Guida al rimessaggio invernale fai-da-te
Le giornate si accorciano, le temperature si abbassano, arriva il maltempo. È ora di preparare la nostra barca per il letargo: nei mesi a venire dovrà resistere al freddo, all’umidità e all’inutilizzo. Con questa guida al rimessaggio invernale non ci serviranno grandi competenze tecniche, piuttosto bisognerà avere tempo, energie e manualità, ma niente paura: con le dovute accortezze e un po’ del buon vecchio olio di gomito, ci risparmieremo brutte sorprese in primavera.
A SECCO O IN ACQUA? LA LISTA DEI PRO E DEI CONTRO
IN ACQUAPRO
CONTRO
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A TERRAPRO
CONTRO
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Leggendo lo schema superiore, ne consegue che sarebbe sempre da preferire il rimessaggio a secco perché meno rischioso. Ma vantaggi e svantaggi non hanno lo stesso peso per tutti i diportisti: c’è “l’appassionato”, che non rinuncia a un’uscita in mare neanche d’inverno, come d’altra parte c’è “il prudente”, che preferisce che la propria imbarcazione sia al sicuro e all’asciutto durante le brutte giornate.
La scelta, quindi, dipenderà dalle nostre esigenze e dal rapporto che abbiamo con la barca stessa. Nella lista dei pro e dei contro, inoltre, non abbiamo incluso il prezzo: tendenzialmente il posto barca in acqua è più costoso rispetto a quello a secco, ma questo può variare a seconda dell’area geografica e della disponibilità di ormeggi; a ciò occorre aggiungere che in alcuni marina varo e alaggio non sono compresi nel prezzo del rimessaggio a secco. Questo fattore, pertanto, rimane difficilmente inquadrabile in un’ottica di vantaggi e svantaggi.
UNA PREMESSA…
Prima di entrare nel merito della guida al rimessaggio invernale, un’avvertenza: ricordiamoci di tenere sempre a portata di mano il manuale del proprietario, che contiene tutte le istruzioni del produttore sull’uso e sulla manutenzione della nostra barca. Questo volume, che in sostanza è il “libretto d’istruzioni” dell’imbarcazione, viene fornito al cliente dal cantiere costruttore per tutte le unità munite di marcatura CE e deve essere ceduto al nuovo proprietario in caso di vendita. Se però abbiamo dei dubbi, meglio non avventurarsi in operazioni improvvisate: per evitare di commettere errori, è bene consultare un professionista.
GLI ESTERNI
• L’opera viva
Dopo aver tirato a secco la nostra barca, esaminiamo la carena. Con ogni probabilità, troveremo incrostazioni di alghe, sabbia, sale e calcare. Per rimuoverle, armiamoci di spugne, scopettoni e detergenti nautici; se vogliamo risparmiare tempo e fatica, possiamo ricorrere a un’idropulitrice a pressione, che ci consentirà di eliminare anche eventuali “denti di cane” e residui di antivegetativa. Attenzione, però, alla potenza del getto: poniamoci a una distanza adeguata dalla carena così da evitare di danneggiare il gelcoat o i tubolari. Una volta pulito lo scafo, verifichiamo che sia integro: se ci sono danni di lieve entità, possiamo ripararli con lo stucco; se invece si tratta di fenomeni più gravi (come le temutissime bolle di osmosi), dobbiamo rivolgerci a un professionista.
• Il ponte di coperta
Rimuoviamo la cuscineria, laviamola con un detergente specifico e lasciamola asciugare per bene; infine riponiamola in un luogo asciutto, magari proprio in casa. A questo punto, possiamo passare al ponte di coperta: nei mesi estivi, è stato esposto ai raggi UV, alla salsedine e all’acqua di mare. Diamo una pulizia generale con abbondante acqua dolce per eliminare tutte le impurità, poi andiamo a concentrarci sulle singole componenti: acciaio, vetroresina e teak andranno trattati con prodotti dedicati.
• L’acciaio
Qualche diportista preferisce rimandare questa operazione alla primavera, ma in realtà è meglio togliersi subito il pensiero: muniamoci di spugnette abrasive, rimuoviamo la ruggine con un prodotto specifico e infine applichiamo il lucidante. Quando arriverà la bella stagione, basterà dare solo una rinfrescata rapida al trattamento.
Attenzione anche alla catena e all’ancora: per verificarne lo stato, è bene smontarle. Se sono danneggiate, bisognerà sostituirle; se invece sono ancora in buone condizioni, sarà sufficiente lavarle in acqua dolce, avendo cura di riverniciare la catena un metro ogni dieci: in questo modo, riusciremo a tenere conto delle lunghezze in fase di ancoraggio.
Se durante l’inverno la nostra barca rimarrà in acqua o a secco in una località di mare, non dimentichiamo di utilizzare anche cere e protettivi dedicati: il rischio è che la salsedine presente nell’aria formi cristalli di sale e finisca per corrodere le superfici.
• La vetroresina
La vetroresina è meno delicata dell’acciaio, ma non per questo possiamo abbassare la guardia: evitiamo di ricorrere ai detergenti comuni e utilizziamo solo prodotti professionali, che risulteranno senza dubbio più efficaci. In commercio ne esistono parecchi (tra l’altro a prezzi accessibilissimi), studiati proprio per asportare lo sporco tipico delle barche, come guano d’uccelli, fumi di scarico, residui di olio o crema solare.
• Il teak
Tanto prezioso quanto delicato, il teak va trattato con acqua dolce, spazzole morbide e detergenti specifici, capaci di pulirlo a fondo senza danneggiarlo. Una volta eliminato lo sporco, applichiamo un olio protettivo per teak, che servirà a proteggere e ravvivare l’aspetto naturale del legno.
• I tubolari
Se abbiamo un gommone, dovremo fare attenzione anche ai tubolari: dopo una pulizia approfondita con spugne, acqua dolce e prodotti appositi, lasciamoli asciugare per bene, in modo tale da evitare l’insorgenza di muffe. Successivamente applichiamo uno strato di cera che, oltre a ravvivare il colore, creerà una pellicola protettiva contro l’usura e gli agenti atmosferici. Infine, riponiamo il gommone con i tubolari semi-sgonfi e un telo protettivo, al riparo dalle intemperie e dalla luce diretta del sole.
Vai alla pagina due per la seconda parte della guida al rimessaggio invernale.