L’arbitrato è sempre più vicino alla nautica da diporto
Il diporto nautico consiste nello svolgimento di una attività con un mezzo nautico impiegato a scopi sportivi o ricreativi e senza fine di lucro. Da tale attività, nella sua accezione più ampia, possono ovviamente derivare numerosi rischi e, conseguentemente, contenziosi. Non tutti sono a conoscenza del fatto che oggi è possibile rivolgersi a un arbitrato allo scopo di dirimere controversie nate dalla proprietà o dall’utilizzo di unità da diporto.
L’arbitrato, fino a pochi anni fa appannaggio dello shipping puro (ovvero l’utilizzo di navi a fini strettamente commerciali), è in fase di diffusione, tanto che oggi molti cantieri e rivenditori di yacht, così come alcuni porti turistici, prevedono il ricorso a questo strumento alternativo alla giustizia ordinaria, anche per la sua flessibilità e per la brevità del procedimento arbitrale.
Sono oggi in uso modelli contrattuali e clausole compromissorie inserite nei contratti che riguardano la nautica da diporto, e che derivano tutti indirettamente dai formulari marittimi internazionali, opportunamente modificati in virtù della diversità dell’oggetto, ovvero unità da diporto e non mercantili, ma anche in base alla prassi applicata al settore di riferimento.
Tali modelli, sia per il noleggio o la locazione sia per la compravendita delle imbarcazioni nuove o second hand, prevedono, in caso di controversie insorte tra le parti, il ricorso all’arbitrato, fatta salva la possibilità per le parti di derogare a detta previsione contrattuale.
Le motivazioni che in campo internazionale hanno reso preferibile l’arbitrato, specie in ambito marittimo commerciale, ma anche nel diporto nautico, sono la celerità del procedimento e delle decisioni, nonché la competenza specifica dei giudicanti. Questi fattori assumono particolare rilevanza in un settore così specifico e in costante evoluzione come lo shipping.
COS’È L’ARBITRATO
L’arbitrato è una procedura di giustizia alternativa di composizione delle controversie che non abbiano per oggetto diritti indisponibili o per le quali non vi sia espresso divieto di legge, disciplinata dal Codice di Procedura Civile. Consiste nell’affidare a un organo arbitrale (arbitro unico o collegio arbitrale) l’incarico di risolvere una controversia mediante una decisione (il lodo), che sarà vincolante per le parti.
Possono ricorrere all’arbitrato persone fisiche, imprese, professionisti ed enti pubblici. In questo modo, le parti possono ottenere una risoluzione della loro controversia per effetto della pronuncia di un lodo (decisione) da parte di un arbitro terzo, individuato d’accordo fra le stesse parti.
Se le parti si accordano prima sul ricorso a un arbitro terzo, in caso di insorgenza di un dissidio, tramite clausola arbitrale, la procedura è più veloce perché saranno già stabilite a priori le regole da seguire (ad esempio, in tema di metodo di nomina degli arbitri o di sede competente).
Se invece si decide di ricorrere all’arbitrato dopo che la lite è già sorta, le parti firmano un accordo scritto, chiamato compromesso, con cui delegano la decisione a una terza persona estranea ai fatti. I vantaggi sono molteplici: tempi certi e rapidi, costi contenuti e predeterminati, riservatezza, specifica competenza degli arbitri, garanzie di imparzialità e indipendenza, regole definite.
TIPOLOGIE DI ARBITRATO
L’ordinamento italiano prevede in sostanza due tipi di arbitrato: l’arbitrato rituale e l’arbitrato irrituale. In comune hanno il fatto che le parti si siano già espresse, in forma scritta, sulla volontà di farvi ricorso per controversie insorte (tramite compromesso) o che potrebbero insorgere (tramite clausola compromissoria).
Le differenze tra arbitrato rituale e irrituale riguardano soprattutto l’efficacia del lodo (decisione finale): il lodo rituale ha la stessa efficacia di una sentenza e vale come titolo esecutivo; il lodo irrituale non può diventare direttamente titolo esecutivo, ma può essere utilizzato, ad esempio, per chiedere un decreto ingiuntivo o come prova documentale nel corso di un giudizio.
Se non viene specificato con quale tipo di arbitrato si intende procedere, potrebbe essere difficile comprenderlo. In ogni caso è essenziale definirlo perché, in caso di contestazione della decisione arbitrale, le modalità atte a impugnare il lodo sono diverse a seconda del tipo di arbitrato scelto.
L’arbitrato rituale, disciplinato dagli articoli 806 e seguenti del Codice di Procedura Civile, pur ponendosi come procedura alternativa al ricorso al giudice, ha tutti i crismi del giudizio, e infatti il “lodo arbitrale” che mette fine all’arbitrato avrà l’efficacia propria di un provvedimento giudiziale. La legge, infatti, riconosce al lodo arbitrale gli stessi effetti di una sentenza pronunciata in primo grado dal Giudice ordinario.
Il legislatore, tuttavia, non specifica esattamente le modalità secondo le quali è corretto porre in essere l’arbitrato: lascia che siano le parti a dettare le regole; invero, generalmente sono le stesse camere arbitrali a stabilire le regole attraverso i propri regolamenti oppure sono gli avvocati che assistono le parti, unitamente agli arbitri prescelti, ad accordarsi sulle regole a cui ci si atterrà.
Certamente si impone che venga rispettato il diritto al contraddittorio, e quindi alla difesa delle proprie posizioni, garantendo la parità di armi processuali.
L’arbitrato rituale si apre con l’accettazione degli arbitri del mandato ricevuto.
L’atto introduttivo del procedimento arbitrale, con cui una parte rende noto all’altra l’arbitro che essa nomina, deve contenere anche la corretta individuazione del diritto che si vuol far valere (Cass., 8.4.2003, n. 5457). Infatti, solo una domanda arbitrale validamente specificata, con l’individuazione di petitum e causa petendi, seppur libera nella forma (Cass., 10.2.2003, n. 2472), consente il prodursi di effetti equivalenti a quelli realizzati con la proposizione della domanda giudiziale.
Qualora si dovesse scegliere di rivolgersi a più di un arbitro, chi dà inizio alla lite nomina il proprio e lo rende noto alla controparte. I due arbitri nominati scelgono a loro volta un terzo arbitro come Presidente. Si stabiliscono i termini per presentare memorie e prove e per ascoltare le parti. La procedura si conclude con il lodo arbitrale.
L’arbitrato irrituale, invece, è disciplinato dall’articolo 808 ter del Codice di Procedura Civile. In questo caso le parti hanno stipulato un accordo di natura contrattuale, vincolante come qualsiasi patto negoziale, e gli arbitri fungono da mandatari più che da giudici. L’atto con il quale si conclude l’arbitrato irrituale rimane ben distinto dalla sentenza, della quale non potrà mai acquisire né l’efficacia né l’attitudine a essere assoggettato a mezzi di impugnazione, propri invece delle sentenze e del lodo reso nelle procedure di arbitrato rituale.
Il lodo di arbitrato irrituale può essere impugnato, ma solo per gli stessi motivi per cui sarebbero ritenuti invalidi dei contratti qualsiasi, mai per iniquità (ingiustizia). Se l’arbitro decide con professionalità, nel rispetto del regolamento, l’arbitrato irrituale è assolutamente vincolante; in caso d’inadempimento, invece, le parti potranno ricorrere al giudice ordinario.
L’ARBITRATO NEL DIPORTO
L’applicazione dell’arbitrato nel diporto è un fenomeno già ampiamente diffuso sia sul piano internazionale, dove è sempre più frequente la previsione di un arbitrato all’interno dei formulari e dei contratti maggiormente utilizzati, sia sul piano nazionale, dove, anche se in misura inferiore rispetto all’estero, il ricorso all’arbitrato è molto praticato soprattutto con riguardo al settore della compravendita o della costruzione di megayacht.
L’International Yacht Arbitration Council, ad esempio, ha istituito un sistema di risoluzione, mediante arbitrato o mediazione delle controversie commerciali marittime, che viene gestito in applicazione del proprio Regolamento.
Gli arbitrati sono condotti da arbitri certificati appositamente selezionati dalle parti sulla base di un elenco redatto dal Consiglio Arbitrale in conformità con il Regolamento che si rifà principalmente alle “UNCITRAL Rules” adeguate alle esigenze istituzionali del Collegio Arbitrale. Quando una parte avvia l’arbitrato, il Consiglio Arbitrale, l’arbitro o gli arbitri nominati forniscono servizi amministrativi per facilitare la conduzione del caso.
Tali servizi amministrativi includono la pianificazione e l’organizzazione fisica delle udienze, l’emissione di avvisi e ordini quando richiesto, l’organizzazione degli onorari degli arbitri e l’esecuzione di altri servizi.
La suddetta non è certamente l’unica camera arbitrale di riferimento nel settore nautico; anzi, recentemente ne sono state istituite anche a livello nazionale e sono oramai operative, svolgendo la propria attività al fianco degli operatori del settore nautico, delle marine e dei diportisti.
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