo la mattinata passa veloce, ci piace tenerci occupati e, tra la pasturazione e il controllo delle lenze, le ore passano. Catturiamo una razza e una piccola verdesca ci viene a rovinare il vivo sotto la barca…
È ARRIVATO
Il sole a picco, il forte caldo mitigato solo dall’ombra del nostro T-Top, panino e birretta e si riprende.
L’eco suona, una V compare nitida sullo schermo: è lui, è qui!
Lo vediamo banchettare intorno ai 10 metri, caliamo la canna con un trancio di sarda e il pasturatore a sgancio, lo vediamo entrare in scia e mangiare solo le esche uscite dal pasturatore, sembra impossibile.
Ci riproviamo almeno 3 volte, la canna a 20 m ci fa notare, da come si muove il palloncino, quanto il nostro sgombro vivo sia impaurito: sente il grosso predatore che gira lì intorno.
Passano circa 15 minuti, lo strumento segna una schermata tutta blu: pensiamo che se ne sia andato, dopo averci illuso per bene.
Decidiamo di controllare le canne e rifare gli inneschi. Abbiamo in acqua solo una canna, quella a 20 m con lo sgombro ancora bello vivace, noi tutti indaffarati nel pozzetto.
Improvvisamente il rumore che tutti noi amiamo, quel “zzzzzzzzz” proveniente dal mulinello, quel suono che ci fa saltare la testa ogni volta, non ci si abitua mai.
In pochi secondi siamo in combattimento.
L’angler indossa la cintura e inizia a recuperare, ci stacchiamo dall’ancora e ci allontaniamo lentamente dallo spot seguendo i movimenti del tonno.
Lo skipper segue le indicazioni di chi è alla canna, aiutandolo nel combattimento.
Non è un pesce gigante – quelli si muovono diversamente – questo, dopo una sfuriata iniziale, lo portiamo alla picca in pochi minuti.
Il boga ci assiste nel momento della slamatura e nella riossigenazione.
Oggi è andata bene!
Siamo riusciti a catturare uno splendido tonno: il tempo di una foto senza tirare mai il pesce fuori dall’acqua e poco dopo il re guadagna nuovamente la libertà!
Il pomeriggio finisce calmo tra qualche sgombro e una piccola lampuga.
La giornata volge al termine: rientriamo verso terra pensando già alla prossima uscita di pesca.