La costruzione delle imbarcazioni da diporto, un equilibrio instabile tra processi industriali e sapienze artigianali
Ho pensato a lungo, dopo un periodo di assenza di alcuni mesi dalle pagine di questa rivista, di cosa parlare ai nostri lettori. In realtà, nell’“industria nautica” i potenziali argomenti di discussione sembrerebbero davvero infiniti, per cui ogni volta mi trovo di fronte all’imbarazzo della scelta.
Cominciamo col chiarire le virgolette. “Industria nautica”. Come si definisce un’industria?
Se leggiamo dal vocabolario, per “industria” si intende qualsiasi attività umana diretta alla produzione di beni. Per tale motivo, il modello produttivo che si occupa della costruzione di imbarcazioni può essere considerato “industria”.
Tuttavia, nell’immaginario collettivo, per “industria” si intende un luogo fisico dove un cospicuo numero di macchinari, linee produttive e catene di montaggio regola l’andamento del determinato bene di produzione. Nella moderna industria, in generale, l’abilità manuale non è così fondamentale, se non in particolari casi, rispetto alla presenza di macchinari più o meno performanti, che individuano un determinato trend produttivo e conseguenti performance misurabili con appositi KPI (Key Performance Indicator).
Se pensiamo a un’industria siffatta, dove i robot la fanno da padrone e le catene di montaggio lavorano in continuo, vedendo scorrere centinaia di migliaia di pezzi ogni giorno, sicuramente il nostro pensiero può andare all’industria automobilistica: Fiat, Volkswagen, BMW sono il classico esempio di come il modello industriale si sia evoluto negli ultimi cinquant’anni non solo in Italia, ma nel mondo intero. Nell’industria meccanica, l’abilità dell’uomo è importante come in tutte le attività tecnologiche, ma è ancora più importante disporre di macchinari moderni, efficienti, in linea.
In maniera antitetica all’industria si pone l’artigianato, dove è l’uomo che – senza particolari strumenti o impianti industriali – è in grado di produrre oggetti e/o beni di pregio (che possono avere anche un valore di mercato molto elevato) con le proprie mani, la propria intelligenza, la propria sapienza. Anzi, in molti casi, più il prodotto è artigianale, più il valore del bene aumenta. Si pensi, ad esempio, al mercato delle calzature e si faccia un confronto fra quelle prodotte dall’industria e quelle realizzate artigianalmente.
E la nautica? Dove si pone? La produzione di barche è un processo industriale, artigianale o “misto”?
La costruzione di imbarcazioni è, sicuramente, un modello produttivo estremamente complesso.
La produzione di barche racchiude competenze che vanno dalla chimica alla falegnameria, dalla meccanica all’elettronica, dalla carpenteria metallica ai processi di verniciatura… Insomma, è un coacervo di conoscenze e competenze molto ampio, che richiede know-how ed esperienza impegnativi e che necessita di maestranze e artigiani altamente specializzati.
A onor del vero, nella nautica negli ultimi venti anni si è assistito a un grosso sviluppo industriale, caratterizzato dall’implementazione di linee di produzione, dall’inserimento di numerosi macchinari e, in alcuni casi, dall’ingresso di robot. Chiaramente la nautica non è tutta uguale. Esistono aziende che impiegano anche più di mille persone con capannoni industriali e reparti molto grandi e sviluppati, ma è innegabile che buona parte delle compagnie nautiche sia rappresentata da tante PMI costituite da poche decine di maestranze, capannoni più piccoli e un numero limitato di macchinari. Per tale motivo esistono aziende/cantieri che somigliano molto a una moderna industria, mentre continuano a sussistere – parallelamente – tante altre realtà che si connotano prevalentemente come attività fortemente artigianali. Ciononostante, il comune denominatore dei due tipi di aziende è l’imprescindibilità dalla perizia umana, dalla capacità delle maestranze e degli artigiani che lavorano per la costruzione di un’imbarcazione.
Questa, pertanto, è la prima grande differenza fra la nautica e molte altre industrie meccaniche o manifatturiere. La bravura dell’operatore, la sua volontà, la capacità di mettersi all’opera con voglia e passione caratterizzerà sempre – indiscutibilmente – la buona riuscita di un’imbarcazione di pregio.
È inutile pensare (o sperare) che “tutti sono utili, nessuno è indispensabile”. Il vecchio adagio, con la nautica, non funziona sempre.
Esistono attività e saperi specifici, conoscenze del prodotto, know-how, che non sono facilmente sostituibili. In un momento storico come l’ultimo biennio post-pandemia – caratterizzato da una domanda che spesso supera l’offerta – molti cantieri stanno avendo non poche difficoltà a reperire personale specializzato, che possa portare avanti la produzione in autonomia e con gli standard di qualità che azienda e armatori si aspettano.
La produzione di un’imbarcazione, difatti, è un lavoro estremamente complesso che passa attraverso impianti e macchinari, ma che resta indiscutibilmente legato a doppio filo alla competenza e alla bravura degli operatori. E questo a prescindere dalla dimensione dell’azienda. Immergiamoci in un caso reale: la verniciatura delle imbarcazioni, per esempio. È un processo che richiede tre ordini di controllo: uno sull’ambiente di lavoro, uno sui materiali e l’ultimo, ma non per importanza, sulla manodopera. Se anche solo una delle tre variabili non funziona o funziona male, l’intero processo ne può risultare inficiato completamente!
Ora, posto che un’azienda di tipo industriale può agire sicuramente sulla gestione delle prime due variabili, non può prescindere sicuramente dalla perizia degli operatori di verniciatura. Perizia senza la quale ogni sforzo di ottenere un buon risultato risulta vano.
Il comparto nautico, dunque, evidenzia sempre la sua fortissima componente artigianale sotto quasi tutti gli aspetti della costruzione e a prescindere dalle dimensioni del cantiere. Si pensi al processo di resinatura delle imbarcazioni. Oggigiorno, nella nautica, le tecnologie di formatura sono essenzialmente due: lo stampaggio manuale e l’infusione sottovuoto. Anche l’infusione sottovuoto, che fa uso di impianti leggermente più sofisticati (rispetto alla laminazione manuale), non può prescindere dalla capacità artigianale degli operatori di formatura. L’abilità di un buon infusionista, infatti, può essere addirittura paragonata alle competenze sartoriali di un costumista.
Le scocche delle imbarcazioni sono costruite strato dopo strato (ply di fibra di vetro, ply di fibra di carbonio, ibride, etc.), e se questo processo non viene effettuato correttamente, con perizia, attenzione e dedizione, può portare a una serie di errori, anche molto importanti, che influiscono in maniera addirittura determinante su parametri di progetto fondamentali come il peso della scocca stessa. E, a tutt’oggi, ancora non esiste (nel 99% delle aziende nautiche) un impianto totalmente automatizzato che permetta a un robot o a una serie di macchinari di:
- Prelevare l’esatta grammatura della fibra;
- Sagomarla perfettamente secondo la geometria di progetto;
- Depositarla sullo stampo nella posizione prevista;
- Impregnarla con la quantità prevista di resina.
Probabilmente anche i numeri di produzione delle imbarcazioni (che, per quanto possano essere importanti, sono di svariati ordini di grandezza inferiori rispetto ai numeri dell’industria automobilistica) non giustificherebbero una robotica così avanzata nelle fabbriche che, anche per tali motivi, restano comunque legate alle abilità manuali e alle capacità professionali degli operatori.
Per concludere, possiamo sicuramente affermare che la nautica “millennial” stia segnando il passo verso la robotica e l’industrializzazione. I cantieri oggi non si limitano più semplicemente a strizzare l’occhiolino a un modello industriale, ma stanno cercando realmente, con sforzi e sacrifici, di modernizzarsi e di creare modelli produttivi più snelli, efficienti e tesi a volumi sempre maggiori. Ciò nonostante, la nautica da diporto – con particolare riferimento al nostro Paese – resta ancora oggi un mondo produttivo imprescindibile dalle capacità artigianali e manuali delle maestranze che hanno contribuito a diffondere nel mondo l’intramontabile “Made in Italy”.
DOTT. GIUSEPPE COCCIA Ingegnere industriale, laureato con lode presso l’Università di Napoli Federico II. Specialista in Materiali Compositi, ha conseguito un Dottorato di Ricerca in Tecnologie e Sistemi Intelligenti per l’automazione della Produzione. Esperto internazionale sulla tecnica di stampaggio per infusione sottovuoto, è stato relatore e chairman a numerosi congressi e conferenze in Italia, Francia e Stati Uniti. Pubblica periodicamente, su riviste tecniche italiane e straniere, articoli in materia di imbarcazioni e relative tecnologie di costruzione. È stato Direttore della Produzione e Dirigente Tecnico per diversi cantieri nautici. Attualmente è titolare dello Studio Tecnico Ing. Coccia (www.studiococcia.org) che svolge consulenze e perizie nel settore Nautico e Compositi. Avete domande da fare al Dott. Coccia? |