Amedeo Migali e l’ingegneria flessibile di MICAD
L’intervista all’Architetto Navale Amedeo Migali è un viaggio dentro la progettazione nautica, dove il design è funzionale – anzi, strumentale – alla vita di bordo. Progetta guardando all’armatore, a come e a quanto userà la barca.
È interpretando la vita a bordo che ricava l’ispirazione, molto pragmatica, per creare la parte dell’imbarcazione che gli compete e che è la discriminante tra una buona navigazione e una navigazione ottima: la carena. Non è un caso se proprio su questa tiene il corso universitario di “Carene Veloci” alla facoltà di Ingegneria Navale all’Università di Trieste.
Il racconto delle origini di MICAD restituisce un professionista umile, formato su conoscenze tecniche specifiche, nonché uno dei creativi più noti nella progettazione nautica. Il suo sguardo sul passato è ammirato: “Prima si costruivano barche che dovevano durare più di chi le avesse costruite, ora la nautica è di consumo“. La prospettiva verso il futuro, chiara: “Stiamo lavorando molto su barche ibride ed elettriche, è il futuro, ma non è un futuro così vicino“.
Pensa al design di prodotto come a qualcosa di diverso da un semplice addendum decorativo. “Quando il design viene applicato per risolvere problemi che generano innovazioni, diventa il cuore di un approccio moderno, che si concentra sulle esigenze delle persone che utilizzano il prodotto o il servizio. Quando i nostri clienti hanno bisogni insoddisfatti, vediamo opportunità, sviluppiamo esperienze e creiamo insieme soluzioni che generano valore aggiunto per tutti i soggetti coinvolti. Chiamiamo questo approccio Eco Design Thinking, che è un metodo profondamente centrato sull’uomo“.
CI PARLA BREVEMENTE DI COME NASCE MICAD E DI COSA È OGGI LO STUDIO CHE CONTA OLTRE 20 COLLABORATORI?
Sono partito da esperienze accademiche e da uno studio che faceva consulenza per il Gruppo Ferretti, poi ho deciso di tornare a Lecce ed aprire uno studio di consulenza esterno. All’inizio ci occupavamo di carpenteria metallica per delle barche, poi abbiamo iniziato a lavorare con il passaparola.
Dal 2010 al 2017 abbiamo operato quasi in esclusiva per il gruppo Beneteau, in particolare per Monte Carlo Yachts e siamo cresciuti di una unità all’anno. Nel 2014 abbiamo aperto una seconda sede in Friuli Venezia Giulia, la scelta è ricaduta su questa zona per molteplici motivi. In primo luogo, avendo l’università di Ingegneria Navale, era più facile trovare risorse; inoltre eravamo geograficamente più vicini a clienti come Monte Carlo Yachts; infine, potevamo accedere facilmente a finanziamenti pubblici per la ricerca e lo sviluppo della Regione.
Abbiamo iniziato così a svolgere l’attività anche esterna a Monte Carlo Yachts, lavorando con la casa madre Beneteau, occupandoci degli aspetti di base dei progetti. Pian piano sono arrivate sempre più commesse.
Oggi collaboriamo con cantieri come Greenline, Bavaria, Silent Yachts, Bluegame, Azimut Yachts, Persico e molti altri. Lo studio ha competenze specifiche nell’attività di ricerca e sviluppo, di calcoli avanzati che ci consentono di affrontare problematiche particolarmente complesse e che difficilmente i cantieri riescono a risolvere attraverso competenze interne.
DEEPLY HUMAN-CENTERED METHOD ED ECO DESIGN THINKING: CI SPIEGA IL VOSTRO APPROCCIO ALLA PROGETTAZIONE?
Il design thinking è una tecnica dello sviluppo della creatività e dello sviluppo del prodotto abbastanza consolidata e ha degli step di sviluppo che sono già incentrati sull’uomo. Una delle cose che ci caratterizza è che, anche se il nostro cliente è il cantiere, per noi è solo un tramite per arrivare all’armatore finale. Per concentrarci su questo, sviluppiamo ricerche di mercato dedicate.
I grandi gruppi hanno una minore percezione rispetto ai piccoli cantieri di come il prodotto verrà utilizzato. Questo perché tra il cantiere e l’armatore c’è sempre il filtro del concessionario; quindi, il nostro approccio è quello di pensare alle richieste del cliente commerciale, ma guardando alle esigenze del cliente finale.
Le faccio un esempio: nel dimensionamento di una barca ci poniamo sempre il problema della sicurezza, ma se dobbiamo creare un layout degli interni più confortevole troviamo soluzioni anche fuori dagli schemi. Affrontiamo temi complessi a livello strutturale per consentire ai cantieri di accettare sfide di sistemazione degli interni che altrimenti non potrebbero accettare. Lo facciamo perché sappiamo che l’armatore ha necessità di trovare su quel prodotto un qualcosa in più, che è quello di cui godrà durante l’utilizzo della barca.
PARLANDO DEL RAPPORTO CON IL CANTIERE, LEI HA UNA GRANDE ESPERIENZA COL GRUPPO BENETEAU: È PARTITO NEL 2010 CON UN PROGETTO PER MONTE CARLO YACHTS CHE IN 40 PIEDI OFFRE LE PRESTAZIONI DI UN FLY YACHT. CE LO RACCONTA?
Il primo progetto lo realizzammo nel 2010 e fu il MCY 65. La grande sfida fu che all’epoca noi eravamo una start-up di 3 persone, Monte Carlo Yachts una di 5, ma abbiamo portato a termine un progetto molto grande e molto impegnativo.
Avevamo anche tempistiche strette e una mole di lavoro che ci è felicemente costata giorni e notti di fatiche. Al team di Monte Carlo Yachts, inoltre, eravamo in qualche modo già legati: in molti avevamo avuto esperienza in Azimut. I rapporti umani già solidi ci hanno decisamente aiutato.
Più siamo cresciuti, più ci siamo strutturati e procedurizzati, con la conseguenza che l’approccio ai grandi cantieri è stato semplificato. Quando abbiamo iniziato a lavorare con Beneteau alla gamma Gran Turismo e alla gamma dei Trawler, la difficoltà principale è stata trovarsi davanti ad una struttura completamente nuova e ad una logistica difficoltosa, dovuta principalmente alle distanze con Beneteau. Il rapporto umano ci è mancato molto durante il periodo del lockdown nel 2020.
VENIAMO A OGGI, CON LA RECENTE PRESENTAZIONE DEL GRAND TRAWLER 62. QUALI CARATTERISTICHE PRESENTA L’ARCHITETTURA NAVALE?
Beneteau ha una serie di Trawler che ha fatto la storia della nautica a livello mondiale e che ha avuto un successo commerciale incredibile. Il concetto alla base di quei Trawler era di realizzare imbarcazioni tradizionali per clienti molto diversi dal diporto tradizionale. L’armatore del trawler usa moltissimo la barca, soprattutto in mercati come quello nordeuropeo e USA. Nello studio di mercato che abbiamo condotto, ci siamo resi conto che molti non ne usano tutte le potenzialità. Nonostante siano Swift Trawler non estremi, infatti, garantiscono velocità e prestazioni significative.
L’ST47 che abbiamo fatto noi fa 28 nodi, è una barca planante a tutti gli effetti. Nel monitoraggio clienti abbiamo capito che queste velocità massime non venivano mai effettivamente raggiunte. Ciò significa che utilizziamo carene di geometria a spigolo e con configurazione da barca planante, che però vengono utilizzate a 9, 10, 12 nodi, in una condizione non ideale per quella geometria. Allora abbiamo scelto di rimanere su quella tipologia di prodotto, facendo sì che fosse performante non alle massime velocità, ma a quelle di utilizzo intermedie, per assicurare bassi consumi e comfort all’onda.
La decisione giusta è stata quella di cambiare la geometria di scafo, tornando su una configurazione con geometria con ginocchio tondo. È disegnata per garantire in ogni caso accelerazioni verticali limitate. Abbiamo, quindi, studiato una lunga campagna di fluidodinamica numerica con i nostri strumenti. Dopo aver individuato uno scafo che fosse funzionale ai due principali obiettivi – basse velocità e comfort in onda -, lo abbiamo provato come riferimento. Sulla base di questo è stata poi sviluppata la carena per il Trawler.
Quindi, non abbiamo sviluppato una carena innovativa per la tipologia Trawler e abbiamo usato i dati della ricerca nell’applicazione del Grand Trawler 62 anche per un’altra imbarcazione intorno ai 70 piedi. Questa è stata presentata a Düsseldorf due anni fa, ma non è stata ancora ripresa a seguito della pandemia. I prodotti della gamma Trawler sono più piccoli e più veloci, il 62 è più grande e più lento e farà dunque da benchmark sia sul piano del marketing che commerciale.
COME VEDE LE IMBARCAZIONI DI DOMANI? QUALI CARATTERISTICHE DOVRANNO AVERE E QUALI SONO LE INNOVAZIONI DA RINCORRERE SIA SUL PIANO PROGETTUALE CHE SU QUELLO DEI MATERIALI?
Stiamo lavorando molto su ibride ed elettriche. Questo oggi è un tema sentito e allineato con quello che il mercato dell’automotive ci sta insegnando. La differenza è che le auto sono molto più semplici da ricaricare, mentre i range che garantiscono le batterie per le imbarcazioni non sono ancora sostenibili e sufficienti a sostenere la nautica. Il contenuto energetico che dobbiamo portarci a bordo su alcune barche non potrà mai, a mio parere, essere compensato dalle batterie.
Immagino che ci si sposterà più sul Blue Fuel che non sull’elettrico e questa potrebbe essere una valida soluzione. Per quanto riguarda i materiali c’è qualche prospettiva in più, noi siamo ad esempio coinvolti in un progetto di riuso della componentistica, che fa fronte al problema del fine vita di un’imbarcazione. Oggi le barche non sono più progettate per una vita utile e lunga e non possono essere disassemblate e riciclate facilmente.
I vecchi cantieri di barche in legno avevano la possibilità di riutilizzare i materiali, ma la nautica è diventata sempre più di consumo ed oggi smontare una barca è un processo molto complesso.
QUALI SONO I PROSSIMI LAVORI?
Bavaria presenterà due barche alle quali stiamo lavorando: due open piccoli e sportivi, in collaborazione con il designer Marco Casali. Sempre con lui stiamo sviluppando il nuovo Greenline 68. Con Prestige stiamo lavorando sull’analisi completa della parte strutturale per una serie di catamarani. Anche Bluegame uscirà con un nuovo catamarano per il quale stiamo effettuando attività di modellazione 3D e impianti. Stiamo inoltre mettendo in acqua il primo Silent Yachts 80. Abbiamo molti lavori in corso: oltre al design, stiamo curando lo sviluppo di molte barche.
BENETEAU GRAND TRAWLER 62
Con una lunghezza fuori tutto di 18,95 metri, il Grand Trawler 62 nasce dalla collaborazione tra Beneteau, Massimo Gino di Nauta Design e Amedeo Migali di MICAD. Questo modello coniuga lusso e comfort di bordo. Lo scafo è dislocante ed è stato sviluppato da MICAD con l’obiettivo di migliorarne l’autonomia e l’efficienza per intraprendere crociere a lunga distanza. Questa imbarcazione ha un’autonomia di 900 miglia nautiche a una velocità di crociera di 9 nodi, escludendo comunque un 10% di riserva carburante.
Il Beneteau Grand Trawler 62 rappresenta l’evoluzione della storica gamma Swift Trawler. È progettato per ospitare da 6 a 8 persone a bordo (più 2 membri di equipaggio) e stupisce per il suo flybridge di 31 mq, che ad oggi è uno dei più grandi del mercato. Sorprendenti anche i volumi interni. A prua, in posizione rialzata, c’è la postazione di comando con, a scelta, uno o due sedili pilota, e un utile divanetto per il copilota. La cucina è funzionale e può essere separata dal restante spazio abitativo. Sottocoperta il Beneteau Grand Trawler 62 è disponibile con tre o quattro cabine. Nel primo caso, la camera armatoriale è posta a centro barca e sfrutta abilmente il baglio. Nella versione a quattro cabine, invece, l’armatoriale è a prua e questo spazio viene suddiviso in due cabine doppie.
Grazie all’applicazione Seanapps si può connettere l’imbarcazione al proprio smartphone. In questo modo si può controllare il livello delle batterie e del carburante, ma anche anticipare le operazioni di manutenzione, monitorare le condizioni della barca e accedere al registro di manutenzione 24 ore su 24.