A corto di tempo: drifting al tonno rosso
L’apertura della pesca al tonno rosso è ormai alle porte, tra attesa, sogni di catture indimenticabili e desideri di portare a casa il pesce della vita. Seppur per un brevissimo periodo, tutti gli appassionati potranno dedicarsi a questa tecnica apparentemente semplice, dove sembra basti gettare delle sardine in mare, per vedersi materializzare sotto bordo il Sogno Blu.
DRIFTING AL TONNO ROSSO: REPERIRE L’ESCA
Un tempo, per il successo di una battuta di drifting, era d’obbligo reperire sardine fresche e tenerle opportunamente coperte in barca per evitare che si sfaldassero con il caldo dei mesi primaverili ed estivi. Questo determinava la necessità di alzarsi presto al mattino, recarsi allo sbarco dei pescherecci e, se non si trovava la materia prima, rinunciare ancor prima di iniziare.
Oggi i moderni sistemi di abbattimento a bordo dei pescherecci, che si dedicano alla cattura di alacce e sardine, fanno sì che si possano trovare sardine congelate da utilizzare al momento dell’uscita in mare, ma ancor di più il metodo di abbattimento ad azoto “IQF” consente di avere le sardine congelate singolarmente, dandoci la possibilità di acquistare comodi cartoni e “spacchettare” quanto necessario al momento dell’uscita in mare. Portando poi le esche all’interno degli igloo, possiamo utilizzare il quantitativo necessario fino all’allamata del pesce, riportando a casa e congelando l’eccesso.
Oltre al risparmio economico, questo sistema consente di fare scorta di esche durante l’inverno ed essere subito pronti al momento dell’uscita in mare.
DRIFTING AL TONNO ROSSO: UN OCCHIO A CORRENTE E METEO
Risolto il problema dell’esca, ci troveremo di fronte ad un secondo ostacolo: l’aspetto meteorologico.
A differenza di altre tecniche, perché si abbia successo in una uscita in drifting, la pastura deve “lavorare” e perché ciò avvenga (tranne in rari, fortuiti casi) è necessario che per almeno 3-4 ore si riesca a stare in mare.
Condizione ideale è poi avere vento e corrente nella stessa direzione, situazione che si può tranquillamente prevedere grazie ai moderni modelli di previsione e ai mareografi ormai connessi via web e facilmente ispezionabili da qualunque browser.
Citiamo quindi che siti come “Lamma mare e vento” e “Windguru” e l’app WINDY forniscono informazioni molto attendibili nell’arco delle 36-72 ore; le stesse, abbinate al rilevamento della corrente, ci possono far sapere con esattezza quando uscire e soprattutto dove ancorarci. Avete letto bene: dove ancorarci.
La scelta di un punto proficuo di ancoraggio non è assolutamente casuale: i pesci infatti si muovono insieme alla corrente, sfruttandola come ausilio alla navigazione, una sorta di risparmio di energie. Il decrescere della marea fa aumentare la corrente, pertanto i pesci si muoveranno dal punto dove la corrente è più forte nel momento in cui la marea inizierà a scendere, per poi stabilizzarsi e mangiare quando la corrente rallenterà (due ore prima del culmine di marea) fino a quando la stessa ritornerà a muoversi (un’ora dopo il culmine).
DRIFTING AL TONNO ROSSO: ANCORA SÌ, ANCORA NO
Un dilemma che da sempre affligge tutti i pescatori è: “Ci ancoriamo?”
Scegliere se ancorarsi o meno non è così scontato e si può anche immaginare che nella stessa sessione di pesca si possa pescare ancorati e poi cambiare in scarroccio o viceversa.
A determinare questa situazione è sempre la condizione di corrente e vento che insiste nella zona di pesca. Una volta scelto il punto preciso o presunto di posizionamento, prima di calare qualunque canna in acqua, si dovrà attendere l’arrestarsi dell’abbrivio e gettare qualche sardina in acqua tagliata a metà. La regola di attendere, di vederla sparire in corrente prima di gettarne un’altra, ci darà il giusto tempo e la velocità della corrente: se la corrente è troppa, sarà d’obbligo ancorarsi; se invece la corrente è nulla, sarà d’aiuto mettersi in scarroccio.
I moderni motori elettrici ci danno la possibilità di fermarci e valutare immediatamente la corrente senza la scomodità del calumo in mare, e soprattutto, con il solo motore in acqua e in scarroccio, si riuscirà a rallentare la barca senza ridurre l’autonomia delle batterie.
Un piccolo trucco per aumentare la durata delle batterie del nostro amico elettrico è quello di tenere appena fuori dall’acqua il gambo del motore principale se si pesca con l’ancora elettronica, in presenza di forte corrente.
DRIFTING AL TONNO ROSSO: PESCE IN ECO… ALLARME ROSSO!
Se l’azione di pasturazione è andata a buon fine, indubbiamente un buon numero di commensali inizierà a venirci a trovare, ma non necessariamente sarà l’atteso tonno rosso.
Generalmente i primi pesci ad arrivare vicino la barca sono sgombri e sugarelli, attratti dalla scia oleosa delle sardine. Questi fastidiosi commensali se da un lato disturbano l’azione di pesca mangiando la pastura, dall’altro, con il loro movimento e le vibrazioni in acqua, attirano in maniera inequivocabile predatori più grossi. Avere a disposizione un sabiki, individuare le palle di mangianza e cercare di farne qualcuno vivo può essere un’ottima strategia. Se però la presenza di questi pesci si fa continua, interrompere per qualche minuto la pasturazione può essere l’unico sistema per allontanarli poiché, oltre a mangiare la pastura, generalmente deteriorano anche le esche sugli ami filate in corrente.
Ma dove sta Sua Maestà?
Imparare a riconoscere un tonno in eco non è un’impresa semplice: bisogna tenere conto che è un pesce molto veloce e può attraversare il cono del nostro strumento per pochissimi istanti, generando a volte piccoli segni “rossi” che fanno una diagonale verso l’alto o verso il basso. Raramente vedremo il famoso “arco”, che in genere appare quando sono in pastura squali e tonni alletterati, molto più lenti del nostro antagonista.
Il miglior sistema per individuare anche il più piccolo segnale di tonno in eco è quello di alzare il gain del nostro strumento fino a sporcare molto l’immagine: in questo modo individueremo il termoclino (la fascia di acqua dove la temperatura non decresce più velocemente) come dei puntini che sporcano lo schermo. Una volta individuata la fascia di termoclino, se un pelagico è in caccia, non sarà difficile vederne la traccia in eco sotto forma di piccola diagonale o a volte di grosso segno. In questo caso, il pesce è in frenesia ed è il momento di cercare lo strike!
DRIFTING AL TONNO ROSSO: GUADAGNARSI LO STRIKE
Quando si ha la certezza che il tonno è in caccia e le canne faticano a partire, bisogna con lucidità esaminare quello che sta succedendo ed evitare di intensificare la pasturazione.
Errore comune, infatti, è quello di voler aumentare la pastura per evitare che il pesce vada via, nulla di più sbagliato! Aumentando la pasturazione non facciamo altro che saziare il pesce e, peggio, non lo stimoliamo ad andare in ricerca e a prendere le sardine disposte sugli ami.
Innanzitutto bisogna tener sempre presente che l’ecoscandaglio genera un cono sotto la barca, e che il pesce può essere davanti, dietro a destra o a sinistra, ma le nostre esche invece sono in un punto solo! La presenza di una berta, che svolazza tranquilla senza posarsi sull’acqua vicino la barca, può essere segno evidente che il pesce è in quella posizione e cercare di portare le nostre esche lì può essere risolutivo. Se però le esche per effetto della corrente non vanno in quella direzione, possiamo usare altri stratagemmi per portare il pesce sui nostri inganni.
1) Rumore sull’acqua: spruzzare con una pompa, in direzione delle esche, può simulare un branco di pesci che si sposta velocemente a galla. Questo trucco può attirare velocemente il pesce e farlo spostare. Attenzione, però: un branco di pesci si trattiene per pochi secondi a galla nello stesso punto, quindi… è del tutto inutile innaffiare il mare.
2) Rumore sott’acqua: con un grosso secchio o altro attrezzo simile, sbattere a pelo d’acqua per attirare l’attenzione del pesce. Questi rumori, infatti, simulano spesso l’attività lavorativa dei pescherecci, grossa fonte di alimentazione per questi grossi pelagici.
3) Lancio di sardine in gruppo: avere a disposizione una sassola piena di pezzetti di sardine è una buona regola; lanciarle sopra corrente, dopo aver interrotto la pasturazione, può mettere in movimento il pesce che, nella foga di mangiare tutti i pezzi in discesa velocemente, può spostarsi sulle nostre esche.
E se il pesce è in eco, ma nulla di tutto ciò lo porta sulle nostre canne?
Fermo restando che occorre verificare che le esche siano ancora integre sulle nostre lenze in acqua, bisogna intuire se in realtà la corrente non gira e torna sotto la barca e, di conseguenza, se le esche lontane sono fuori pastura.
In aiuto ci viene un pasturatore a sgancio da bolentino, nel quale piazzeremo 3 sardine spezzate in due. Una volta calato alla profondità a cui vediamo in eco il passaggio del pesce, sganceremo e rilasceremo in acqua la pastura.
Se notiamo un’attività continua ad ogni salita e discesa del pasturatore, possiamo avvicinare una canna alla barca e metterla alla profondità di sgancio: in questo modo saremo noi a mettere l’esca in bocca al pesce e non il contrario!
DRIFTING AL TONNO ROSSO: RELEASE TIME
Quando si racconta delle gare di drifting, sembra incredibile che il tempo concesso per il recupero del pesce sia di 30 minuti e che la classe di lenza sia solo 30 lbs.
Tralasciando le dovute considerazioni circa la taglia dei pesci e la rispettiva classe di lenza, bisogna fare alcune valutazioni: tirando in stand up nell’ormai 99% dei casi, avere un’attrezzatura con un carico di rottura tra 7 e 12 kg ci consente di tirare di continuo senza affaticarci, un po’ come fare una maratona con un peso da 2 kg e riprovare la stessa maratona con un peso da 20 kg.
Ai tempi delle sedie da combattimento, i libraggi erano esagerati e se da una parte anche i tonni lo erano, c’è da dire che tirando in sedia, la vera forza la faceva la sedia stessa. Oggi, invece, le moderne cinture da stand up fanno lavorare gambe e schiena all’unisono, utilizzando il braccio solo per recuperare il filo nel mulinello. Ne consegue che l’azione di pesca è più veloce e il pesce ha continuamente la “testa girata”, non riuscendo ad ossigenarsi e a guadagnare il fondo.
Il lavoro dello skipper in questo contesto deve essere quello di tenere il pesce sempre sulla verticale (sulla diagonale il movimento in stand up non funziona), in modo da vederlo aggallare quanto prima.
Che si tratti di rilasciare o imbarcare il pesce, è fondamentale che tutto avvenga in tempi brevi per salvaguardare angler, attrezzature e preda, ricordandoci poi che più il combattimento si allunga, più aumentano le possibilità di fare errori e si perde la lucidità necessaria a svolgere i propri compiti.