Marine turistiche: strategie di mitigazione del rischio e assicurazioni
Cosa accade quando un’unità ormeggiata in un porto turistico subisce un danno, cagionato magari da un incendio, un evento atmosferico o un ladro? Di chi è la responsabilità? Quali strategie possono adottare le marine turistiche per la mitigazione del rischio?
La mareggiata del 30 ottobre 2018 causò devastazione nel porto di Rapallo, con circa 225 unità coinvolte, parzialmente danneggiate o perdute. È stato, probabilmente, il più grave evento mai registrato in Italia che abbia interessato un porto turistico, sia per la sua risonanza mediatica che per l’entità dei danni causati.
Un accadimento come quello di Rapallo, o anche il verificarsi di altre tipologie di eventi, anche più frequenti, come incendi, danni da eventi atmosferici, furti, rapine, errori e omissioni di varia natura, interessano senz’altro tutti i soggetti che si trovano a operare nell’ambito portuale direttamente (il concessionario, ad esempio) e indirettamente (come attività commerciali, cantieri e officine).
Ma è possibile, almeno in linea teorica, prevenire, mitigare e trasferire questi rischi (o parte di questi) attraverso coperture assicurative? La risposta è sì, seppur con alcune necessarie considerazioni.
STRATEGIE DI MITIGAZIONE DEL RISCHIO
Comprendere e valutare i rischi
Analizzare e comprendere i fattori di rischio in maniera compiuta rappresenta il primo passo per comprendere quali di questi possano essere mitigati (o addirittura eliminati) prima di ricorrere al trasferimento assicurativo.
È chiaro che una valutazione dettagliata dovrebbe passare dal supporto di una professionalità specializzata (come un insurance risk manager o una società specializzata in risk engineering), che assicuri l’adeguato e puntuale supporto alla realtà presa in esame.
Tuttavia, e nei limiti della nostra trattazione, è comunque possibile aiutare il lettore facendo alcuni esempi, tratti da taluni parametri che potrebbero essere presi a riferimento. Ora, senza voler essere eccessivamente tecnici, basti pensare, ad esempio, alla ciclicità di taluni fenomeni meteorologici e alla loro potenziale magnitudo di danno. Questi fenomeni, sempre più attuali e frequenti, come tempeste, mareggiate, alluvioni ed eccezionali grandinate, possono provocare seri danni alle infrastrutture di una marina così come alle stesse unità ormeggiate, anche con esposizioni economiche molto importanti. Allora perché non chiedersi quali accorgimenti la società di gestione può introdurre per la mitigazione del rischio?
Ancora, perché non analizzare quali profili giuridici o giurisprudenziali sono nel frattempo intervenuti nel proprio comparto di riferimento, tali da poter magari rappresentare una verosimile esposizione economica o giudiziaria? O, ancora, perché non avere contezza, banalmente, dello stato d’uso e manutenzione dei corpi morti e dei cavi d’ormeggio? Chiedersi: è possibile limitare le fattispecie di danno (e le conseguenti richieste risarcitorie) sostituendo, ad esempio, cavi scaduti o ammalorati? Queste e molte altre valutazioni possono certamente limitare o eliminare taluni verosimili danni materiali, nonché economici, non solo nei propri riguardi, ma anche rispetto a terzi.
Trasferire il rischio
Una volta individuato, e magari in parte mitigato, uno o più fattori di rischio, sarà certamente più semplice poter pensare di trasferire questi rischi in capo a una compagnia assicurativa. Infatti, l’ideale (ma allo stesso tempo puntuale e verosimile) enunciazione di tutti quei rischi c.d. nominati può giovare sia all’assicurato che all’assicuratore.
Questo porta a una comprensione effettiva dei veri fabbisogni dell’assicurato (in questo caso parliamo ovviamente e sempre della realtà portuale in senso ampio) rispetto a uno strumento di non poco conto sotto il profilo assuntivo per la compagnia. Sarà un mezzo di valutazione del rischio non trascurabile, parametrato in modo specifico. In termini molto più generici, è più che comprensibile che le attività connesse al mondo della portualità possano, per loro intrinseca natura, risultare più esposte di altre in termini di rischio, essendo queste presenti in un ambiente, quello marino, decisamente peculiare.
Tuttavia, tenendo conto anche delle rinnovate esposizioni di rischio, come quelle meteorologiche e/o climatiche o, ancora, dalle attuali contingenze economiche e globali, tutelare le attività, i beni e la continuità economica di un’attività non dovrebbe più poter rappresentare (anche e soprattutto dopo la pandemia) un elemento di secondaria importanza nella gestione di un’attività economica, sia essa piccola o grande, soprattutto nel comparto marittimo.
DANIELE MOTTAPerito e Consulente Navale, nonché Mediatore Marittimo, è riconosciuto dalle principali organizzazioni e istituzioni nazionali e internazionali come l’SCMS, FEMAS, AIPAM e Ruolo Periti ed Esperti. Commissario d’Avaria per le principali compagnie assicurative nazionali, svolge altresì la propria attività peritale e professionale con particolare riferimento al diporto commerciale, allo shipping e alla gestione/consulenza afferente all’esercizio delle unità navali. Attivo dal 2015 nella divulgazione in campo nautico, ha partecipato alla stesura della pubblicazione “La riforma della nautica da diporto” e collaborato con varie testate specializzate nella nautica. Docente e formatore, ha tenuto vari corsi e seminari dedicati al cluster marittimo. A tutt’oggi è titolare dello Studio Tecnico Navale Daniele Motta, meglio conosciuto come Marine Consultants & Surveyor (www.perizienavali.it). Avete domande per il Per. Navale Daniele Motta? Scrivete all’indirizzo e-mail: info@mondobarcamarket.it – info@studiomcs.org o telefonare al Cell. +39 389 0063921 |