Brutti ma buoni: scorfani, ronghi, pesci San Pietro e murene
Sembra più il titolo di un western all’antica, uno di quelli dove chi spara per primo porta a casa la pelle. Anche se nella pesca ci sono albe e tramonti, qui le sfide non si fanno a colpi di revolver, ma all’ultimo artificiale, e il buono (a tavola) corrisponde al brutto e, perché no, anche al cattivo.
Da quando la pesca verticale è diventata una realtà anche nei paesi lontani dal Sol Levante, centinaia di appassionati hanno scoperto la possibilità di scontrarsi con avversari di tutto rispetto, grazie ad attrezzature ultralight, e soprattutto certi pesci, un tempo miraggio, sono diventati l’avversario da battere.
LA STAGIONE IDEALE
Chi si avvicina a questa pesca, ha in mente la cattura da sogno e la canna in piega fino allo spasmo, ma la realtà dei fatti è un’altra. Alle alte profondità, i meccanismi dinamici delle biodiversità funzionano esattamente come nell’immediato sottocosta: esistono termoclini, periodi e profondità dove pescare.
Generalmente, per incontrare un “brutto ma buono”, dobbiamo cercarlo tra la fine dell’inverno e la primavera inoltrata. L’acqua dovrà essere “tiepida”, il plancton e i microorganismi in movimento negli ultimi strati prima del fondo e la marea montante.
Tutte queste regole non sono dettate da mere fantasie: i micro-organismi portano a quote potabili i pesci foraggio, la marea montante rallenta sempre la corrente e i grossi predatori si mettono in caccia per rifocillarsi prima delle fatiche dell’accoppiamento.
Tutte queste combinazioni si verificano, lungo le coste italiane, quando l’acqua più fredda e pesante inizia a lasciare il posto a quella che poi diventerà la calda estiva, e si schiarisce la profondità, permettendo il movimento dei micro-organismi e l’innesco della catena alimentare.
La canna in piega sarà quindi una realtà, a patto di trovare il periodo giusto e avere la pazienza di attendere che i pesci si mettano in caccia.
QUALI AVVERSARI?
Parlando di brutti ma buoni e di profondità, viene scontato chiedersi: con chi mi confronterò?
Indubbiamente le sorprese in mare sono sempre in agguato; è possibile, però, indirizzare la pesca a determinate specie, calibrando artificiali e zone di pesca al fine di rendere la battuta quasi dedicata ad alcune prede. Parliamo di scorfani rossi, scorfani di fondale, ronghi, pesci San Pietro e murene.
Scorfani Rossi
La profondità tra i 90 e i 140 metri è l’habitat ideale per cercare pesci veramente oversize, si possono infatti catturare esemplari di scorfani rossi spesso superiori al chilo ed è un vero peccato trattenere pesci che non raggiungono questo peso.
Individuata la zona con coralligeno e scogli (anche bassi), insisteremo con gli artificiali a fondo, conditi con delle striscioline di calamaro, anche abbondanti. La mangiata, sempre simile ad un leggero tocco, deve essere seguita da una energica ferrata, poiché gli scorfani generalmente trattengono in bocca senza mordere. Un grosso scorfano si difende nei primi attimi dopo la ferrata, negli ultimi 20 metri non ha barotraumi e, se riesce a slamarsi, difficilmente lo vedremo venire a galla. In cucina è un vero Re: si presta a ogni piatto, dal crudo ai primi, e rimane uno dei migliori pesci da fare al forno.
Scorfani di Fondale
Superati i 115 metri e fino ai 220, è facilissimo incontrare gli scorfani di fondale, che – pur essendo cugini dei rossi – non sono ugualmente apprezzati a tavola. Non si difendono dopo l’allamata, facendosi letteralmente tirare a galla senza batter ciglio. Aggrediscono tutto ciò che si muove intorno a loro, ma non si spostano di un metro, aspettando letteralmente di avere l’esca davanti. Non raggiungono grandi dimensioni, ma ci si può imbattere in esemplari tra i 500 grammi e il chilo.
Ronghi
Presenti dagli 80 metri in poi, sono avversari temibili sia in acqua che appena salpati a bordo. Combattono con vigore con diversi scatti ad ogni cambio significativo di profondità e possono tranciare con facilità anche nylon di dimensioni generose. Colpiscono l’artificiale solo se sapientemente manovrato e lo inseguono anche per parecchi metri dal fondo. In cucina sono molto apprezzati, a patto di saperli pulire e gestire in casa. Il peso? In questa pesca è difficile allamare esemplari sotto il chilo: anzi, è facile imbattersi in pesci da oltre 8 chili, autentici mostri degli abissi.
Pesci San Pietro
Signori delle profondità dalla livrea molto significativa (si dice che la macchia nera sia l’impronta di San Pietro che li toccò), sono pessimi combattenti e molto diffidenti, raramente si allamano esemplari sotto il chilogrammo di peso. Aggrediscono esche in movimento, ma non è difficile allamarli perché aggrediscono pesci rimasti vittime dei nostri artificiali a loro volta. In cucina sono una vera eccellenza e ripagano abbondantemente della mancata resistenza alla cattura. La struttura ossea di cui sono composti la dice lunga sulle loro origini: sono dei veri dinosauri giunti fino a noi.
Murene
Fastidiosissimi nemici dei nostri artificiali, degli assist e dei nostri fili, si difendono egregiamente in profondità e diventano difficilmente gestibili se vivi a bordo. I denti affilatissimi e la bocca a scatto fanno sì che, se aggrediscono, difficilmente non lacerano. Bruttissime a vedersi, sono una vera delizia in tavola, dove possono soddisfare palati esigenti con gustosi sughetti o anche fritte. Il migliore artificiale per catturarle? Quello che resiste ai loro temibili denti.
LA RICERCA ELETTRONICA
Individuata sulla carta una depressione (anche fangosa), tra gli 80 e i 150 metri, ci recheremo in zona, tentando di pescare a ridosso della cigliata. La vera difficoltà sarà cercare degli spot in cui il movimento dei pesci foraggio è visibile in ecoscandaglio. Fondamentale l’utilizzo della funzione “shift” o “spostamento” per visualizzare i movimenti al fondo anche di pesci singoli, con la massima risoluzione dello schermo.
L’attivazione della traccia sarà essenziale per osservare lo scarroccio della nostra barca e riposizionarci all’inizio della discesa se si rivelerà proficuo.
Inutile dire che i coni ampi dell’ecoscandaglio, se da un lato facilitano la ricerca delle zone, dall’altro rendono difficile calare con precisione le esche sui pesci. La corrente, poi, va assolutamente valutata e va osservato se a diverse profondità ci sono cambiamenti significativi nella discesa dell’artificiale.
ANCORA GALLEGGIANTE O MOTORE ELETTRICO?
Quando il motore elettrico era solo un sogno, l’ancora galleggiante era un’ottima soluzione per tenere la barca in pesca e gli artificiali in verticale. Lo svantaggio notevole era l’impossibilità di bloccare a scelta lo scarroccio durante un’allamata e farlo ripartire quando necessario.
L’avvento del motore elettrico e delle batterie al litio ha consentito a un vasto numero di appassionati di avvicinarsi a questa pesca, semplificando notevolmente il compito degli skipper.
Vediamo quali regole di ingaggio sono da seguire per usare al meglio il nostro amico elettronico, telecomando alla mano.
- In presenza di forte corrente, ancoreremo la barca sopra corrente rispetto al punto prescelto per calare gli artificiali e, raggiunto il fondo, sganceremo l’ancora, che ci farà scarrocciare fino a sentire la prima mangiata. In quel momento ancoreremo immediatamente, proseguendo la pescata fino a quando le mangiate insisteranno.
- In mancanza di corrente, invece, partiremo comunque in ancora; una volta raggiunto il fondo, premeremo il tasto freccia corrispondente alla direzione verso cui vogliamo spostarci. In questo modo la barca avanzerà di 1,5 metri e si fermerà nuovamente in ancora. Ad ogni pressione del tasto seguirà uno spostamento millimetrico di 1,5 metri: niente di meglio per esplorare ampie zone di mare.
GLI ARTIFICIALI
Esiste un artificiale specifico per pescare in verticale profondo i grufolatori? La risposta è no. Esiste un artificiale che possa metterci in condizione di farlo? La risposta è sì.
Quando scegliamo gli artificiali per insidiare queste prede negli abissi, dobbiamo avere in cassetta forme e pesi tali da vincere la corrente e riuscire a stazionare al fondo. Come abbiamo detto, citando le specie, questi pesci aggrediscono spesso senza lasciare il fondo, pertanto l’artificiale deve riuscire a raggiungere il fondale e a rimanerci; allo stesso tempo, dovrà farci stare in verticale altrimenti la nostra ferrata non arriverà al momento giusto.
Tai Rubber, K-Tai e Inchiku saranno la scelta migliore: i primi in condizioni di scarsa corrente, i secondi in condizioni di media corrente e infine gli ultimi quando la corrente diventa ingestibile.
In ogni caso, è buona norma sostituire gli ami di serie con assist più robusti e magari da noi realizzati con ami che ci consentano di bucare l’apparato boccale del pesce in sicurezza.