La pesca con le nasse, un mestiere difficile che continua nel tempo
“Ci vuole un giorno per realizzare una nassa piccola, due per quelle più grandi per pescare i gronchi, col giunco che arriva da Cagliari o da Catania e ora costa anche diecimila lire al chilo, perché il giunco non cresce a Bonagia (TP) e non è tutto lo stesso, c’è quello mascolino tondo, e quello fimmina più piatto, buoni tutti e due, ma troppo cari”
(Dal racconto di Rosa Barraco, costruttrice di nasse vissuta lo scorso secolo in provincia di Trapani).
Praticata per lo più nel Sud Italia, la pesca con le nasse ancora oggi offre spunti di romanticismo che difficilmente negli altri mestieri della pesca professionale si possono osservare. Basti pensare che questa pesca, tramandata di padre in figlio nei secoli, è rimasta immutata nel tempo.
La struttura delle nasse, le imbarcazioni, le esche e i metodi di pesca non si sono piegate alla prepotente tecnologia che ha conquistato anche il mondo della pesca professionale. Sono rimasti in pochi, sparsi qua e là, molti lavorano nelle isole come Ustica o Lampedusa o lungo la costa meridionale della Sicilia. Anche in Calabria, in Veneto ed in Campania questa pesca continua anche se adesso è sempre più raro vederla utilizzata. Le imbarcazioni spesso piccole ed in legno si riconoscono subito per il grande numero di nasse che trasportano.
La nassa non è nient’altro che una “trappola” costruita a forma di Campana dove nella parte basale vi è un imbuto, con un piccolo foro che permette alla preda di entrare e di rimanervi intrappolata.
Ovviamente per invogliare il pesce o i crostacei ad entrarvi vengono inserite delle esche molto odorose che attireranno la preda all’interno dopo aver aguzzato l’ingegno e aver trovato l’entrata. Ma cosi come è difficile l’entrata all’interno della nassa, ancora più difficile è l’uscita, questo dato proprio dalla conformazione ad imbuto della trappola che non permetterà più alla preda di uscire.
Come e’ fatta
Oggi le nasse si possono trovare facilmente nei negozi, costruite in acciaio inossidabile con il retino in nylon, ma queste vengono utilizzate dai pescatori sportivi che per regolamentazione non possono imbarcare più di 2 nasse.
I pescatori professionali utilizzano ancora le nasse fatte a mano, costruite con tanta maestria, intrecciando rami di giunco, una pianta duttile che cresce spontanea soprattutto in Sicilia. Il lavoro dei nassari o nassaroli consiste nel calare le trappole solitamente prima del tramonto, per poi andare a recuperarle prima che il sole si alzi.
Un lavoro lungo e estremamente pesante. Le nasse si legano a coppia con una corda e un peso che solitamente consiste in un mattone di tufo, che permette alle nasse di andare a fondo.
Le nasse vengono segnalate in superficie dell’acqua con dei sugheri e bandierine che permettono al pescatore di individuarle.
Mediamente per una pescata vengono gettate in acqua dalle 40 alle 50 nasse per imbarcazione, formando una scia per agevolare il lavoro di recupero. Ci sono due tipi di pesca: la pesca prossima al sottocosta indirizzata a pesci prevalentemente bentonici ed una pesca d’altomare indirizzata a crostacei quali aragoste e gamberi.
La bravura del “nassarolo” sta nel lavorare il giunco quanto è ancora verde perché le nasse sono di qualità migliore in quanto il loro colore si confonde con quello del mare e la nassa risulta più “pescosa”.
La lavorazione del giunco è accompagnata da un’ago particolare che raccoglie uno spago che serve per legare il giunco. In Veneto le nasse prendono il nome di “Bertovelli”, sono un pò più lunghe e vengono utilizzate per la pesca alle anguille o ad altri pesci di laguna.
La legislazione per la pesca diportistica vieta l’utilizzo di più di due nasse per imbarcazione.
Dove si pesca
Le nasse per la cattura di pesci pregiati (saraghi e dentici) vengono calate su fondali rocciosi o misti a Posidonia, a batimetrie mai superiori ai 40 metri.
Vengono innescate con sardine che si posizionano all’interno della nassa.
Nella pesca ai gamberi (gamberetti rosa, mazzancolle e gamberoni rossi) le nasse vengono calate in mare su fondali più importanti, a volte a batimetrie che arrivano anche a 200/300 metri, su fondali fangosi o sabbio-fangosi.
La nassa è sempre stata l’attrezzo per eccellenza della pesca all’aragosta, nassa di dimensioni considerevoli, di circa 2 metri d’altezza.
Sull’isola di Ustica (PA) la pesca con le nasse viene utilizzata per pescare il Parapandalo (Plesionika narval).