A caccia di relitti
“Immagina…puoi!”, era lo spot di una nota marca di televisioni e per descrivere quello che è realmente una pescata mirata addosso ad un relitto non mi viene in mente una frase migliore. Mirata, sì mirata, perché avvalendosi di sofisticata elettronica di bordo, tutto ciò che si poteva un tempo sognare e tentare oggi è realtà.
UNA SCELTA OCULATA
Come si programma una battuta di pesca su un relitto?
L’idea parte da alcune indagini capitate per caso nelle mie mani, eseguite dal COISPRA, l’ente che si occupa di cercare tutti gli ostacoli allo strascico per i pescatori professionali. Si occupa anche della concentrazione di posidonia in mare.
Una volta venuto in contatto con l’ente, sono riuscito ad ottenere la mappatura esatta dei relitti nella mia zona e non nascondo che l’emozione di vedere quanta fauna ittica vi è a ridosso è stata veramente tanta.
Ma sin da subito i miei tentativi, dopo miglia e miglia di mare, sono stati quasi vani: poca attività, pochi pesci, correnti importanti da fronteggiare.
LA RICERCA DELLO SPOT
Sembra scontato che avendo delle coordinate GPS si possa arrivare e pescare direttamente sul relitto.
Ci si immagina che sotto la nave sia verosimilmente dritta e che da ogni cavità vengano fuori pesci, nulla di più sbagliato!
Gli ecoscandagli tradizionali, infatti, una volta giunti sull’obiettivo, ci danno una rappresentazione monodimensionale dell’oggetto, lasciando molto alla nostra interpretazione.
Di conseguenza, spesso è difficilissimo capire il verso in cui pescare e, pescando a scarroccio, le velocità basse e prossime al mezzo nodo non ci danno la possibilità di capire nulla.
Tutto ciò si traduce, il più delle volte, in terminali incagliati e pochi pesci, spesso catturati per caso.
ELETTRONICA SOFISTICATA
Lo scoramento causato dalla difficoltà di raggiungere obiettivi adeguati all’investimento di tempo e denaro porta spesso ad abbandonare l’idea, prima che dia i risultati sperati.
L’entrata in commercio di strumenti tridimensionali, precisi, efficienti e soprattutto accessibili ha, però, risvegliato l’attenzione verso la ricerca degli spot.
Inoltre, ha soprattutto consentito un affinamento della tecnica, rendendo ciò che era immaginazione fervida realtà tastabile.
Prodotti come il DFF3D di Furuno ci consentono, infatti, di vedere realmente la posizione del relitto e di osservare con precisione, con l’ausilio di una bussola elettronica collegata al cartografico, la posizione dei waypoint di rilievo rispetto alla direzione dello scarroccio.
Questo ci consente di pescare con precisione ed accuratezza, limitando i danni e rendendo la battuta di pesca proficua sin dalle prime calate.
IN ANCORA O A SCARROCCIO
Prima di decidere se ancorare o meno, sarà necessario effettuare una serie di passaggi ripetuti sopra il relitto.
Mediante l’ausilio della strumentazione tridimensionale sarà possibile identificare sia i banchi di pesce che la posizione e l’orientamento dell’oggetto sul fondo.
In questo modo, segnati i corretti waypoint ed effettuati ripetuti passaggi a scarroccio, al fine di verificare la presenza di pesci di taglia, decideremo se ancorare o meno.
Nel caso in cui decidessimo di ancorare, sarebbe opportuno valutare che nella maggior parte dei casi l’ancora sarà “a perdere”.
Pertanto, per evitare danni al fondale ed al portafoglio, una buona soluzione potrà essere quella di portare un grosso sasso legato ad un cordino; dei blocchi di cemento ricavati da lattine vuote di candeggina o detersivo, che, se lasciati al fondo, diventeranno presto rifugio per i pesci.
Per limitare lo scarroccio la classica ancora galleggiante, invece, sarà più che sufficiente, tenendo sempre conto che spesso gli spot più proficui si trovano a diverse miglia dalla costa. Inoltre, sovradimensionare l’ancora ci risparmierà la delusione di uno scarroccio troppo veloce.
ABISSALI, MA NON TROPPO
Le profondità, seppur elevate, non sono generalmente esasperate.
Ciò consente al pescatore sportivo di scegliere tra le classiche canne da bolentino medio/pesante, abbinate a mulinelli manuali o elettrici di piccolo calibro.
Questa peculiarità consente al pescatore di godersi appieno la giornata di pesca, impegnando sì energie, ma senza perdere di vista l’obiettivo del divertimento e della sportività.
L’uso poi degli strumenti potrà spaziare con sonde da 200 e 50 Khz, meglio se in bronzo, fino ad arrivare al sopracitato DFF3D, in grado di raggiungere la profondità reale di ben 297 metri.
BOLENTINO, INCHIKU E CO.
La scelta della tecnica di pesca sarà tutt’altro che scontata.
Se potremo immaginarci di divertirci con un semplice bolentino di medio fondale, sarà un vero peccato precludersi la possibilità di qualche cattura oversize avvalendosi di tecniche verticali come l’inchiku o lo Slow Pitch.
Nella scelta dell’attrezzatura in entrambi i casi dovremo essere molto oculati.
Se, infatti, da una parte sarà necessario avere canne e mulinelli robusti e pronti ad ogni evenienza, dall’altra il dynema dovrà consentirci di raggiungere il fondo a scarroccio cercando di far rimanere il complesso pescante in verticale.
Nel bolentino cercheremo esche resistenti, come gamberi interi, calamari e soprattutto sardine. Nel tentare il colpo sottomisura anche qualche piccolo polpo potrà regalarci emozioni fuori dal comune.
Le prede che generalmente frequentano queste isole felici sono pagelli, pagri, pesci San Pietro, musdee e occhioni. Per questi ultimi è bene ricordare che la misura minima è di ben 33 centimetri e pertanto si possono tranquillamente rilasciare gli esemplari sotto misura.