A tutto relitto
I relitti sommersi hanno da sempre suscitato il fascino di noi pescatori tanto da, addirittura, diventare materia di studio per alcuni. Piroscafi, navi, aerei, semplici chiatte o motoscafi della guerra o giorni nostri, una volta inabissati, nel profondo blu, diventano veri e propri condomini sommersi. In questo articolo vediamo alcuni consigli per praticare al meglio la pesca sul relitto.
Pensiamo, ad esempio, ad un piroscafo affondato su fondale fangoso durante la seconda guerra mondiale, perché silurato dai nemici.
Oggi questi luoghi sono sicuramente l’habitat ideale per una miriade di piccoli e grandi pesci: castagnole, pagelli, sugherelli, boghe, dentici, ricciole, pesci san pietro, gronghi, mostelle e cernie. Questi sono solo alcune delle specie che potremo trovare al loro interno o nelle immediate vicinanze.
A tal proposito esistono molte pubblicazioni, più o meno precise, da poter consultare per conoscere storia e posizione e vedere le foto dei più famosi relitti dei nostri mari. Chi vorrà cimentarsi nella pesca sul relitto non potrà non studiare questi libri per conoscere, palmo a palmo, anche i particolari dei cumuli di lamiere, a volte contorte, che si trovano a diversi metri sotto di noi.
Affrontare una battuta di pesca sui relitti, che sia bolentino o traina, non è cosa per niente facile.
ARRIVARE NEL LUOGO PERFETTO
In primis dovremo valutare e capire, anche tramite l’ausilio di una carta nautica aggiornata, se quel posto è praticabile o meno. Nel caso in cui sulla mappa trovassimo sullo spot un cerchio rosso tratteggiato con la dicitura vietato ancoraggio e pesca lasciamo pure perdere: non potremo ancorare né tantomeno praticare la pesca sul relitto.
Questo per diversi fattori come, ad esempio, la presenza nel sito di ordigni bellici inesplosi o di materiali pericolosi; oppure, come spesso capita, di reti impigliate e abbandonate nei pressi del relitto. Non sottovalutiamo il fatto di avere sotto di noi imponenti navi che, oltre ad essere lunghe, sono anche altissime.
Una volta assicurati di poter pescare in quella zona non ci resta che studiarla nei minimi dettagli, avvalendoci di strumentazione che ci possa fornire il margine di accuratezza di cui abbiamo bisogno.
Così arriviamo al momento cruciale, precisamente quello dell’ancoraggio.
Sappiamo benissimo che ancorare sopra un relitto è sinonimo di perdita di ancora e catena oltre ad essere poco rispettoso per il luogo in cui ci troviamo.
Pensiamo che lì sotto troveremo lamiere più o meno affilate e infiniti buchi dove la nostra ancora andrà irrimediabilmente ad incastrarsi, costringendoci ad abbandonarla con diversi metri di catena e/o cima.
Questo, oltre ad essere oltremodo dispendioso, è anche inquinante per il luogo, mettendo a rischio addirittura le nostre pescate future a causa della presenza di cime svolazzanti in corrente, ancore e catene abbandonate sullo spot.
A questo punto penserete che sia impossibile posizionarsi a candela sopra un relitto e invece non è proprio così. Difatti, basta ingegnarsi un po’, oppure usare l’utilissimo motore di prua con funzione di ancoraggio elettronico.
MONTATURE AD HOC PER LE PREDE NOTTURNE DEL RELITTO
Preparare le montature è una delle fasi più attente e nello stesso tempo divertenti, in quanto si unisce la precisione con la fantasia.
Bisogna calcolare le lunghezze al millimetro e porre particolare attenzione ai nodi, soprattutto nel caso in cui utilizzassimo nylon o fluorocarbon di diametri importanti, idonei alla cattura di grossi esemplari di grongo.
La fantasia consiste, invece, nel creare la giusta montatura con il giusto amo per quel tipo di pesca e quella particolare serata. Il pesce, infatti, non mangia sempre allo stesso modo e, quindi, toccherà a noi inventarci la giusta montatura che non darà scampo alla preda interessata alla nostra esca.
Una delle montature che ha avuto maggior successo è quella preparata con cavetto in acciaio e una coppia di ami, opposti, innescati con un generoso boccone misto tra totano (quasi sempre intero) e sardina.
Questo bocconcino bi-gusto si è rivelato particolarmente attirante nelle fasi iniziali della pescata o in quelle di apatia dei pesci, riuscendo a stanare anche le prede più sospettose.
Nel finale non dimentichiamo di inserire, tra la girella e l’amo, una serie di perline e del tubo fluorescente, perché il pesce è molto curioso e da lontano sarà subito attirato da quella lucina, anche impercettibile, che si muoverà nella completa oscurità.
Una volta avvicinata, la preda sentirà l’odore dell’esca e a quel punto non ci resterà che sperare in una generosa ferrata.
Se caliamo le lenze in uno spot conosciuto sappiamo, a grandi linee, quali sorprese potrà regalarci. Se, però, ci troviamo su un relitto nuovo o su cui non abbiamo avuto alcuna notizia di catture, il consiglio è di calare subito due canne, una con media potenza e finale in fluorocarbon dello 0,50 e un secondo attrezzo nettamente più potente, con un generoso e abbondante boccone su fluorocarbon dello 0,70.
Questo ci permetterà di capire subito la tipologia del pesce presente in zona e, quindi, di avere una possibilità in più di insidiare anche pesci più pregiati come orate e dentici.
LE SORPRESE INASPETTATE
Come accennato in precedenza, il relitto è una fonte di vita inesauribile e pieno di mistero, dove le sorprese al suo interno non mancheranno. E, tra queste, anche esemplari extra large di grongo che metteranno davvero a dura prova tutta l’attrezzatura pescante, dal cimino al mulinello.
In questi casi è molto importante tenere chiusa la frizione e cercare di allontanare il più rapidamente possibile il biscione dal relitto. Infatti, se dovesse riuscire ad arrotolarsi vicino ad una lamiera o rete abbandonata, potremo dire addio al tentativo di recuperare fino in superficie la preda.
Non mancheranno esemplari unici di mostelle, anche di grandi dimensioni, che trovano riparo tra gli anfratti del relitto. Non è un pesce molto combattente e dopo le prime rapide e corte fughe ci seguirà fino in superficie.