Concessioni demaniali marittime, tra normativa nazionale e comunitaria
Il quadro normativo relativo alle concessioni demaniali marittime è sempre stato complicato: la materia demaniale è complessa, in costante evoluzione e spesso non è facile rapportarvisi.
Negli ultimi anni lo scenario si è ulteriormente complicato a seguito dell’intervento di copiosa normativa comunitaria, nonché della tanto nominata e, a onor del vero, ampiamente preannunciata Direttiva “Bolkestein”.
LA DISCIPLINA DEL CODICE DELLA NAVIGAZIONE
Volendo ripercorrere in breve l’evoluzione normativa riguardante le concessioni demaniali marittime, in primo luogo, occorre partire dal codice di riferimento, il codice della navigazione, che prevede, all’art. 36, che “l’amministrazione marittima, compatibilmente con le esigenze del pubblico uso, può concedere l’occupazione e l’uso, anche esclusivo, di beni demaniali e di zone di mare territoriale per un determinato periodo di tempo”.
Nel caso in cui le richieste di concessione siano, per la medesima area, più di una, l’art. 37 c.n. prevede che “nel caso di più domande di concessione, è preferito il richiedente che offra maggiori garanzie di proficua utilizzazione della concessione e si proponga di avvalersi di questa per un uso che, a giudizio dell’amministrazione, risponda a un più rilevante interesse pubblico”.
L’ABROGATO DIRITTO DI INSISTENZA
Lo stesso art. 37, al comma 2, in parte abrogato, sanciva il c.d. “diritto di insistenza”, quale principio di preferenza del concessionario uscente in occasione del rinnovo delle concessioni del demanio pubblico marittimo. La norma prevedeva nello specifico: “È altresì data preferenza alle precedenti concessioni, già rilasciate, in sede di rinnovo rispetto alle nuove istanze”.
IL CONTRASTO CON IL PRINCIPIO DI LIBERA CONCORRENZA
Proprio il criterio di preferenza, come anche quello di rinnovo tacito, ha da subito posto problemi di compatibilità con il principio comunitario della libertà di concorrenza all’interno degli Stati membri dell’Unione Europea.
Dal momento in cui le spiagge, infatti, sono diventate oggetto di importante attività economica e le strutture in generale nautico-ricreative hanno cominciato a rivestire grande importanza da un punto di vista economico, una disciplina volta a tutelare prevalentemente i titolari delle concessioni attuali, a scapito di nuovi investitori, non è più stata accettata dalla Comunità Europea in quanto si poneva in evidente contrasto con i principi comunitari di libera concorrenza e con le direttive intervenute negli anni.
LA DURATA DELLE CONCESSIONI DEMANIALI MARITTIME IN ITALIA
La durata delle concessioni demaniali marittime, negli anni, è passata in Italia dai 4 ai 6 anni, con la previsione di tacito rinnovo, ferma restando la possibilità per la Pubblica Amministrazione di revoca per ragioni stabilite per legge.
La legge finanziaria del 2007 ha poi stabilito che le concessioni marittime del settore turistico-ricettivo potessero avere “un termine non inferiore a sei anni e non superiore a vent’anni in ragione della rilevanza economica delle opere da realizzare e sulla base dei piani di utilizzazione delle aree del demanio marittimo predisposti dalle Regioni”.
È evidente che una durata ventennale delle concessioni, così come il loro rinnovo automatico, poneva di fatto l’imprenditore concessionario in una posizione di privilegio rispetto a tutti gli altri offerenti.
IL CONTENUTO DELLA DIRETTIVA BOLKESTEIN
In questo scenario è intervenuta l’adozione della Direttiva “Bolkestein” che, ponendo l’accento sul possibile contrasto della normativa nazionale, non solo del nostro Paese, con i principi di concorrenza e di non discriminazione sanciti dagli artt. 106 e 56 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, ha previsto che “qualora il numero di autorizzazioni disponibili per una determinata attività sia limitato per via della scarsità delle risorse naturali o delle capacità tecniche utilizzabili, gli Stati membri applicano una procedura di selezione tra i candidati potenziali, che presenti garanzie di imparzialità e di trasparenza e preveda, in particolare, un’adeguata pubblicità dell’avvio della procedura e del suo svolgimento e completamento [omissis]. L’autorizzazione è rilasciata per una durata limitata adeguata e non può prevedere la procedura di rinnovo automatico né accordare altri vantaggi al prestatore uscente o a persone che con tale prestatore abbiano particolari legami”.
Va, poi, ricordato che era già intervenuta una procedura di infrazione attivata dalla Commissione Europea nei confronti dell’Italia nel 2008. Come noto, la questione messa in luce dalla “Bolkestein” ha portato a enorme dibattito e scontento sia in Italia che in altri Stati membri dell’Unione Europea di cui si è occupata la Corte di Giustizia prima e, per quanto riguarda lo Stato italiano, il Consiglio di Stato successivamente.
IL CONTRASTO DELLA NORMATIVA NAZIONALE CON LA DIRETTIVA BOLKESTEIN
Il tema è ancora oggi di grande attualità e appare irrisolto. Le decisioni delle supreme corti italiane ed europee evidenziano che il diritto di proroga, in favore del soggetto già titolare della concessione, non può trovare valida giustificazione in quanto “determina una disparità di trattamento tra gli operatori economici in violazione dei principi di concorrenza”. Molte sono oramai le pronunce di Tribunali italiani sulla materia in parola.
Essenzialmente, il principio che ne emerge è che non possa essere garantito ai concessionari di aree demaniali il rinnovo automatico delle concessioni e che debbano essere effettuate delle gare per l’assegnazione delle concessioni demaniali. Inoltre, nelle procedure di gara per l’assegnazione di concessioni demaniali con finalità turistico-ricreative devono essere evitate ipotesi di preferenza automatica per i gestori uscenti ed essere adottati criteri non discriminatori attinenti la capacità tecnica, professionale, finanziaria ed economica degli operatori. Al contempo però, in tale ambito potranno essere individuati criteri che, nel rispetto della par condicio, consentano di valorizzare l’esperienza professionale e il know-how acquisito da chi ha già svolto attività di gestione di beni analoghi.
La materia è in continua evoluzione e sono molto attese decisioni e direttive del Governo. È molto recente la notizia che le commissioni Bilancio e Affari costituzionali del Senato abbiano approvato una ulteriore proroga di un anno delle attuali concessioni fino al 31 dicembre 2024, data che potrebbe slittare fino al 31 dicembre 2025 per i Comuni con contenziosi in essere e “difficoltà oggettive legate all’espletamento della procedura stessa” . In ogni caso, fino a quando non sarà adottato un decreto legislativo che stabilisca i principi delle nuove gare, i Comuni non potranno procedere alla pubblicazione dei bandi. A fronte della decisione del Governo italiano, la Commissione Europea ha però ribadito che le normative nazionali devono rispettare la parità di trattamento degli operatori e che l’Italia, decidendo di non rispettare questo principio, sarà assoggettata a una nuova procedura di infrazione.
Nel frattempo, tuttavia, è intervenuto sul punto il Consiglio di Stato (sentenza n. 2192 dell’1 marzo 2023), che – pronunciandosi su ricorso proposto dall’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato – ha stabilito che la proroga automatica delle concessioni si pone in contrasto con la direttiva 2006/123/CE (ovvero con la Direttiva “Bolkestein”) e pertanto va disapplicata da tutti gli organi dello Stato.
Appare certamente necessaria una normativa organica che tuteli sia il settore balneare che quello turistico-ricreativo in generale legato alla navigazione e ai porti turistici.