Vivo vs Vivo
Il freddo e piovoso inverno ha lasciato posto alla primavera, il sole è tornato a fare capolino e le giornate si stanno allungando. Proporzionalmente anche l’acqua gelida e torbida è uscita di scena e di conseguenza, il pesce foraggio si mette nuovamente in movimento. Quale sarà la migliore esca in questo repentino cambio di scenario? Solo le prove ripetute potranno darci l’ardua sentenza!
UNO SCENARIO CHE CAMBIA
Con il riscaldarsi dell’acqua nel sottocosta e l’abbassarsi del termoclino, calamari e seppie iniziano i riti dell’accoppiamento ed, ad uova deposte, spariranno velocemente.
I grossi branchi di foraggio, invece, iniziano ad accostare, creando grosse palle di mangianza nelle batimetriche tra i 25 ed i 45 metri, divenendo facile preda dei nostri sabiki ed al tempo stesso dei dentici in movimento in branco per l’avvicinarsi del montone.
In questa fase, la scelta di un’esca da mandare a fondo può essere veramente difficile, poiché seppur è vero che l’indice di gradimento sui cefalopodi è sempre maggiore, è anche vero che i pesci sono oggi sempre più smaliziati ed a volte, proporre una facile leccornia in mezzo ai guizzi di centinaia di sgombridi impauriti, può apparire anacronistico anche al meno navigato dei predoni.
LA RICERCA DELL’ESCA
Per cercare i calamari sarà d’obbligo, in questo fine di stagione, attendere l’imbrunire o la classica levataccia, poiché nelle ore in cui il sole non fa da padrone è repentino l’abbassamento della temperatura dell’acqua ed i cefalopodi accostano velocemente alla ricerca di cibo.
Un aspetto molto importante in questa fase di stagione è rappresentato dal fatto che i calamari mangiano spesso a fondo, l’uso quindi di un lungo bracciolo vicino al piombo, insieme alle classiche totanare in “suspending”, può facilitarci il compito.
La ricerca di sgombri e sugarelli, invece, andrà effettuata sulle cigliate. Qualunque salto di profondità, infatti, tra i 20 ed i 40 metri potrà essere zona di reperimento esche, e con una veloce scandagliata, al primo accenno di “palla di pesce”, basterà mandare giù colorati sabiki per avere in poco tempo una vasca popolata di esche.
PREDONI DI FONDO MA NON DI PROFONDITA’
Un aspetto molto importante della traina con il vivo in questo periodo è rappresentato dalle differenti batimetriche su cui insidiare i pesci.
Da un lato, la ricerca del grosso pesce da record, andrà effettuata sulle secche profonde.
Scogli anche isolati con profondità che parte dai 40 per arrivare fino ai 60 e, perché no, 70 metri.
Esca principe in questa ricerca sarà il calamaro o la grossa seppia.
Per chi, invece, pur restando nel rispetto delle normative, volesse cimentarsi con catture multiple di pesci non oversize, le batimetriche su cui pescare con il vivo, varieranno dai 25 ai 35 metri e l’esca sarà rigorosamente lo sgombro, ma anche il bel sugarello e perché no, la boga, diranno la loro, dimostrando come in competizione alimentare questi pesci non si fanno scrupoli ad attaccare anche due esche per volta simultaneamente.
ATTREZZI DIVERSI PER PROFONDITA’ DIVERSE
Avendo suddiviso la scelta dell’esca e delle prede non possiamo che consigliare al meglio la scelta delle attrezzature in funzione della tipologia di pesca che andremo ad effettuare.
Per chi deciderà di pescare in profondità, tentando il pesce record, non possiamo che dire che una canna da 12/20 lbs. Con un trecciato da almeno 60 lbs ed un terminale in nylon della stessa forza meglio se doppiato nell’ultimo metro saranno d’obbligo. La piombatura sarà variabile ma mai al di sotto dei 500gr. Fino a 45 mt. e 750gr. Per arrivare a pescare ai famigerati 70 mt.
Avventurarsi invece nei pesci imbrancati ci costringerà ad utilizzare diametri più sottili con trecciato da 45 lbs, un terminale dello 0.51 / 0.54 ed una piombatura da 350gr. Gli ami per l’innesco dei sugarelli, delle boghe e degli sgombri, avranno il filo sottile e saranno nelle misure 4/0 in modo da garantire il massimo movimento all’esca.
ETICA OBBLIGATORIA
Ricordiamo che in questi mesi i pesci iniziano il periodo del montone, spostandosi per l’accoppiamento. Mossi dalla competizione alimentare e da una spiccata territorialità, non si fanno molti scrupoli ad aggredire qualunque cosa gli passi davanti. E’ necessario quindi evitare nel modo più assoluto le catture multiple e ripetute, specie sullo stesso spot, poiché una femmina piena di uova prelevata ci priva di centinaia di avannotti e soprattutto l’impoverimento di uno spot altera sensibilmente l’ecosistema con danni ben più gravi di quelli appena visibili nell’immediato.