Navigare in Italia con bandiera straniera: implicazioni per il diporto
Da quanto si apprende da notizie di cronaca nazionale, sempre più diffusa è la circolazione di imbarcazioni battenti bandiera straniera.
Negli ultimi anni, infatti, sembra che molti diportisti italiani abbiano dismesso la bandiera nazionale, preferendo registri di altri Paesi UE, come la Polonia. Tuttavia, come emerge da stampa specializzata, le autorità di altri Stati membri – in particolare, da ultimo, la Grecia – hanno avviato mirate attività investigative su tali imbarcazioni, con azioni di accertamento tese a verificare il rispetto delle regole di settore, tra le quali anche il corretto assolvimento dell’IVA.
Tanto premesso, appare opportuno rammentare che – nel nostro Paese – per ottenere l’autorizzazione a navigare, le imbarcazioni da diporto devono previamente essere registrate nell’Archivio telematico centrale delle unità da diporto (ATCN).
Una volta adempiuta tale formalità, le imbarcazioni potranno esporre la bandiera italiana1. Più nel dettaglio, il processo di identificazione nei registri nazionali richiede il rispetto di una rigorosa procedura che, inter alia, prevede la dimostrazione dell’assolvimento dell’IVA all’atto di acquisto o in occasione dell’importazione dell’imbarcazione.
LA NAVIGAZIONE CON BANDIERA STRANIERA
Ciò premesso, la navigazione nelle acque territoriali nazionali di unità da diporto non battenti bandiera italiana è parimenti ammessa.
Le imbarcazioni da diporto con bandiera straniera di uno Stato membro dell’UE
In particolare, le unità da diporto che battono bandiera di uno Stato membro dell’Unione Europea possono navigare liberamente nelle acque territoriali italiane senza alcuna limitazione, a condizione che – tra gli altri adempimenti regolatori previsti – abbiano assolto l’IVA. La particolare imposta – esigibile all’immissione in consumo nel singolo Stato membro – non è applicabile nei rapporti tra privati. Diversamente, qualora un soggetto privato acquisti un natante da un venditore “professionista” (che esercita attività commerciale), l’IVA è assolta nello Stato membro in cui si trova il bene al momento della cessione.
Ebbene, da recenti evidenze di cronaca unionale, il ricorso alla bandiera estera sembra rappresentare talvolta un espediente adottato per aggirare la normativa vigente ed evitare il dovuto pagamento dell’IVA. Tale artificio (fraudolento) trova terreno fertile in alcuni ordinamenti nazionali ove – come avviene in Polonia – il sistema normativo nazionale non obbliga il diportista a dimostrare l’avvenuto assolvimento dell’IVA in fase di registrazione dell’imbarcazione. Questo fenomeno è stato ormai messo a fuoco dalle autorità di controllo che, con specifiche azioni investigative e controlli incrociati, sono in grado di rilevare eventuali violazioni e contestare le sanzioni localmente previste.
Le imbarcazioni da diporto con bandiera straniera di uno Stato extra-UE
Per completezza, è bene precisare che è ammessa la libera circolazione unionale di natanti con bandiera extra-UE, senza l’applicazione di alcuna fiscalità di confine (dazi e IVA), per effetto del ricorso al c.d. “regime dell’ammissione temporanea”.
L’ammissione temporanea è il regime che consente l’utilizzo nel territorio doganale dell’Unione, in esonero totale o parziale dai dazi all’importazione e senza che siano soggette alle misure di politica commerciale o ad altri oneri, di merci non unionali destinate a essere nuovamente esportate senza aver subìto modificazioni, a eccezione della loro svalutazione a seguito dell’uso.
Del resto, la regola generale prevede che, salvo altrimenti disposto, le autorizzazioni per l’uso del regime di ammissione temporanea sono concesse a condizione che la posizione delle merci vincolate al regime rimanga la stessa. Tuttavia, possono essere autorizzate le riparazioni e le operazioni di manutenzione (art. 204 Reg. UE 2446/2015, RD), incluse le revisioni e le messe a punto o le misure destinate a conservare le merci o a garantirne la compatibilità con i requisiti tecnici indispensabili per consentire il loro utilizzo nell’ambito del regime.
IL REGIME DELL’AMMISSIONE TEMPORANEA
Il regime dell’ammissione temporanea2, prevede due tipologie:
· la temporanea importazione in esonero totale dai dazi;
· la temporanea importazione in esonero parziale dai dazi.
Ai sensi dell’art. 250 del Reg. UE 952/2013 (CDU), il regime di ammissione temporanea può essere utilizzato a patto che siano soddisfatte le seguenti condizioni:
a) le merci non siano destinate a subire modifiche, a eccezione del loro deprezzamento normale dovuto all’uso;
b) sia possibile garantire l’identificazione delle merci vincolate al regime3;
c) il titolare del regime sia stabilito al di fuori del territorio doganale dell’Unione, salvo che sia altrimenti disposto4;
d) siano soddisfatti i requisiti relativi all’esenzione totale o parziale dai dazi stabiliti nella normativa doganale.
Tra le merci ammesse temporaneamente in esonero totale dai dazi all’importazione, sono previsti i mezzi di trasporto, palette, container e relativi pezzi di ricambio (artt. da 201 a 211 del RD)5.
In particolare, tale regime consente, nel rispetto di determinate condizioni, l’accesso nel territorio dell’Unione Europea, comprese le sue acque territoriali, ai mezzi di trasporto immatricolati al di fuori del territorio doganale UE ovvero, se non immatricolati, di proprietà di persona non stabilita, senza che siano applicati dazi e IVA e senza obbligo di presentare alcuna dichiarazione doganale né cauzione.
Il regime dell’ammissione temporanea è limitato a un determinato periodo di permanenza entro le acque territoriali unionali (18 mesi per le imbarcazioni per uso privato, e limitato al tempo necessario per effettuare le operazioni di trasporto per l’uso commerciale), trascorso il quale sorge l’obbligo di chiedere l’importazione definitiva con pagamento dei diritti doganali e dell’IVA (il c.d. “termine di appuramento”).
BARCA CON BANDIERA STRANIERA? VA INDICATA NELLA DICHIARAZIONE DEI REDDITI
Infine, è il caso di segnalare che, ove un contribuente italiano sia proprietario di una imbarcazione con bandiera di uno Stato estero, sarà tenuto a dichiararne la proprietà nella dichiarazione annuale dei redditi nel quadro RW. Del resto, come noto, il legislatore nazionale identifica nelle imbarcazioni da diporto potenziali indici di capacità contributiva.
L’articolo 4, comma 1, del decreto legge 28 giugno 1990, n. 167, convertito dalla legge 4 agosto 1990, n. 227 (c.d. “monitoraggio fiscale”) prevede infatti che le persone fisiche, gli enti non commerciali e le società semplici ed equiparate residenti in Italia, che al termine del periodo d’imposta detengono investimenti all’estero, ovvero attività estere di natura finanziaria, attraverso cui possono essere conseguiti redditi di fonte estera imponibili in Italia, devono indicarli nella dichiarazione dei redditi.
Al riguardo, come chiarito dalla circolare n. 43 del 10 ottobre 2009, affinché un investimento all’estero sia inserito all’interno della dichiarazione dei redditi annuale, non è necessario che la produzione di un reddito tassabile sia effettiva, ma è sufficiente che sia solo potenziale o astratta. Per tale ragione, rientrano tra le attività estere di natura patrimoniale da indicare nel quadro RW anche gli yacht e le imbarcazioni o le navi da diporto “estere”.
VANTAGGI PER LA BANDIERA ITALIANA: IL NOLEGGIO OCCASIONALE
Tuttavia, anche l’ordinamento italiano riconosce vantaggi in relazione alle imbarcazioni battenti bandiera italiana, ad esempio in virtù della disciplina del c.d. “noleggio occasionale”.
Il noleggio occasionale, introdotto nell’ordinamento nazionale mediante il decreto legge 1/2012 (c.d. “Decreto Monti”), consente infatti ai titolari (che siano persone fisiche o società, purché non aventi per oggetto sociale il noleggio o la locazione) e agli utilizzatori in locazione finanziaria di imbarcazioni e navi da diporto, di concederle, in forma occasionale, in noleggio.
In particolare, il noleggio occasionale di un’imbarcazione non costituisce un “uso commerciale dell’unità” e i proventi – solo se i contratti hanno una durata complessiva non superiore a 42 giorni – possono essere assoggettati a una imposizione sostitutiva del 20%, con esclusione della detraibilità o deducibilità dei costi e delle spese sostenute relative all’attività di noleggio. Tale tipo di attività, come previsto dall’articolo 49 bis del decreto legge 18 luglio 2005 n. 171, può essere esercitata soltanto da “imbarcazioni o navi da diporto iscritte nei registri nazionali”.
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NOTE:
1- Per un maggiore approfondimento degli adempimenti connessi alla registrazione delle imbarcazioni da diporto nei registri nazionali, si rimanda interamente all’articolo “La registrazione delle imbarcazioni da diporto” pubblicato su questa rivista nel mese di luglio 2023.
2- Si veda al riguardo anche la circolare 28 giugno 2001 n. 30/D.
3- Salvo quando, tenuto conto della natura delle merci o dell’uso previsto, l’assenza di misure di identificazione non può dar adito a un’utilizzazione abusiva del regime oppure, nel caso di cui all’art. 223 (CDU), quando è possibile verificare se sono soddisfatte le condizioni previste per le merci equivalenti.
4- Fatto salvo quanto disposto da ultimo dal Reg. (UE) n. 2018/1063, che ha apportato, come comunicato con la nota prot. n. 93632 del 28 agosto 2018 dell’ADM, modifiche ad alcune norme del Reg. (UE) n. 2446/2015 – RD.
5- Anche per il regime di ammissione temporanea è stato previsto l’uso di merci equivalenti ma solo per determinate ipotesi previste negli artt. da 208 a 211 RD, e cioè rispettivamente per le palette e le relative parti di ricambio e accessori e i container, le relative parti di ricambio, gli accessori e le attrezzature.
Avv. Massimo Fabio, Avv. Giulia Ripa e Avv. Beatrice Brunetti