180 anni di Riva Yacht: l’intervista a Mauro Micheli e Sergio Beretta di Officina Italiana
Riva Yacht compie 180 anni. Tanto è il tempo che è trascorso da quando, nel 1842, il maestro d’ascia Pietro Riva cominciò a rimettere in sesto le barche dei pescatori sul Lago d’Iseo. Dal cantiere di Sarnico alla leggenda: entrato nel mito grazie all’Aquarama, l’iconico marchio è divenuto sinonimo del lusso e dell’eleganza in stile italiano.
A portare avanti l’eredità del brand è oggi Officina Italiana Design, lo studio che progetta l’intera flotta, in perfetto equilibrio tra tradizione e innovazione, tra continuità e cambiamento. In occasione di questo anniversario, ne abbiamo intervistato i fondatori: Mauro Micheli e Sergio Beretta.
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Officina Italiana Design nasce nel 1994. Da allora avete sempre curato l’intera produzione Riva. Cosa significa lavorare per questo cantiere?
Sergio Beretta: Lavorare per Riva è un grande privilegio, ma anche una grande responsabilità: abbiamo un pezzo di storia da portare avanti. Non basta guardare solamente al passato: bisogna proiettare la tradizione nel contemporaneo. Questo è il presupposto, secondo me, affinché un marchio possa vivere e proseguire il suo percorso nel tempo. Come dice Mauro, bisogna prendere il passato di Riva, farne tesoro, che ormai è stato metabolizzato, per guardare al futuro. È un heritage dal quale non si può prescindere e fa parte del nostro DNA.
Mauro Micheli: Disegnare barche per Riva a volte ci viene automatico. I nostri segni negli anni si rincorrono, si migliorano e si modificano pian piano: è un lento rinnovamento, che ormai è seguito da molti altri designer. Alcuni nostri segni li vediamo anche su altre barche, ultimamente.
Sergio Beretta: Questo l’ho notato anche io, a onor del vero. Il fatto che ci siano dei chiari riferimenti alle nostre linee ci fa capire che stiamo procedendo nella direzione giusta.
Mauro Micheli: È un po’ un dare-avere, perché specialmente le barche che vengono da Sarnico sono di una qualità di finitura inarrivabile, così anche il lavoro del designer viene in qualche modo enfatizzato. Siamo stati recentemente a Sarnico e c’erano delle barche in lavorazione, come i vecchi Aquariva, ormai in produzione da vent’anni e più: sono di una qualità che altri cantieri non hanno e non avranno, specialmente su barche di ridotte dimensioni. Anche gli interni del Dolceriva, ad esempio, sono di una qualità che si trova su yacht di ben altra dimensione. È anche un punto d’arrivo per un armatore acquistare una barca Riva, senza nulla togliere ad altri competitor, che pure lavorano molto bene. Però c’è quel valore aggiunto, specialmente su barche piccole di Riva, che non sarà mai raggiunto.
Mauro Micheli, lei in realtà collabora con Riva Yacht dal 1984, da quando vinse un concorso indetto dal cantiere. Com’è stato cominciare a lavorare, a soli 25 anni, per un’icona?
Mauro Micheli: Se hai paura di confrontarti con barche iconiche, come Aquarama o Tritone, non riesci a fare niente. Noi abbiamo metabolizzato il marchio, per cui non abbiamo un timore ossequioso – una paura – di ciò che ha realizzato Carlo Riva. Adesso Riva viene riconosciuta anche per i nostri segni, per quello che abbiamo proposto negli anni. Abbiamo progettato alcune barche che sono diventate iconiche, specialmente Aquariva, che è la “più anziana”, tuttora in produzione e con ottimi risultati. Per arrivare a 300 barche come questa, vuol dire che c’è sotto qualcosa: non è più una barca, è un’icona. Un’icona che funziona anche sul mercato, perché è questo il compito di noi designer: creare un oggetto che risponda alle richieste dei clienti. Ma se dovessi disegnare una barca per me la farei minimalista. Sarebbe una barca che non venderemmo, se non a quei 3-4 appassionati di minimalismo.
Per Riva Yacht, Officina Italiana progetta sia i classici motoscafi, sia i superyacht. È più facile disegnare una barca piccola o una grande?
Sergio Beretta: Dal punto di vista progettuale, è più difficile disegnare una barca piccola. I bravi designer si vedono quando fanno barche di piccole dimensioni, perché creare un’armonia di linee in 10 metri è più difficile rispetto a quando se ne hanno 40 a disposizione. A volte, in barche di 40 metri, notiamo una confusione di linee e di effetti un po’ show off. Sembra che tutto debba essere complicato a livello estetico. Noi, invece, con la Superyachts Division siamo andati nella direzione opposta, tanto è vero che sono convinto che il Riva 50METRI, che è nata un po’ in sordina, bella era e bella rimarrà. Altre barche di 70-80 metri magari piacciono per un anno o due e dopo ci si rende conto che invecchiano.
Mauro Micheli: Le barche Riva sono senza tempo. L’Aquariva di 19 anni fa è uguale a quello che stiamo ancora producendo: abbiamo fatto qualche modifica, ma la sostanza è ancora quella. Abbiamo dovuto smettere di realizzare il Rivarama, in produzione dal 2002-2003, non tanto perché la barca era superata come stile, ma perché non c’erano motori che potevano supportarla. Il mercato dell’usato delle barche Riva regge bene, anche perché chi acquista una barca Riva entra in una sorta di piccolo gruppo di privilegiati, in un mondo un po’ a sé: non è solo una barca, ma un modo di vivere.
Qual è la barca che più vi piace?
Mauro Micheli: Sai, ci sono barche che nascono per il marchio e barche che nascono per il mercato. Una che mi piace molto è il Rivamare, che nella sua dimensione è particolarmente riuscita. Anche il risultato degli ultimi fly – dal Corsaro, al Dolcevita, al 90′ Argo – è stato formidabile. Tra le tre, il 90′ Argo è la mia preferita: ha un bell’equilibrio tra interni ed esterni in termini di volume, stile e dimensioni, non come queste montagne che vedo in giro ultimamente. In questo segmento c’è una grande competizione, ma vedo che le nostre hanno avuto un bel risultato economico e di vendita, sebbene costino oggettivamente il 20-30% in più delle altre.
Sergio Beretta: A me, invece, piace il Riva Perseo Super: lo trovo molto vivibile e molto armonioso di linee, molto “Officina Italiana”. Se dovessi pensare senza limiti a quale barca mi piacerebbe avere, sarebbe un Perseo.
Per Mauro Micheli, l’arte antica e contemporanea è la principale fonte d’ispirazione. Quanta arte c’è nelle barche che disegna?
Mauro Micheli: Non è solo la trasposizione della passione dell’arte sulle barche. Piuttosto, è l’allenamento all’estetica – dall’arte antica all’arte contemporanea – che confluisce nel lavoro. Come nell’opera d’arte c’è un bilanciamento di chiari e di scuri, allo stesso modo in una barca c’è un bilanciamento tra gli scuri delle vetrate e i chiari del metallizzato. Il metallizzato non è solo un colore: è l’enfatizzazione della superficie sulla quale andiamo a lavorare. Jeff Koons, per esempio, realizza quelle sculture che sembrano palloni, ma in realtà sono in acciaio perfettamente lavorato e verniciato. È proprio per il nostro modo di lavorare che ci vengono in mente le associazioni con l’arte. Ma puoi avere degli stimoli anche passeggiando in una città nuova o in un supermercato nuovo, puoi vedere un colore nuovo, magari sul packaging di un prodotto, e così ti viene in mente un contrasto cromatico. Le fonti d’ispirazione sono tutte intorno a noi: per esempio, adesso trovo ispirazione andando in montagna in Alto Adige.
Parliamo, invece, delle vostre esperienze all’estero. Negli ultimi anni vivete tra Bergamo, Miami e Dubai. Quali opportunità offre il contesto internazionale?
Mauro Micheli: Uscire dalla realtà italiana, dal contesto provinciale, ci aiuta ad aprire la mente. Abbiamo cercato di viaggiare sempre, ad esclusione dei periodi di lockdown della pandemia.
Sergio Beretta: Oltre allo stimolo creativo, è utile per comprendere i vari mercati. Se è pur vero che il cliente per cui lavoriamo è italiano, la produzione comunque si deve adattare a un pubblico più eterogeneo e internazionale. Vivendo all’estero, riusciamo a capire direttamente le esigenze degli armatori in varie zone del mondo.
Quale impressione avete ricavato dal mercato americano e mediorientale?
Mauro Micheli: Gli americani si stanno orientando su uno stile un po’ più raffinato, si stanno “europeizzando”. Anche all’ultimo Boat Show le barche Riva hanno avuto un bel ritorno economico.
Sergio Beretta: Il mercato americano è molto più evoluto di quello orientale: è molto più orientato al leisure, al divertimento, al trovarsi con gli amici. Gli americani fanno le feste in barca così come nelle loro ville in riva al mare. Per questo le loro barche sono tutte aperte. Al contrario, le barche dei clienti mediorientali sono chiuse come le loro case: non si deve capire cosa succede all’interno. Sono due culture diverse, che si differenziano anche nel modo di vivere la barca e il mare.
Recentemente, proprio a Miami, avete svelato il progetto del superyacht in costruzione a La Spezia, il 130′ Bellissima, che sarà consegnato al suo armatore nel 2023. Cosa ci dite di questa imbarcazione?
Mauro Micheli: Bellissima è una barca dalle linee perfettamente bilanciate.
Sergio Beretta: È un 40 metri che ha tutti gli stilemi delle barche classiche Riva ed ha già riscontrato un notevole successo ancor prima del suo debutto: praticamente è stata venduta sulla carta. È anche vero che questa è una taglia per cui c’è molto mercato adesso, però si vede che è anche piaciuta.
E per quanto riguarda i progetti futuri? State lavorando sempre nel segmento dei superyacht o in cantiere avete qualche barca più piccola?
Mauro Micheli: Riva presenta l’imbarcazione prima all’armatore e poi al pubblico, quindi non possiamo svelarvi nulla. Al Cannes Yachting Festival sicuramente avremo delle novità.
[L’intervista è stata realizzata prima del Cannes Yachting Festival. In quest’occasione il cantiere ha presentato il Riva Anniversario, che sarà prodotto solo in 18 unità, insieme al Riva 76′ Bahamas Super e al Riva 102′ Corsaro Super].
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