Alberto Mancini: passion designer
“L’evoluzione della mia passione per il mare ha origine da un’infanzia passata su una barca a vela dove, invece di appassionarmi alla tecnica di veleggiare, ho coltivato la passione per le barche circostanti”.
Così nasce lo “yacht addicted” Alberto Mancini, giovane designer di successo, ormai affermato e riconosciuto come una promessa mantenuta della progettazione nautica.
Classe 1978 e una formazione accademica compiuta allo IED di Torino, sviluppatasi principalmente nel settore dell’automotive, che tanto ha dato al suo modo di interpretare e realizzare barche per il diporto.
“Capire la bellezza e la funzionalità di un’imbarcazione” questa la spinta, che lui stesso ci racconta, per iniziare il processo creativo lavorativo, partito partecipando allo studio dei motoscafi Riva, presso lo studio di Officina Italiana Design, dove, grazie anche alla guida e all’esperienza di Mauro Micheli “ho appreso proporzioni e stile degli yachts”, lavorando ad un Aquariva 33 ed al Rivarama 44. La sua seconda importante e formativa esperienza è avvenuta presso lo studio di Ken Freivokh design in Inghilterra, dove ha partecipato al progetto di Perini Navi di 86 mt e successivamente ha collaborato con lo studio Nuvolari Lenard.
“Tutte queste esperienze mi hanno dato modo di vedere come si costruisce uno yacht – spiega Alberto Mancini – e ho avuto modo di osservare e comprendere anche il rapporto del cantiere con la committenza. Ho avuto anche la possibilità di capire a livello artistico ed imprenditoriale il funzionamento e le dinamiche del settore, al fine di creare più barche per diversi cantieri”.
Dopo queste esperienze lavorative ha fondato, come manager partner, la Team For Design. Ad esperienza conclusa c’è stato, infine, posto per la sua attuale avventura in solitaria con l’apertura del suo studio Alberto Mancini Yacht Design. Un excursus professionale importante e già molto ricco per un così giovane designer che alla soglia dei 40 anni, dopo molti anni durante i quali ha preferito operare a Trieste, sua città natale, oggi ha deciso di spostare lo studio nel Principato di Monaco con una idea:
“Cosa disegnare e per chi disegnare, nel luogo in cui oggi vi si riconosce il fulcro dello yachting internazionale e dove ambisco a lavorare prettamente con gli armatori, così, al motto di adesso o mai più, ho preso questa decisione”.
Una scelta comprensibile per un professionista che sembra alla continua ricerca dell’innovazione e della novità da proporre. Celebre il suo Mangusta 42 e celebre la sua plancia di poppa realizzata a vetri, che è risuonata come sfida all’ingegneria e ai budget, una sfida vincente e vinta “avevo a disposizione un cantiere disposto ad investire in qualcosa di nuovo e un supporto ingegneristico di alto livello con il quale abbiamo trovato il modo di realizzare questa imbarcazione con questa particolare innovazione che è stata molto apprezzata dal mercato: ho la soddisfazione di dire che è stata venduta da brochure ad un armatore in cerca di tutto un altro tipo di imbarcazione, un Chris Craft per fare sci nautico! Quando un cantiere vuole dimostrare di saper fare, anche per la prima volta, barche in acciaio e alluminio e c’è la voglia di investire anche in progetti inusuali e più complicati si trova il feeling giusto, anche perché dal designer ci si aspettava qualcosa di innovativo che ho piacere di dire che è arrivato”.
Mangusta, Baglietto, ma anche Azimut e Fairline dove per il primo ha messo mano al Targa 63 GTO, al 64 Squadron, al 43 Targa e al 33 F-line; mentre per Azimut sta lavorando alla nuova ammiraglia S10 “È uno stimolo diverso, lavorare con il cantiere per la realizzazione di imbarcazioni di serie, mi ricorda l’approccio che ha l’automobilismo, è qualcosa di molto stimolante lavorare per questo tipo di mercato, che impone scadenze, paletti, budget, la sfida è ancora più avvincente di quella di fare barche grandi o custom. È una continua competizione con l’ergonomia, perché la differenza su barche dai 20 ai 50 piedi la fanno gli spazi, e l’armatore ricerca volumi sempre maggiori: è su questo terreno che si consuma il confronto sul mercato: sulle altezze, sugli spazi, sui volumi. Bisogna, quindi, stare alle richieste dei cantieri che vogliono altezze spropositate e larghezze importanti anche su barche di 30 piedi.
Il cantiere deve dunque necessariamente seguire le richieste del mercato, magari anticiparle, chiudendo un occhio sull’estetica, ma non sulla funzionalità”.
Funzionalità, gusto e innovazione, per questi motivi è stato designato da numerosi cantieri che si aspettano quel guizzo stilistico in più da un così giovane e preparato designer che è una perfetta fotografia dell’Italia contemporanea, dove grandi maestranze incontrano eleganza e proporzioni in un design puro, non essenziale e mai scontato e dove natura e ricerca tecnologica si sposano alla perfezione. Peccato solo che ciò si stia risolvendo nell’ennesima fuga di creatività italiana verso l’estero.
ALBERTO MANCINI YACHT DESIGN
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