Bolentino…tutto quello che c’è da sapere!
La pesca a bolentino è una delle tecniche di pesca più apprezzate dai pescasportivi, sia per la grande variabilità di prede che si possono catturare, sia per l’estrema versatilità con cui può essere affrontata in un ampio range di profondità apportando alla tecnica comunque degli accorgimenti.
E’ una pesca che richiede l’utilizzo di un supporto nautico per essere praticata, spesso imbarcazioni in vetroresina dai 4-5 metri sino ai grandi fisherman americani.
La tecnica “Bolentino” viene praticata su fondali che variano dai 10 ai 500 metri. Il bolentino risulta essere l’evoluzione naturale dei filaccioni, cioè delle lunghe lenze che montano un terminale dotato di 3 o più ami ed un piombo che porta la lenza sul fondo.
I filaccioni vengono tenuti in mano e il pesce viene ferrato e portato a bordo raccogliendo la lenza su di una mattonella di sughero. La pesca a bolentino acquisisce nomi diversi a seconda della preda insidiata e dell’attrezzatura utilizzata.
Il Bolentino leggero viene praticato sottocosta, ad una profondità che varia dai 5 ai 20 metri, il Bolentino di medio fondale viene praticato dai 25 metri sino ai 70/80 metri e dagli 80 metri ai 200/300 la tecnica di pesca è quella del Bolentino di profondità.
L’attrezzatura fondamentale del bolentinista consiste nella canna con vettino molto sensibile, un terminale dove sono collegati dai 3 ai 7 ami ed un unico piombo che si può trovare alla fine o all’inizio del terminale. Nella pesca a bolentino non viene utilizzato nessun tipo di galleggiante, bensì la pesca avviene “al tocco”, cioè avvertendo l’abboccata con una vibrazione del cimino della canna. L’utilizzo di una canna molto flessibile è importante per individuare le “toccate” del pesce, ma non deve esserlo troppo al fine di non avere squilibri con il piombo.
Le migliori zone di pesca sono in prossimità di fondali dove l’ambiente sottomarino ha dei punti di discontinuità, ad esempio dove si alternano fondali rocciosi o sabbiosi a praterie di posidonia, viene spesso anche praticata in prossimità di buche o relitti, dove la fauna ittica gode di ambienti di protezione. Una lenza invisibile risulta essere il fattore più opportuno per avere ottimi risultati, ed anche il piombo deve essere ben calibrato per evitare che la canna si inarchi se troppo pesante o rimanga in balìa della corrente se troppo leggero. In base alla profondità ed alla tecnica che andremo ad utilizzare avremo a che fare con strumenti diversi ma che nelle tre tecniche spesso svolgono la stessa funzione.
Il Bolentino leggero
Questa tecnica, forse la più praticata per essere ritenuta la più semplice e la meno dispendiosa in termini di sforzi e di danaro, viene praticata su fondali che variano dai 5 ai 20 metri.
Ci si rivolge ad un ampio numero di prede, le prede che andremo ad insidiare sono saraghi, tanute, perchie, gallinelle, boghe, pagelli, triglie, mormore, sugarelli.
Date le dimensioni delle prede anche l’attrezzatura deve essere ridotta, sovente questa pesca viene praticata con piccole imbarcazioni da sottocosta, non più lunghe di 4 metri, e pertanto anche le dimensioni delle canne da pesca devono essere correlate all’imbarcazione.
La lunghezza della canna varia da 1,50 cm a 2,00 metri, canne con una potenza di 20/60 gr, i mulinelli anch’essi imbobinati con della lenza che non superi 0,30 mm e gli ami di dimensioni dal 4 al 6.
L’azione di pesca è semplice e non richiede eccessivi sforzi, viene portata la canna al di fuori della barca, e aprendo l’archetto del mulinello viene calata la lenza in acqua. Appena il piombo toccherà il fondo sarà importantissimo praticare qualche rotazione al mulinello al fine di mettere la lenza in tensione e renderla più visibile alla preda. Il verme coreano, l’arenicola, il calamaro, gambero e cannolicchio sono le esche più utilizzate in questa tecnica.
Un’ottima idea per riempire i carnieri è quella di pasturare, spesso i pescatori del sottocosta sono soliti usare dei richiami, ovvero dei sacchi a rete dove inserire degli odori che possono attirare le nostre prede (spesso vengono riempiti con delle sardine), che vengono legati alcuni metri sopra la cima dell’ancora se peschiamo ancorati sul fondo. Se invece ci facciamo portare dalla corrente ovvero peschiamo “a scarroccio” non ci sarà bisogno del richiamo ma sarà il movimento stesso dell’ imbarcazione a scandagliare il fondale indicandoci le poste migliori. Se dotati di un gps bisognerà segnare i punti migliori per poterci ritornare.
Il bolentino di medio fondale
Si pratica ad una profondità compresa tra -25 e -70/-80 mt, in prossimità di rilievi o di secche. Le migliori poste sono le zone di sabbia o fango con scogli sparsi, nelle cui vicinanze si ancora la barca per pescare immediatamente sotto la caduta dello scoglio, provando anche a metà e sulla sommità.
Ricche zone di pesca sono sicuramente i relitti e in tutte le variazioni batimetriche. Il protagonista di questo tipo di pesca è il Pagello fragolino, preda presente in abbondanza da inizio autunno sino a fine primavera. Sgombri, Orate, Scorfani e tanute sono altre prede che si possono trovare all’amo se pratichiamo questo tipo di pesca.
Per la pesca a bolentino di medio fondale viene utilizzata un’attrezzatura media, due o tre ami innescati con vermi ed esca bianca (quello più in alto).
L’imbarcazione ha la sua importanza, deve essere spaziosa, con un pozzetto che consenta una buona agilità di manovra, ed un motore piuttosto potente considerando che le poste di pesca solitamente si trovano oltre le sei miglia dalla costa.
La canna deve avere una lunghezza da 1,80 cm a 2,40 cm con una potenza di 80/160. Il piombo deve avere una grammatura tale da resistere alle forti correnti che spesso si agitano sotto l’imbarcazione.
Le esche più indicate sono il verme americano ed il gambero o la seppia per l’amo che pesca più prossimo al terminale.
Sulla nostra imbarcazione non deve mancare un minimo di strumentazione, come una bussola, un gps ed un buon ecoscandaglio che raggiunga almeno la profondità di 100 metri.
Una volta scelta la zona di pesca, se su fondale roccioso ci si ancorerà da prua in maniera da agevolare le azioni di pesca, se su fondale sabbioso lo scarroccio è sempre una delle alternative che possono regalare magnifiche prede.
Scarrocciare o ancorarsi ?
La pesca a Bolentino può essere svolta con barca ancorata o scarrocciando, cioè con l’imbarcazione libera di spostarsi secondo le correnti ed il vento. Ovviamente, quale delle due sia la soluzione migliore non si può stabilire e comunque la scelta è legata alla zona di pesca ed alle condizioni del mare. La possibilità di incontrare pesci aumenta esponenzialmente con la distanza scandagliata, invece ancorandosi in “punti morti” ci si può ritrovare ad aspettare inutilmente, diversi pescasportivi però sostengono che l’imbarcazione ferma attiri pesce di taglia. Allora un’ottima idea è quella di cominciare la pesca scarrocciando e una volta trovata una zona pescosa provare ad ancorarsi sul fondale.
Il bolentino di fondale
Tecnica di pesca utilizzata prevalentemente per Cernie ed Occhioni che vivono dai 100 ai 300 metri di profondità. Non basta un piccolo motoscafo per praticare il bolentino di fondale, servono imbarcazioni che permettano di coprire in breve tempo grandi distanze, stabili e sicure anche con il maltempo. Date le notevoli profondità, l’utilizzo del classico mulinello è sconsigliato, sarebbe una pazzia recuperare 300 metri di lenza a mano, è sicuramente pesante e richiede il suo tempo. Sono invece utilizzati i mulinelli elettrici o i salpabolentini, in commercio ne esistono diversi su tutte le fasce di prezzo.
La pesca a bolentino di fondale è una pesca che ha i suoi costi, ma che dà comunque delle grosse soddisfazioni. Tra i 40 e i 100 metri si ha la profondità più indicata per la pesca, in quanto in questo range batimetrico ritroviamo una grande varietà di pesci. La lenza è solitamente in Dacron o in multifibre, molto rigida e resistente alla quale sono collegati alcuni metri di nylon a cui viene legato il terminale provvisto di 3 o 4 braccioli con ami. L’attrezzatura è detta “pesante” perché vengono utilizzate canne molto potenti da 30 a 60 lbb, le piombature invece possono variare dai 500 g ai 2 Kg, a seconda dell’ intensità della corrente.
Il terminale costituito da lenza madre in nylon da un millimetro alla quale sono fissati i braccioli, il collegamento viene effettuato tramite con un sistema di snodo che permette di scaricare le torsioni.
Una parte da protagonista la prende l’amo che va scelto a seconda delle prede insidiate, un amo molto utilizzato è quello a becco d’aquila della misura dal 2\0 in su. Al di sopra del terminale si è soliti utilizzare una lampada per aumentare la possibilità di visione dell’ esca alla preda. In bobina almeno 500 metri di “Dacron”.
In genere si pesca scarrocciando, al massimo con un ancora a pallone, ma se gli scogli sono isolati e attorno vi sono grandi distese sabbiose allora l’ancoraggio risulterà proficuo. L’esca regina di questa pesca è la sarda ma non si disdegnano né i gamberi e mazzancolle né le strisce di calamaro.
Le esche del Bolentino di profondità
La sardina è l’esca che dà maggiori risultati praticando questo tipo di pesca, facile da reperire, da innescare e con un forte “potere richiamante”. Viene innescata all’amo o intera o privata della testa.
La pasturazione
Pasturare vuol dire disperdere in acqua quantitativi di esca al fine di richiamare i pesci vicino l’imbarcazione. Solitamente si prepara all’interno di un retino un trito di pesce poco pregiato (spesso sardine) ma anche mitili e gamberetti e viene calato sul fondale.
Il beccheggio della barca causa una fuoriuscita della pastura dal retino che attira il pesce. In commercio esistono dei sacchetti contenenti sardine tritate.