La pesca alla piccola traina costiera: come catturare la lampuga
Il concetto di questa tecnica, usata già dagli antichi greci, è quello di “trascinare” un’esca calata a poppa dell’imbarcazione e conferirle il giusto movimento, cosi che possa sembrare, ai pesci, una loro abituale preda. Si racconta che questa pesca nacque nel 1800 A.C. in Mar Egeo precisamente attorno all’odierna isola di Santorini.
I pescatori videro un enorme branco di pesci sostare sotto un tronco d’albero alla deriva e con ami a cui avevano legato piume di gabbiano riuscirono a issare a bordo decine e decine di caponi.
A seconda dell’ imbarcazione, dell’attrezzatura e della preda insidiata la traina si suddivide in piccola o costiera, media e grande traina ai grossi pelagici.
Ci soffermeremo a descrivere la piccola traina, che nel periodo di fine inverno dà grandi risultati, specie se praticata in superficie.
Basta andar per mare con un cucchiaino o una piumetta trainata per capire che a volte la piccola traina non è poi tanto “piccola”. La pesca suddetta può essere praticata con imbarcazioni e attrezzature da migliaia di euro, come può andar benissimo un gozzo da 3 o 4 metri con motori da 4 cv.
Tra settembre e febbraio lungo la costa transitano e accostano ricciole di branco, lampughe, palamite e tonnetti. La traina costiera è praticata spesso con attrezzature che hanno costi poco elevati. Si può trainare con la lenza a mano o con canne da 1218 lbb con mulinelli rotanti.
Possono essere utilizzate esche vive, artificiali, piumette e cucchiaini. Le esche vive si utilizzano solitamente per prede di grosse dimensioni quali ricciole o dentici; artificiali, piumette e cucchiaini per specie ittiche pelagiche che ritroviamo prossime al sottocosta.
Questa pesca è praticata in Sicilia e soprattutto nella parte meridionale da molti diportisti. Le ricciole di branco i tonnetti e lampughe in questo periodo affollano le acque costiere, ed un via vai di imbarcazioni vanno alla ricerca di questi pelagici color oro e argento.
Di supporto a questa pesca sono stati i “Cannizzi”, adesso vietati, delle strutture costituite da rami di palma legati insieme e tenuti a galla da bottiglie e bidoni vuoti di plastica o fogli di polistirolo. Sono ancorati al fondale con lunghe cime di materiale riciclato a cui sono attaccati due conci di tufo o una cassetta di legno piena di cemento. L’utilità di tali strutture è quella di fornire ombra. Ombra che le lampughe cercano disperatamente e che una volta trovata sono soliti sostarvi per diverso tempo.
Allora la pesca si orienta soltanto su di una specie, diventando estremamente selettiva, ci si dirige verso i cannizzi che si trovano ad un centinaio di metri l’uno dall’altro e si comincia a girarvi intorno con i polpetti in silicone bianchi o rossi, cucchiaini e anche rapala, dando bando all’incirca a 50 metri di lenza.
La velocità di traina è di 3 o 4 nodi, girando attorno ai cannizzi si strattona la lenza tanto da dare all’esca quello scatto che sembra una fuga e che ovviamente un predatore come il capone non può rifiutare. Le esche al silicone sono dotate di un’ ancoretta che permette l’ abboccata del pesce.
Pesca che si praticata col sole alto, ma che dà buoni risultati anche al calar del sole, seguendo la scia dei cannizzi.
Le lampughe accostano verso luglio/agosto ancora sottotaglia, ma nel giro di un paio di mesi raggiungono il peso di un chilo.
Le dimensioni dei pesci solitamente sono sempre molto simili, A novembre raggiungono un peso che va dagli 800 grammi ad un chilo, Capita di pescarne alcuni superiori ai dieci chili ma ormai è diventato sempre più raro.
Rimangono sottocosta sino ad inverno inoltrato, dove hanno un peso già di un paio di chili, dopodiché scompaiono seguiti dalle piccole ricciole di branco e dai tonnetti che anch’essi accresciutesi si dirigono verso altre acque.
Identikit:
La lampuga (Coriphaena Hippurus) è un pesce che vive praticamente in tutti i mari del mondo, tropicali e sub-tropicali, compreso il Mediterraneo. In Italia è un pesce abbastanza comune nel Tirreno Meridionale e intorno alle nostre isole maggiori mentre è più raro in alto Adriatico.
Pesce di taglia medio-grande, è caratterizzato dal corpo molto allungato ed estremamente compresso lateralmente. La lampuga può raggiungere i 190 cm. di lunghezza.
La taglia media dei pesci catturati in Mediterraneo è tra il chilo ed i tre chili di peso, con rari esemplari che superano i dieci, quindici chili di peso. La pelle appare liscia al contatto perché interamente ricoperta da scaglie minutissime. La linea laterale è ondulata e forma una V rovesciata sopra le pinne pettorali. Il dimorfismo sessuale è spiccato ed i rappresentanti dei due sessi si caratterizzano per la forma differente della testa che nei maschi, con l’età, assume un profilo più ampio, fino a diventare quasi verticale.
La bocca è obliqua e non particolarmente grande, con la mandibola leggermente prominente. I denti sono uncinati con la punta rivolta all’interno della bocca. Sono presenti anche sulla lingua.
La pinna dorsale è unica e molto lunga ed alta mentre la anale è meno sviluppata.
Le ventrali possono essere ripiegate indietro e trovare alloggiamento in una depressione del corpo, caratteristica tipica dei grandi nuotatori. La coda, piuttosto allungata, è profondamente forcuta, coi lobi di uguali dimensioni.
La colorazione della lampuga è qualcosa di strabiliante. Il dorso e la lunga pinna dorsale variano tra l’azzurro ed il verde con incredibili riflessi metallici. I fianchi sono brillanti con splendidi riflessi argentati e dorati. Sono presenti e ben visibili numerosi punti e piccole macchie dorate probabile origine del nome spagnolo di “dorado”.
I colori purtroppo scompaiono subito dopo la morte dell’animale. La sua alimentazione di pesce predatore del mare aperto si basa su alici.
Come si pesca
Tenere pronti un gran numero di terminali
Appena si ha la prima allamata, si recupera e si lascia il capone a tre o quattro metri dalla poppa. Si blocca il filo o la canna con il pesce allamato e qui inizia il divertimento: si calano in mare gli altri terminali e le catture saranno multiple e garantite. Calare subito in acqua la nostra esca, vicino ai caponi che si sta trainando, e “I compagni ” non esiteranno a correre dietro alle nostre esche. Questa “giostra” di catture durerà qualche minuto, ma le catture saranno assicurate.
La tecnica
Artificiali quali calamari siliconati, piumette, testine piombate.
Lenza in nylon da 0.40.50 mm
Velocità di traina: variabile dai 2 ai 4 nodi
Strattoni costanti alla lenza per simulare la fuga dell’esca.