A bolentino sul relitto
Per praticare la pesca a bolentino su un relitto bisogna conoscere esattamente lo spot su cui andremo a calare le lenze in modo da massimizzare le catture possibili durante la battuta di pesca. Per prima cosa, quindi, si prende una carta nautica e si comincia a ricercare quelli che sono i simboli che contraddistinguono i relitti sommersi e si procederà a segnare il punto che, spesso, è in posizione approssimativa rispetto alla sua reale posizione sul fondo. Le coordinate poi verranno salvate sul gps cartografico che ci porterà esattamente sulla verticale dove, con l’ausilio dello scandaglio, cominceremo la ricerca.
ELETTRONICA FONDAMENTALE
L‘elettronica in questo caso è un fattore davvero determinante nella ricerca e studio di un relitto, in quanto il sonar, tramite la continua battitura del fondo, riesce a darci indicazioni precise sulla sua forma e relative quote. Volendo migliorare ancora la visione di un relitto, meglio dotarsi di uno strumento in grado di scandagliare anche con le altissime frequenze nella modalità Down Imaging, come tutta la gamma HelixR di Humminbird che permette di scansionare relitti e strutture sommerse con una qualità e resa d’immagine davvero sorprendente.
Una volta scandagliato per bene il relitto di nostro interesse e capita la sua forma, sarà importante salvare alcuni waypoint che andranno a coprire il perimetro dello stesso. In questo modo avremo una sorta di sagoma disegnata sulla mappa nella quale cercheremo di ancorarci più o meno al centro.
L’ANCORAGGIO
Se scegliere lo spot e andarlo a visitare con l’ecoscandaglio non è cosa difficile, il bello viene nel momento in cui decidiamo di fermarci esattamente sulla verticale di un relitto, piccolo o grande che sia. In questo caso, una buona dose di esperienza mista ad intuito servirà a scongiurare il rischio di perdere metà della battuta di pesca a cercare di ancorarsi sul relitto stesso.
Per prima cosa, una volta arrivati sulla verticale del relitto, bisogna fermarsi e capire vento e corrente in che direzione spostano la barca. Appurato questo prezioso dato, si risale la corrente e si cala l’ancora, meglio se a rampino con marre pieghevoli, in modo che possa arroccarsi bene tra le lamiere e nello stesso tempo liberarsi a fine pescata. Questa è una operazione tutt’altro che semplice e va studiata preventivamente in porto preparando l’ancora sormontata anche da 15 metri di catena sottile, che servirà ad evitare che lo strusciamento della cima sulle lamiere possa tagliarla, facendo perdere la posizione e soprattutto l’ancora.
Una volta che l’ancora si è agganciata al relitto, cerchiamo di dare meno cima possibile in modo da pescare esattamente sopra di esso. Non è detto però che una volta ancorati non si debba più toccare l’ancoraggio, perché andrà rifatto ogni qualvolta cambieranno le direzioni di vento e corrente che sposteranno inesorabilmente fuori dallo spot la barca.
A questo punto non resta che preparare canne ed inneschi e calare le lenze.
GLI INNESCHI
Nella pesca sui relitti, l’innesco è quasi un rito che di volta in volta si ripete cominciando dalla ricerca delle esche in pescheria. Se l’idea di conservare le esche nel congelatore permette di averle sempre disponibili, è pur vero che sfruttare un’esca fresca è qualcosa di straordinariamente attirante per i predatori che si celano nelle lamiere delle vecchie barche affondate. La sardina è sicuramente l’esca principe, odorosa e attirante; non dobbiamo trascurare calamari e pesci interi come sugherelli e boghe, se abbiamo in mente di catturare i grossi gronghi.
L’innesco andrà ponderato sulla base del target a cui ci riferiamo, calcolando soprattutto la possibilità della preda di ingoiare l’esca. Se per i gronghi e le cernie non avremo grossi problemi potendo sfruttare inneschi anche molto generosi, per altre tipologie di pesci come la murena e le mostelle dovremo aggiustare il tiro cercando l’innesco perfetto e non troppo voluminoso. In pratica diciamo che nella ricerca dei gronghi di fondale l’innesco fatto su amo del 9/0 è di almeno 3 sarde intere e una testa di calamaro o striscia abbondante, mentre nella ricerca delle altre specie l’amo si riduce anche ad un 4/0, sfruttando sempre la testa di calamaro aggiunta ad una sola sardina. Questo permetterà al pesce, una volta intercettata l’esca, di poterla ingoiare rapidamente; il pescatore, allo stesso tempo, potrà dare una decisa ferrata e tentare un recupero dei primi metri senza sfruttare la frizione, in modo da staccare il pesce dal relitto ed evitare che possa arroccarsi vicino a qualche lamiera, vanificando in questo modo tutta l’azione di pesca.
Solitamente la sarda viene innescata facendo passare l’amo dagli occhi, per poi rigirarlo verso la bocca, in modo da avere un punto di ancoraggio abbastanza forte che non faccia strappare l’esca al primo morso, mentre l’innesco della testa del calamaro lo si potrà fare con estrema facilità entrando dal dente ed uscendo dalla parte opposta. E’ molto importante, nell’innesco perfetto, far uscire bene la punta dell’amo con l’ardiglione perché permetterà all’esca di non sfilarsi ed in caso di ferrata darà maggior sicurezza di penetrazione di amo ed ardiglione.
LE PERLINE FLUORESCENTI
Nel bolentino notturno le fonti luminose sono importantissime ma vanno calibrate a dovere in base allo spot scelto. Se per alcune zone forti, fonti luminose saranno attiranti per i predatori, in altre potrebbero fare l’inverso facendoli spaventare e di conseguenza allontanare. E’ per questo che spesso si utilizzano le perline luminescenti che si caricano quando colpite da una fonte luminosa per rimanere “accese” anche per diversi minuti. Dobbiamo poi pensare che anche una luce che a noi può sembrare fioca in superficie nel buio delle profondità marine sarà la prima cosa che attirerà i pesci presenti in zona che, curiosi, si avvicineranno a quella lucina verde. Poi l’esca e il suo odore farà il resto invogliando la preda a mordere.
Nella preparazione del finale, si potrà inserire un numero consistente di perline che, a seconda della grandezza, andranno a formare l’armatura pescante. Pescando con finali non troppo lunghi, potranno essere lasciate libere, mentre all’inverso sarà consigliabile incollarle sul finale nella parte più vicina all’amo.
Preparare una battuta di pesca notturna a bolentino su relitti è qualcosa di altamente stimolante, specie se organizzata subito dopo l’inverno, quando si risvegliano gli istinti predatori anche nell’uomo, che permette di passare una serata adrenalinica in totale allegria, in compagnia di amici sempre pronti ad aiutarci a salpare le grosse prede che si nascondono tra le lamiere di navi e velieri che hanno fatto la storia della nostra marineria.