Pescando si impara: il bolentino profondo
È proprio vero che la migliore scuola è l’esperienza sul campo, perché riesce a darti quelle possibilità che la sola teoria non potrebbe offrirti. Questo perché nella pesca esistono un miliardo di variabili che cambiano in continuazione e non permettono di avere la classica “regola fissa” che si può trovare in altre discipline. Ciò accade anche e soprattutto nel bolentino profondo. Già, perché questa particolare tecnica non si pratica a profondità “normali”, ma nel profondo blu, dove la ricerca subacquea non è ancora riuscita a scoprire tutto quello che si cela nelle sue oscurità. Ed è proprio per questo che c’è bisogno di sperimentare sempre per ricercare quello spot, magari ancora vergine, dove fare catture di taglia a ripetizione.
BOLENTINO PROFONDO: STUDIARE LE MAPPE
Oggi l’elettronica di bordo offre una chiara rappresentazione dei fondali, che si trovino a pochi metri della riva o a diverse miglia di distanza dalla costa. E in questo caso i display multifunzione Garmin 8410xsv consentono di utilizzare il meglio della cartografia Garmin Navionics Vision+, che racchiude una mappa super completa e versatile da poter sfruttare per tutte le tecniche di pesca.
Questa particolare cartografia, infatti, oltre ad avere una completa struttura d’ausilio alla navigazione, presenta alcune caratteristiche particolari studiate per la pesca e, in particolare, la Relief Shading o “ombreggiatura del fondale” che, con il suo dettaglio, regala immagini dell’andamento del fondale quasi tridimensionali.
Non solo, il display Garmin 8410xsv consente di impostare una gamma di colori personalizzata e differente delle batimetriche del fondale: in questo modo, è possibile dare ancora più risalto e precisione, ad esempio, a secche e scogli isolati o salti batimetrici importanti. Insomma, oggi la strumentazione elettronica di bordo è diventata davvero importante e insostituibile per il pescatore, perché riesce a rendere “meno morbosa” la ricerca di nuovi spot di pesca.
UNA STORIA VERA E UN PIZZICO DI FORTUNA: UNA BATTUTA DI PESCA A BOLENTINO PROFONDO
Nel bolentino profondo, così come in tantissime altre discipline, il fattore C e un po’ di esperienza possono tranquillamente cambiare le sorti di una brutta giornata. Come è successo a noi qualche tempo fa.
Viste le ottime condizioni del mare, abbiamo deciso di provare alcuni spot profondi e anche lontanucci dal nostro porto di partenza. Abbiamo organizzato l’uscita sotto tutti gli aspetti e, una volta caricata tutta l’attrezzatura a bordo, ci siamo messi in viaggio con il primo target a circa un’ora di navigazione.
Siamo arrivati su uno spot con una profondità di circa 500 metri, ma l’eco non segnalava nulla di rilevante. Abbiamo calato ugualmente due canne ma, dopo oltre 15 minuti senza alcuna mangiata, abbiamo cambiato spot. Ne abbiamo provato un secondo, un terzo e poi un quarto senza il minimo successo; così, presi dallo sconforto, abbiamo cercato di capire il da farsi per evitare di tornare a casa senza nemmeno un pesce da portare in cucina.
Allora ho piantato gli occhi sul display per scrutare la cartografia palmo a palmo e scoprire qualche punto interessante. Dopo aver setacciato in lungo e in largo la zona di pesca, mi sono concentrato su una caduta a oltre 600 metri che risaliva con un “montagnozzo” a 480 metri per poi ricadere a oltre 600 metri: ho immaginato quel primo “canalone” come una zona in cui la corrente avrebbe potuto portare del nutrimento e di conseguenza presenza di predatori.
Quindi ci siamo fermati per calare tutte e quattro le canne che avevamo a bordo e capire se la nostra intuizione fosse corretta. Qualora non avesse portato risultati, avevamo già pronta la rotta da seguire con il motore elettrico per scandagliare, metro per metro, tutta la risalita verso il montagnozzo.
Alla prima calata, una mangiata sul fondo ci ha fatto ben sperare: dopo alcuni minuti, due delle quattro canne stavano già risalendo verso la superficie con potenziali prede, che poi si sono tramutate in un nasello dalle dimensioni interessanti e una specie di merluzzo argentato di tutto rispetto. Le catture si sono susseguite fino a quando, in calata, ho visto la lenza fermarsi di colpo. Lì per lì, complice la distrazione, pensavo di essere arrivato sul fondo: ho bloccato il mulinello e atteso, poi ho visto la mangiata. A quel punto ho ferrato, ma il pesce non si è allamato. Proprio nel momento in cui ho rilasciato la lenza, mi sono accorto di essere a ben 300 metri dal fondo e mi sono chiesto con grande stupore: “Ma cosa saranno riusciti a fermare ben 750 grammi di piombo in acqua libera?”
Arrivato sul fondo, ho visto una mangiata decisa, ho ferrato e cominciato il recupero, constatando come un pesce allamato combattesse per riguadagnare la libertà. Pensavo che dopo alcune centinaia di metri cominciasse a cedere, ma invece la canna era sempre più piegata, con dei momenti in cui addirittura la frizione del mulinello elettrico slittava senza sosta.
Quando è giunta in superficie, ho scorto l’inconfondibile livrea del pesce castagna: una preda davvero meravigliosa che non avevo ancora avuto l’occasione di pescare e che, in quel momento, mi ha fatto capire che non era una preda facile da catturare per l’instancabile vitalità che sprigionava, non solo in acqua ma anche e soprattutto nel guadino.
La pescata è continuata con qualche cattura di merlani di fondale, mentre io, addetto al telecomando del motore elettrico, poco a poco ho spostato la barca verso il cappello del montagnozzo. La scelta è stata provvidenziale: infatti, nella risalita del fondale, altri naselli hanno deciso di mangiare le nostre sardine, diligentemente fissate agli ami con del filo elastico, e a fine giornata un buon numero di prede era stipato nell’igloo con il ghiaccio.
LE SORPRESE DEGLI ABISSI
Le oscurità marine regalano ogni giorno una infinità di sorprese: infatti, quante volte sui banchi dei pescatori appena rientrati vediamo nelle cassette pesci mai visti prima dalle forme bizzarre?! Ed è proprio il caso di dire che, durante la nostra battuta di pesca a bolentino profondo, anche noi abbiamo catturato qualcosa di insolito.
Nella giornata passata a pescare naselli e merlani, abbiamo avuto il piacere di allamare anche diversi squaletti che, una volta slamati, venivano prontamente rilasciati. Uno di questi aveva in bocca un micro gamberetto di colore blu, quasi turchese, mai visto prima. Una livrea talmente particolare da incuriosirci e portarci a farne una ricerca mirata, contattando esperti biologi marini, i quali però, non hanno saputo riconoscere la specie dal colore inusuale.
Anche in questo caso, considerando ancora la parziale conoscenza delle profondità marine, si è arrivati alla scoperta di una specie di gamberetto (un “gobbetto”, in gergo piscatorio, riconoscibile per la particolare forma e per gli occhi) che probabilmente, anziché riprendere la classica livrea rossastra, dovuta a un pigmento assorbito attraverso il cibo, vanta una inusuale livrea a causa del colore delle uova che, nel caso del gobbetto, sono di un blu intenso. Questo ci permette di capire che oggi, anche laddove la scienza e la tecnologia hanno fatto passi importanti, molto si può ancora scoprire anche grazie al prezioso contributo dei pescatori sportivi.