Federico Fiorentino: intervista al compositore di yacht
Appassionato sin da piccolo di barche e di mare, inizia a disegnare yacht già in tenera età. Poi la formazione musicale e gli studi per diventare compositore lo portano negli Stati Uniti. Rientrato in Italia, torna alla sua vocazione: lo yacht design. Da oltre 20 anni è a capo del suo studio, Federico Fiorentino Yacht Design, dove progetta barche di tutte le dimensioni.
COMPOSITORE DI YACHT
Ad accomunare tutti i suoi lavori è l’armonia, probabile retaggio della sua esperienza nella musica.
“Ritrovo molto della composizione musicale nel design e nella progettazione, tutto è regolato dai numeri, dalla fisica e dalla matematica”.
Uno stile unico e una misura per ogni esigenza. Lo studio progetta imbarcazioni di vario tipo, sia custom sia di serie.
In particolare, per le barche più piccole, si occupa dell’intero processo di progettazione: design esterno, architettura navale, ingegneria strutturale, stabilità e design di produzione.
La scalata ai superyacht è invece stata più graduale, ma vanta oggi una collaborazione per un 72 metri.
Il suo Lomac Adrenalina 7.5 vinse il premio Barca dell’Anno nel 2013, un successo riconfermato dal Design Innovation Award al Salone Nautico di Genova 2021 per il Lomac GranTurismo 11.
“Sognavo di disegnare barche già all’età di 6-7 anni. Un amore, quello per le barche ed il mare, trasmessomi da papà.
A 10 anni sui quaderni di scuola disegnavo l’Ischia 80, l’Akhir 18S, poi il Riva Black Corsair, con quelle vetrate meravigliose sulla tuga.” ha dichiarato.
E dai quei primi, rudimentali, disegni è diventato un designer di grande talento, che ha cercato fortemente la realizzazione nel proprio campo, consapevole della propria dote a metà strada tra creatività e rigore.
“La passione era tutta per le barche a motore plananti, ma arrivato il momento degli studi universitari scartai l’ipotesi di Ingegneria Navale, poiché affronta altri temi.
Ingegneria Nautica sarebbe stata la scelta corretta, ma ancora non esisteva la facoltà di La Spezia. Così decisi di continuare i miei studi musicali ottenendo un diploma in composizione negli States.
Tornato in Italia, venni a sapere che esisteva un piano di studi di tre anni organizzato dall’Associazione Progettisti. Mi iscrissi ed il resto venne tutto da sé, con molta naturalezza.
Scoprii più tardi che la storia di Jon Bannenberg, uno dei designer che stimo di più, è molto simile alla mia”.
Parliamo del MIG 45 e del MIG 45 HT? Quali sono le caratteristiche di queste imbarcazioni e quali le innovazioni?
MIG 45 è un progetto a cui sono molto legato. Nel 2020 mi ha chiamato Stefano Mengoni, che aveva rilevato marchio e stampi. Con lui mi sono sentito subito a casa.
Tendo a lavorare solo con persone con cui ci sono feeling e fiducia, e Stefano è una di queste.
Aveva in mente un’idea, io l’ho portato altrove e lui mi ha seguito ascoltando e valutando con grande intelligenza. Insieme abbiamo poi trovato la chiave di lettura giusta.
Abbiamo studiato attentamente il mercato ed individuato una voce personale, pur seguendo la strada che la clientela ci ha indicato in termini di offerta.
Il risultato è una barca che riprende i canoni dell’open italiano, anzi del più classico open romano MIG, Tornado o Itama, e li reinterpreta in chiave moderna, con tutto quello che oggi una barca deve avere per essere al passo con i tempi.
In un panorama di barche con la prua dritta e forme simili, abbiamo deciso di tenere linee sportive, più legate al retaggio del cantiere, anche nel rispetto di una buona idrodinamica. Abbiamo integrato un generosissimo hard top e murate abbattibili, ottenendo il massimo della fruibilità, della comodità e della sicurezza, sfruttando il concept del walkaround.
Ritengo si tratti di un vero MIG e non di una barca qualsiasi con sopra il marchio MIG.
Lei è un nome importante anche nel campo della gommonautica: suo il BSC B1, ma anche i Lomac GranTurismo Cruiser 11.0 e 12.5. Ci parla di questi due ultimi modelli? Quali sono i punti di forza di questi battelli?
Essendo milanese ed essendo Milano la città con la maggior concentrazione di cantieri costruttori di gommoni, è venuto spontaneo approcciare questi cantieri come primo passo.
Sono cantieri che fino ad una decina di anni fa, in molti casi, nemmeno consideravano la possibilità di lavorare con un designer, ma Sacs, in modo pionieristico, aveva già aperto la strada.
Oggi lavoro con Lomac, BSC e Sacs.
Quest’ultima – già legata con notevole successo al progettista Christian Grande per il design – mi commissiona esclusivamente la parte idrodinamica dei nuovi modelli, un aspetto della progettazione che mi piace molto e che rappresenta uno dei miei punti di forza.
Con Lomac si tratta di una relazione professionale ed umana che, dura da 15 anni, sono molto legato a questo marchio e a coloro che da sempre, seguendo le orme dei propri genitori, lavorano per renderlo sempre più prestigioso: Fabrizio e Paolo Lo Manto.
Gran Turismo 11 e 12.5 sono il frutto di anni di lavoro comune ed a mio avviso rappresentano il raggiungimento di un traguardo in termini di maturità. Si tratta di mezzi molto intelligenti che riescono a mantenere una linea accattivante, pur nascondendo volumi interni davvero sorprendenti.
Questo aspetto li rende unici e ci ha permesso di ricevere per l’11 anche il Design Innovation Award a Genova.
Con BSC ho iniziato a collaborare qualche anno fa e c’è stata subito sintonia con Alessandro Colzani.
Il BSC B1 è un mezzo elegante e curatissimo. Alessandro è una persona attentissima ad ogni particolare e con le idee molto chiare, ottimo per un designer che spesso deve faticare cercando di capire cosa voglia il cliente.
Ritengo che questa attenzione maniacale per i dettagli sia quello che veramente valorizza ciò che è stato il mio lavoro di design con BSC e l’aspetto che più definisce questa linea di gommoni.
Di Alessandro Colzani potete vedere il video dell’intervista cliccando qui.
Potremmo dire che nel 2017 lei già era nel futuro con il Naumatec E-TENDER 460, un luxury tender ecosostenibile strutturato per un motore green? Questo trend è più che mai rincorso oggi. Qual è la sua visione del futuro della nautica?
Direi proprio di sì. Ero talmente proiettato nel futuro che più o meno nel 2010, dopo aver provato la prima Tesla Roadster, mi misi in contatto con il marchio per cercare di realizzare qualcosa di simile nella nautica in collaborazione con loro, ma non mostrarono molto interesse.
Ai tempi Tesla era veramente un’azienda pionieristica, tanto che l’auto era in pratica una Lotus con motore elettrico.
Oggi guardo però al full electric in modo abbastanza controverso.
In generale, per quello che riguarda l’ambiente, ritengo che la risposta sia cercare di diversificare il più possibile l’impatto che oggi, in 8 miliardi, abbiamo inevitabilmente sul pianeta.
Puntare ad un parco mezzi completamente elettrico onestamente mi sembra equivalga a spostare i problemi in modo insensato. L’elettrico è sicuramente prezioso nelle grandi città per abbattere la concentrazione di smog.
Lo sviluppo infrastrutturale è caratterizzato da tempi molto più lenti rispetto allo sviluppo tecnologico. Ovviamente, tutti cavalcano il fenomeno commerciale, i governi per primi, e ritengo sia normale.
Oggi tutto va ad elettricità e stiamo lavorando in una direzione che vedrà crescere esponenzialmente la richiesta di energia elettrica, perché ci vogliamo liberare dal fossile.
Attualmente le reti di distribuzione elettrica fanno fatica a reggere l’aumento di domanda dovuto al funzionamento dei condizionatori nei giorni più caldi e la popolazione crescerà ad 11 miliardi nel 2100.
La risposta sarebbe il nucleare, che inquina poco finché tutto va bene, ma se va male in un giorno inquina come il fossile in 50 anni.
Stiamo progettando un mondo in cui tutto, dai pagamenti alla mobilità al lavoro, alla comunicazione, si muove ad energia elettrica e a me è stato insegnato a non mettere tutte le uova in un paniere.
Quindi, per quello che riguarda la mobilità, mi piacerebbe vedere più sforzi in direzioni diverse.
L’ibrido, ad esempio, rappresenta una tecnologia con margini di sviluppo ancora grandi.
Quali sono le tecniche costruttive, i materiali e le lavorazioni innovativi che vedremo da qui a qualche anno?
Ci troviamo in un momento in cui i materiali sono di scarsa reperibilità, i costi sono alti e tutta l’industria, non solo quella nautica, sta vivendo momenti difficili per questo motivo.
Purtroppo i conti prima o poi si pagano. Oggi paghiamo i conti di una delocalizzazione avvenuta anni fa, che ci ha permesso di risparmiare in un primo momento, ma che oggi riscuote gli arretrati.
La nautica è un settore molto conservativo, con il mare non c’è molto da sperimentare, i regolamenti sono sempre più vincolanti. Chi disegna barche sa di quali e quanti paletti io stia parlando.
Questo lo vediamo anche nell’automotive, dove troviamo auto molto simili tra loro, disegnate – più che dai designer – dai requisiti di sicurezza, dai regolamenti e dalle tecnologie installate a bordo.
Personalmente non vedo grandi rivoluzioni, alcuni credono molto nei catamarani per quello che riguarda il segmento del motore e, sicuramente, ci sarà un incremento di vendite in questa direzione, ma esistono limiti di praticità dovuti alla larghezza: penso ai posti barca, al rimessaggio, alla movimentazione su strada.
La novità del foil, invece, non è una novità: il concept esisteva già negli anni ’50 e li montavano gli aliscafi; i russi producevano anche piccole barche da diporto che pochi conoscono.
Ma anche questa tecnologia presenta evidenti limiti di praticità per quello che riguarda il diporto.
Disegno barche da circa 20 anni e posso dire di avere visto un solo cambiamento significativo che ritengo anche peggiorativo: la quantità di elettronica a bordo.
Per quello che riguarda i materiali, trovo che legno ed alluminio siano i materiali migliori per la costruzione.
Ancora una volta torna l’ibrido, che vede protagonisti legno e compositi avanzati insieme per una costruzione di altissimo livello qualitativo e per un prodotto di sartoria, ma ovviamente non applicabile alle logiche di mercato.
Lo stato dell’arte purtroppo è un altro e la maggior parte dei cantieri di produzione in serie ancora lamina con resina rigorosamente poliestere, con i secchi ed il rullino come si faceva 40 anni fa.
Sarebbe già un grande risultato se l’infusione, i preimpregnati e la resina vinilestere diventassero la norma.
Federico Fiorentino è anche Super Yacht Design: ci dice di più sulla progettazione di grandi imbarcazioni? A cosa sta lavorando in questo campo, qual è il progetto che le ha dato maggiore soddisfazione in termini di creatività e perché?
Un’altra strada percorsa con il cuore anziché il cervello.
Assieme ad un compagno di avventura costruttore, fondai, una quindicina di anni fa, Naumatec, un marchio con il quale producevamo tender per yacht di lusso.
Esisteva pochissimo in quegli anni, nel segmento piccoli tender, di così ricercato e performante.
Producevamo tender dai 4 ai 12 metri che potessero essere paragonati per stile e finiture alla barca madre. Con il tempo crebbe la passione per queste navi su cui mi capitava di salire nelle occasioni legate all’attività del marchio Naumatec.
Ne conseguirono conoscenze con i professionisti del settore e l’idea di buttarsi a capofitto, investendo tante risorse, per tentare la scalata a quello che si può considerare l’Everest della nautica.
Sono stati anni belli, ma anche faticosi: quando si intraprende un progetto ambizioso il pericolo è quello di scoraggiarsi. In effetti, le occasioni per farlo arrivano tutti i giorni, la concorrenza è tanta e a tutti i livelli.
Poi negli anni ho avuto la fortuna di poter disegnare alcune barche per Rossinavi e questo mi ha dato visibilità e credibilità. Sono molto grato a Federico Rossi per avermi offerto una così importante occasione.
Finalmente dopo anni di concept, proposte a vuoto, viaggi, duro lavoro, perdite di tempo ed un’altalena di emozioni per cui un giorno sembra di avercela fatta e quello dopo si ricomincia da zero con il morale a terra, è arrivata la chiusura di un contratto per la costruzione di una barca importante e molto grande.
Si tratta di un 72 metri di cui non posso parlare molto. Il team di lavoro è prestigioso, il costruttore è un cantiere che porto nel cuore e, ancora una volta, gestito da persone eccezionali sotto tutti i punti di vista.
Non potevo davvero chiedere di più, ma la vedremo tra 3-4 anni.
Quali sono le novità nel diporto, invece? Cosa vedremo firmato “Fiorentino” nel 2022/2023?
Il 2021 è stato un anno effervescente, il mercato è stato vivace ed i cantieri stanno investendo per rinnovare le proprie linee.
Purtroppo per quello che riguarda i nuovi progetti non posso dire moltissimo, ma li vedremo tutti in acqua abbastanza presto.
Siamo già al lavoro con MIG per un piano di sviluppo che riguardi una gamma. Il 45 è già in costruzione e sarà presentato ai prossimi saloni nautici, nel frattempo stiamo pensando ad una barca più grande e ad una più piccola.
Con il cantiere Lomac stiamo lavorando ad una nuova linea di gommoni, fresca ed interessante.
Ho realizzato per Dariel, altro cantiere con cui collaboro da 15 anni, il progetto di carena per un nuovo tender che sarà realizzato in versione limo ed open.
Per Sacs ho realizzato il progetto di carena di 3 barche e con BSC stiamo stati impegnati su B2, che verrà presentato ad uno dei prossimi saloni.
Il 2022 sarà sicuramente un anno di intenso lavoro sul 72 metri la cui costruzione comincerà a fine estate, dopo 8 mesi di progettazione esecutiva.