Boat and Breakfast, si può fare? Il parere degli esperti
In Italia, da diversi anni, il Boat and Breakfast sta suscitando sempre più interesse, nonostante tale attività non sia espressamente disciplinata a livello nazionale, portando l’armatore a correre diversi rischi. Approfondiamo l’argomento con i nostri esperti: il Perito e Consulente Navale Daniele Motta e l’Avvocato Simona Coppola.
Boat and breakfast: l’approfondimento del Perito Daniele Motta
Era il gennaio 2017, quando pubblicai il mio primo approfondimento sul boat and breakfast, che già allora era tutt’altro che un fenomeno alla sua genesi. Oggi, passati diversi anni, dopo una pandemia e la conseguente esplosione della domanda nel mercato nautico, qual è lo stato dell’arte?
Attualmente, il fenomeno sembra tutt’altro che avviato verso una parabola discendente. A dimostrarlo non è solo la grande mole di utenti che vogliono approfondire la tematica, ma anche i molti siti, blog e forum che se ne occupano a vario titolo, purtroppo non sempre con la giusta “lente”. Ancora più tangibile è stato lo sviluppo di tutta l’infrastruttura di servizi a supporto di queste attività, tipica dei grandi website dedicati alla prenotazione delle tradizionali strutture ricettive. Tutto questo dimostrerebbe come tutte le implicite prospettive economiche associate a questa attività sembrino interessare molti diportisti e non solo.
STATO NORMATIVO
Partiamo, per così dire, dalle “regole del gioco” analizzando cosa dice la normativa in materia. In questo caso, nonostante le modifiche apportate al codice della nautica nell’ultima riforma, nulla è stato contemplato in merito a un utilizzo simile o similare al concetto di boat and breakfast. A tale riguardo, all’art. 2 del d.lgs. 18 luglio 2005 n. 171, le integrazioni apportate agli utilizzi commerciali disciplinati dalla norma si sono limitate all’inserimento delle attività relative all’assistenza al traino e all’ormeggio.
Tuttavia, nella legge 7 ottobre 2015 n. 167, all’art. 1, comma 2, lett. r (norma che non ha mai visto un decreto attuativo n.d.r.), si prevedeva puntualmente l’equiparazione “alle strutture ricettive all’aria aperta delle strutture organizzate per la sosta e il pernottamento di turisti all’interno delle proprie imbarcazioni ormeggiate nello specchio acqueo appositamente attrezzato”.
Considerato che tali norme rappresentano il fulcro normativo attorno al quale sarebbe stato possibile disciplinare queste attività, è evidente che l’esercizio commerciale delle unità da diporto svolta in questa forma (almeno con la bandiera italiana) sia di fatto non contemplato e/o disciplinato dal nostro ordinamento.
IL BOAT AND BREAKFAST NELLA PRASSI
Negli anni ho avuto l’opportunità di “misurare”, a fronte delle numerose richieste pervenute al mio studio da parte degli utenti (ma anche delle stesse autorità), sia gli umori che le oggettive difficoltà di chi, da una parte o dall’altra, si è ritrovato a vivere e/o ad affrontare questo fenomeno nell’ottica di un corretto inquadramento tecnico-amministrativo.
Da questo punto di vista peculiare, le situazioni più tipiche vedono, frequentemente, un’unità da diporto privata, senza abilitazione all’utilizzo commerciale e senza un soggetto imprenditoriale “titolato” (sia esso una società o meno), che pubblicizza l’attività di boat and breakfast sui vari canali di pernottamento e di prenotazione.
In altri casi, l’unità adibita al boat and breakfast sfrutta la formula del noleggio occasionale (con tutte le criticità e forzature che questa scelta può comportare), il quale, come noto, non rappresenta un utilizzo commerciale dell’unità da diporto dal punto di vista normativo.
In queste situazioni, vi erano e vi sono tuttora mirati controlli e successive contestazioni, sia per la parte meramente fiscale che per quella relativa alla registrazione degli ospiti presso le questure, con annessi ammende e procedimenti di varia natura.
L’ANALISI
Dal punto di vista consuetudinario, poste le gravi mancanze dal punto di vista normativo, il boat and breakfast non potrebbe che considerarsi, nella sostanza, un’attività non prevista dall’ordinamento, ma che, in chiave oramai più che consuetudinaria, viene manifestamente esercitata, dai più almeno, in buona fede.
Dall’altra parte, invece, e sempre per le note ragioni derivanti dalla libertà interpretativa data dal fenomeno del c.d. “non normato, non disciplinato”, la situazione, a volte, è altrettanto variabile, se non confusionaria. Ad esempio, alcuni pareri suggerirebbero l’applicazione di tutta la disciplina normativa (anche di tipo tecnico-certificativo) utilizzata correntemente per le strutture di terra. In questa prospettiva, dunque, i potenziali rischi per l’operatore non si limiterebbero di certo alla verosimile sanzione amministrativa e ai riflessi a essa connessi.
Insistono, infatti, altri rischi:
- La mancanza di una certificazione dell’unità per l’utilizzo commerciale (l’abilitazione) non garantisce implicitamente nessuno standard di sicurezza per il cliente e non “giustifica” l’utilizzo ai fini lucrativi dell’unità.
- L’assenza di una specifica copertura assicurativa, sia di tipo RC che di un’eventuale Corpi e Macchine, posto l’utilizzo commerciale effettivamente svolto, non garantisce l’effettiva copertura all’armatore a fronte di qualsivoglia evento che dovesse occorrere agli ospiti o alla stessa unità.
- Un’eventuale controversia, di qualsiasi natura, espone l’armatore a costanti rischi se l’unità risulta comunque non essere abilitata.
UN EVENTUALE APPROCCIO PRAGMATICO
Operare con regolarità e con opportune garanzie è però teoricamente possibile, anche per chi vuole adibire la propria unità per il boat and breakfast. Posto che ogni situazione, sia dell’unità che dell’armatore, è da prendere in considerazione caso per caso, si può valutare:
- Una registrazione e conseguente certificazione dell’unità per l’utilizzo commerciale presso registri che non limitino lo spettro dell’utilizzo commerciale o dove il boat and breakfast possa essere comunque esercitato (i principali registri specializzati nel diporto commerciale solitamente non identificano limiti alle attività economiche esercitabili dall’unità).
- La possibilità di certificare l’unità commerciale, limitatamente all’effettiva attività svolta, onde limitare adempimenti e costi certificativi inutili e/o dispendiosi.
- Optare per un registro che, oltre ad abilitare l’unità per l’utilizzo commerciale, non limiti l’uso diportistico, dunque privato.
- Considerare correttamente le normative locali (ad esempio del porto di residenza e/o comunali), regionali e nazionali relativamente a obblighi di legge indirettamente connessi con l’attività di boat and breakfast.
- Effettuare una corretta attività di risk assessment di tipo assicurativo.
In questa nostra considerazione, abbiamo voluto, come ogni mese, cercare di fornire al lettore alcuni spunti critici rispetto alla tematica in esame. Come si è potuto evincere, questa nuova forma di utilizzo si è decisamente affermata anche nel nostro Paese e, quasi a un decennio di distanza, sarebbe forse il momento di normare adeguatamente questo stato di fatto, formulando una disciplina completa e coerente, senza indurre l’utenza a ricorrere verso chi, in ambito marittimo, sa essere più pratico di noi quale sistema Paese. Il tutto, non sacrificando la sicurezza e mettendo l’utenza nella condizione di adempiere compiutamente a quanto dovesse prescrivere la legge, permettendo, dunque, anche all’autorità di controllo di agire al di là di ogni dubbio nell’interpretazione e applicazione normativa e operativa.