Luca Dini Design & Architecture: una tradizione in continua evoluzione
Oltre 30 anni di esperienza caratterizzati dalla ricerca continua di nuove sfide. Con questa filosofia il designer Luca Dini si è approcciato a tutti i suoi lavori: dal progetto pioneristico in ambito di ecosostenibilità al primo catamarano per Wider Yachts, passando per tutti i lavori custom studiati al fianco dei propri clienti per cui è famoso il suo studio.
Ad oggi, lo Studio LUCA DINI Design & Architecture è affermato a livello internazionale e vanta collaborazioni prestigiose, ma dove inizia la sua storia?
Dopo 9 anni di gavetta in un altro studio di architettura, all’inizio del ’96 decisi di aprire il mio studio.
La prima collaborazione fu con CBI Navi, la Compagnia Bresciana Investimenti, e mi occupai degli interni del Sophie Blue: un 41 metri per un armatore italiano, che tutt’ora è cliente e amico e che, per fortuna, continua a viaggiare con gli yacht.
La storia inizia semplicemente aprendo un ufficio in casa, vendendo tutto quello che mi era possibile vendere, pure la mia auto personale, pur di creare un po’ di strumenti per poter lavorare.
Ancora oggi sulla mia scrivania ho le fotografie delle stanze di casa trasformate in ufficio.
Le mostro a tutti quelli che vengono a lavorare con me, per far capire che si può iniziare da sotto zero come ho iniziato io, se ci sono volontà, passione e voglia di fare.
Ha lavorato al progetto del Widercat 92, la prima proposta del segmento catamarani di Wider Yachts. Come vede questa svolta green nel settore della nautica, di cui lei, in qualche modo, è stato precursore con la prima Green Star italiana: l’Explorer Tribù?
L’Explorer Tribù di Mondomarine prodotto per Luciano Benetton fu una bellissima esperienza, perché fu allora che iniziammo a parlare per la prima volta di ecologia a bordo. Siamo ancora molto lontani dal raggiungere l’obiettivo, ma credo che ci sia sempre più attenzione in questo senso.
Il catamarano per Wider è un’altra di quelle esperienze che volevo assolutamente intraprendere e che desideravo che le persone che lavorano con me condividessero a loro volta per avere un’ulteriore possibilità di aumentare la propria cultura in materia e per aprire la mente alle nuove tendenze, senza trascurare l’ambiente che ci circonda. Credo che sempre più le nuove generazioni siano attente all’ambiente e al suo rispetto; un riguardo che precedentemente è assolutamente mancato.
Per cui sono stato contento di fare questo tipo di esperienza e anche molto curioso perché questo catamarano non solo è green, ma è anche un oggetto che vorrebbe dettare una nuova tendenza. Quindi abbiamo giocato anche su un discorso di linee che ricordassero anche il motor yacht classico, allontanandoci dal solito catamarano, che finora è stato appannaggio dei velisti o da quello che c’è oggi sul mercato e che a me sembra una “scatola”. Abbiamo cercato di dargli delle forme più accattivanti e sexy. Per il momento sta andando molto bene e sono curioso di vedere cosa succederà il prossimo anno.
Lavora moltissimo su progetti custom. Come si approccia in questi casi al processo creativo? Quanto mette di sé all’interno del progetto?
Come impostazione il nostro studio è molto più riconosciuto per i progetti custom che per quelli in serie e devo dire che questa è colpa mia: tante volte avrei potuto prendere scelte diverse, ma io sono molto più curioso e amo mettermi in gioco con la creatività, perché è più divertente lavorare con un cliente fisico davanti, che ha il suo gusto e la sua cultura.
In questo modo, lo studio deve riuscire a coniugare tutto questo in un unico oggetto che poi dovrà anche solcare i mari.
L’approccio parte sicuramente dalla conoscenza del cliente o dal frequentare il cantiere che ci richiede un tipo di progetto particolare. Tutto dipende da chi richiede il nostro intervento.
In un caso lo decliniamo con uno stile riconoscibile per il cliente, nell’altro cerchiamo di soddisfare le aspettative dell’armatore, consigliandolo e indirizzandolo su un oggetto che un giorno possa essere rivenduto senza grandi difficoltà, mettendolo sul mercato non come un prodotto assolutamente specifico, ma come uno che possa andar bene anche a una clientela un po’ più ampia. Questo è un servizio che dobbiamo al nostro armatore.
Bene o male riesco ancora a “dire la mia”. Se non c’è qualcosa di mio, non riesco neanche a giustificare certe scelte o a spiegare certe direzioni che prende il progetto. Cerco sempre di mettere il mio zampino in ogni lavoro che esce dallo studio, anche in minima parte.
Sappiamo che ha lavorato agli interni del Project Gemini, il 55 metri di Heesen Yachts. Ci racconta qualcosa al riguardo?
È stata la prima esperienza che abbiamo avuto con questo cantiere olandese e devo dire che ci siamo trovati molto bene con loro, un team di grandi professionisti.
Attualmente abbiamo 5 barche in costruzione tra 50 e 55 metri dei quali ci occupiamo degli interni.
Quello che colpisce subito è la grande organizzazione: ogni volta che abbiamo un meeting in cantiere, nella riunione vengono coinvolte più parti di settori diversi e questo ci dà modo di trovarne subito riscontro.
L’approccio è altamente professionale ed è veramente un piacere lavorare in questo cantiere, anche per le persone, con le quali ci siamo trovati subito in sintonia. Tutto questo ripaga, perché noto che anche il cliente avverte che siamo un grande team e che stiamo cercando esclusivamente di fare le cose al meglio possibile.
Tra i suoi ultimi progetti c’è anche il nuovo M/Y Agora III di ISA Yachts, per cui ha firmato il design sia degli interni sia degli esterni. Ci parla di questo lavoro, che sembra avere alla base la voglia di coniugare tradizione e innovazione?
Questo parte soprattutto dal cliente, un armatore giapponese che proviene proprio dal mondo dell’innovazione e, allo stesso tempo, della tradizione. Ci ha insegnato moltissimo sul Giappone, a partire dal rispetto e dallo stile di vita fino alla visione del mondo e, come noi italiani, anche i giapponesi sono molto legati alle loro tradizioni, ma con un approccio assolutamente innovativo.
Questo yacht per il nostro studio è una specie di “Stargate“. Forse è stata l’ultima volta che abbiamo realizzato uno yacht legato alla tradizione degli anni ’90, sia come stile che come scelte di layout, con una linea che ricorda uno yacht dal design italiano e con un approccio sicuramente molto moderno dal punto di vista tecnico, dei materiali e delle strutture. Gli interni realizzati sono infatti di spiccata ispirazione al design e ai materiali giapponesi.
È stato un bellissimo esercizio grazie al quale ci siamo addentrati molto più in questo mondo, che a me personalmente incuriosiva moltissimo. Devo dire che l’esperienza del Giappone la consiglio a tutti perché è un Paese affascinante, con una mentalità che vale la pena conoscere, che ha il rispetto come base di tutto.
Il cliente mi chiese uno yacht con ispirazioni italiane, ma che, allo stesso tempo, lo facesse sentire a suo agio. È un peccato che lo yacht abbia lasciato immediatamente l’Italia per il Giappone: adesso si trova in bella mostra nei pressi di Kyoto.
C’è un’imbarcazione a cui è rimasto particolarmente legato?
Ce ne sono diverse. Per certi versi forse quella più famosa è il Sea Force One, perché è stata la prima che ha fatto
discutere per quanto riguarda gli interni. È stata un’esperienza realizzata a quattro mani con l’armatore, che aveva un approccio sicuramente molto moderno e giovane, però si è un po’ stravolta l’idea di questi interni, che sono diventati un po’ tutti uguali.
In questo caso si è dato risalto assoluto all’arte contemporanea e anche a un modo diverso di vivere l’imbarcazione: grande comfort, sicuramente, ma era anche un oggetto che poteva trasformarsi, adattandosi a varie situazioni come, ad esempio, cene importanti di lavoro o party esclusivi.
Per questo si sono sperimentate tantissime soluzioni tecnologiche: dagli automatismi alle parti di scafo che si aprivano, diventando terrazze, all’illuminazione, che era protagonista ed è diventa architettura a tutti i livelli, ai tessuti e ai materiali, come per i pavimenti in cuoio. Ci sono state davvero tante innovazioni, concentrate in un’unica imbarcazione.
Quindi sì, a questa imbarcazione nello specifico sono legato, perché mi ha aperto al mondo del residenziale, che oggi praticamente è il 50% dei miei progetti, sotto ogni punto di vista, e che mi ha anche permesso di creare lo studio come lo volevo: basato su un’ispirazione nautica che si declina su tutti gli altri mondi, dal residenziale al design puro.
Ci sono altri progetti futuri di cui ci può parlare o accennare qualcosa?
Ci sono tante cose in ballo. Stiamo creando una marina su un’isola nel Mar Rosso e insieme a questa stiamo realizzando anche tre hotel e centinaia di appartamenti e ville. Questo è sicuramente un progetto nel nostro futuro prossimo che mi esalta moltissimo.
Dal punto di vista nautico c’è il progetto con Tankoa: il 55 m linea sportiva, che mi piace moltissimo. Sarà di certo una barca di cui si parlerà molto, la cui progettazione ci entusiasma proprio perché unisce tante delle ultime esperienze, anche proprio dagli armatori. La grande particolarità è la prua del tutto nuova che, dal punto di vista delle performance, darà degli ottimi risultati.
Questo è il progetto forse più innovativo che abbiamo in ponte. Per non parlare del mio amore: Gentleman, in costruzione nel cantiere di Codecasa. Uno yacht che ha ancora delle parti di sovrastruttura in legno come il panfilo di una volta. È già stato venduto un 24 m a cui seguirà un 33 m che, a mio avviso, è l’anello di congiunzione fra la tradizione nautica italiana e le ultime tecnologie. Un oggetto unico nel quale ho messo tutta la mia passione.
LUCA DINI DESIGN & ARCHITECTURE
Piazzale Donatello, 5-5A
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