Il Gelcoat come elemento di finitura della vetroresina
E’ ormai tempo d’estate e, come ogni anno, migliaia di imbarcazioni colorano le banchine, i porti, le gole, le calette con i loro gelcoat “tirati a lucido” e “curati” (spesso con amore maniacale) anche dagli stessi armatori, che, corazzati di tanto olio di gomito ed un’infinità di prodotti (talvolta non proprio indicati) si adoperano con enorme perseveranza per rendere il proprio gioiello più brillante che mai.
E’ vero anche che, terminata la usuale stagione di rimessaggio, quasi ogni armatore è solito richiedere al cantiere un classico trattamento di lucidatura alle murate, che prima del nuovo varo tiri via lo sporco e i segni del tempo che si sono accumulati sulla superficie della propria imbarcazione, riportando all’originale splendore il gelcoat, cioè quel materiale che dà il colore alla barca.
Ma siamo sicuri di aver definito in maniera corretta il Gelcoat come “un materiale che colora” ? E se lo avessimo chiamato semplicemente “pittura” per barche?
Beh, la risposta a queste domande è molto semplice: il Gelcoat non è propriamente una pittura, uno smalto o cose del genere.
Esso, infatti, da un punto di vista chimico è più simile ad una resina.
Nello specifico, il Gel è una sostanza a base di resina (fra l’altro anche qui, in base ai vari tipi di resine, possono esservi tipologie differenti di prodotti) pigmentata (e quindi colorata) che fornisce lo strato di finitura superficiale della stragrande maggioranza di prodotti in vetroresina. Tra l’altro, oltre a donare il colore, protegge i vari strati di fibra e resina che compongono il laminato dell’imbarcazione dall’azione degli agenti atmosferici e marini e dall’acqua salmastra.
Attenzione, però! Il grado di protezione dipende da molteplici fattori quali:
– La natura chimica del gelcoat
– Le condizioni in cui è stato applicato
– Il deterioramento che ha subito nel tempo
Ora, tralasciando quelli che possono essere gli inevitabili segni degli anni (tutti i materiali, da quelli tradizionali a quelli non convenzionali, subiscono deterioramenti col trascorrere del tempo), sicuramente il punto da cui partire è quello della natura chimica del gelcoat.
Come abbiamo accennato prima, esistono diverse miscele di resine pigmentate, ma proprio perché largamente impiegato, il VTR sarà esposto alle condizioni di esercizio più disparate e variegate. Mi spiego: sia la nostra barca che lo stampo da cui è stata generata sono realizzati probabilmente in VTR. Quindi, sono due prodotti essenzialmente simili per composizione. Tuttavia, uno stampo non sarà quasi mai sottoposto alle sollecitazioni dinamiche di un’imbarcazione e allo stesso modo, per quanto possono essere variabili le condizioni atmosferiche, non sarà mai esposto agli stessi stress di temperatura e raggi ultravioletti che invece una barca subisce. Parimenti, un’imbarcazione non sarà mai sottoposta alla stessa azione continua dell’acqua di una piscina (che può essere anch’essa un prodotto in vetroresina gelcottata).
Venendo al dunque, non si può pensare – vista la diversità di utilizzi della vetroresina – che il gelcoat sia un materiale univocamente determinato ed è importante sapere con quale tipo sia stata realizzata la propria imbarcazione.
Personalmente, tralasciando il discorso dei gelcoat epossidici (che sono ancora poco utilizzati in questo settore), mi sincererei che la mia barca non sia stata verniciata con un gelcoat ortoftalico, perché questi ultimi non presentano quelle caratteristiche di resistenza chimica che un gelcoat di un’imbarcazione deve possedere.
Le imbarcazioni, infatti, nei porti sono immerse sovente in acque non propriamente pulitissime, ricche di elementi organici sintetici che aggrediscono chimicamente la loro superficie.
Già se sappiamo che l’imbarcazione è stata dotata di un gelcoat di tipo isoftalico, invece, possiamo esser più tranquilli poiché questa tipologia offre maggiori garanzie in termini di caratteristiche chimico-fisiche e proprietà meccaniche.
Ancor meglio,infine, se il gelcoat utilizzato avrà una natura di tipo Iso-Neopentilica, in quanto proprio questi prodotti, ad oggi, presentano le migliori performance in termini di resistenza chimica ed all’acqua.
Conoscere la natura del proprio gelcoat è utile, inoltre, per tutti quelli che saranno i trattamenti successivi che l’imbarcazione dovrà subire.
Col tempo, graffi, ingiallimenti, scalfitture e similari ci richiederanno di far ricorso ad un operatore specializzato che riporti in vita l’antico splendore della superficie gelcottata.
Fra l’altro, quando si effettuano operazioni di carrozzeria “a posteriori” è molto importante lavorare con una soluzione di gelcoat miscelata con paraffina per evitare il caratteristico effetto “appiccicoso” e la conseguente poca carteggiabilità del substrato ripristinato. In ultimo, ma non per importanza, mi sento sempre di consigliare, prima di far realizzare un “ritocco di rifinitura”, di contattare il cantiere costruttore per conoscere oltre al tipo, anche il nome del produttore del Gel (ne esistono diversi: Reichhold, DSM, Ashland, solo per citarne alcuni) ed eventualmente il lotto di produzione. Infatti, e non è pedanteria, ancorché alcuni identificativi dei colori siano gli stessi, è sempre bene tenere in mente che possono esserci delle variazioni tonali (sia pur minime da un produttore ad un altro che si rendono evidenti, allorché, terminato il lavoro di rifinitura localizzata, resta una fastidiosa “macchia di colore”.