Sliding jigging verticale: trucchi e caratteristiche per l’esecuzione
Lo sliding jigging è una sfaccettatura del vertical jigging, nata in Giappone. La differenza principale rispetto ad altre tecniche è che il piombo è libero di scorrere sulla lenza: in questo modo il pescatore può variare l’azione e la profondità del jig in modo fluido e naturale, rendendo l’esca più attraente per i predatori. Il movimento dell’artificiale, infatti, andrà a imitare il comportamento di una preda, ingannando così anche i pesci più sospettosi.
Le tecniche di pesca importate dal Giappone, come il tai rubber o lo sliding jigging, richiedono l’uso di esche artificiali specifiche, progettate per mimare il movimento e l’aspetto di prede naturali.
L’artificiale si compone essenzialmente di 3 parti: c’è il piombo, che costituisce la “testa” dell’esca e di solito è colorato e decorato con grandi occhi per attirare l’attenzione dei pesci; segue il gonnellino, una parte in silicone che va a simulare i tentacoli di piccoli cefalopodi come seppie, polpi o calamari, dando l’impressione che stiano nuotando; infine c’è l’assist, ovvero i due ami legati su uno spezzone di dacron, pronti a intrappolare il pesce quando morde l’esca. Ogni parte del sistema è personalizzabile sia nelle dimensioni che nei colori.
Il movimento risulterà molto naturale, anche perché non c’è alcuna resistenza né appesantimento, di solito dovuti al piombo, che a volte può essere di generose grammature.
Negli ami che troviamo con la nostra esca possiamo innescare un po’ di tutto, in base al tipo di pesce che intendiamo insidiare: gamberi, strisce di calamaro, sardine e vermi sono tra i più comuni. È ormai da qualche anno che mi cimento in questa tecnica, che sa ogni volta farmi emozionare con catture inaspettate e sempre diverse.
Le prede principali nelle quali potremmo imbatterci sono pesci di fondale, come gallinelle, scorfani, pagri, pagelli, gronghi, orate e mustelle solo per citarne alcuni, ma non è raro catturare anche altre specie.
Possiamo praticare lo sliding jigging sia con leggero scarroccio che in verticale sopra a eventuali zone rocciose o anfratti interessanti che scorgeremo con l’aiuto del nostro ecoscandaglio. Conoscere bene le zone di pesca ci aiuta a selezionare le specie che andremo a cercare.
Le canne adatte sono quasi sempre monopezzo o offset al manico, con vette piene riportate in fibra di vetro, che ci permettono di avere maggiore sensibilità e contatto con l’esca e con il fondale. In bobina un buon trecciato dall’1.0/1.2 con un finale in fluorocarbon, che può oscillare dallo 0,22 al 0,50 in base alle nostre esigenze. Ricordiamoci però che non è difficile imbattersi in gronghi, anche molto grossi, che possono mettere a dura prova le nostre attrezzature.
Vi consigliamo di provare queste nuove tecniche.
Una canna, qualche artificiale e tutti a pesca!