Salone Internazionale di Genova 2012. Si apre un ennesima fiera nautica all’ombra della crisi mondiale che ci attanaglia ormai dal lontano 2007.
Ogni anno, da un quinquennio a questa parte, abbiamo sentito in questi padiglioni pareri discordanti circa le sorti della nautica nostrana e non, vaticini di un’imminente disastro o, al contrario, pre-visioni di una ( pur fioca ) luce al di fuori del tunnel …
Gli innumerevoli eventi, convention, conferenze sul tema illustrano stoicamente, di anno in anno, numeri e sempre numeri relativi alla produzione industriale italiana, europea, mondiale. Chi sale, chi scende, chi non c’è più. E’ vero che molti cantieri ci hanno lasciato, del resto, non potrebbe non essere così in un panorama mondiale economico e finanziario profondamente mutati.Probabilmente, occorre semplicemente accettare che non sempre si può surfare sulla cresta dell’onda, ma talvolta bisogna anche – semplicemente – nuotare sdraiati col ventre sulla tavola. Non conosco, al momento in cui sto scrivendo questo editoriale, quali saranno tutte le novità e gli umori ( positivi e/o negativi ) del prossimo Salone, ad ogni modo, in questi giorni partirà il festival de la Plaisance di Cannes, ed inizieremo ad avere le prime sensazioni.
Quello che posso raccontare, sempre (ovviamente) sulla scorta di un’esperienza squisitamente individuale, è la mia personale sensazione maturata durante gli ultimi anno di lavoro. Io credo, che quella che stiamo vivendo (non solo nell’industria nautica ) sia una sorta di darwiniana evoluzione naturale in base alla quale chi resta (sopravvivendo agli infausti eventi) diventerà man mano più forte, più progredito, più competitivo. Contrariamente a ciò che si potrebbe pensare, infatti, chi rimane sul palcoscenico nazionale continua ad offrire un prodotto sempre più competitivo rispetto a quello che presentava alcuni anni or sono e questo non solo sotto il profilo di un costo d’acquisto più vantaggioso per l’armatore, ma – soprattutto – sotto l’aspetto della qualità delle imbarcazioni.
In altri termini, chi sta resistendo lo sta facendo proprio in virtù di una rinnovata attenzione alla qualità, alle performance marine, stilistiche e tecniche. Per quanto mi compete, in qualità consulente, negli ultimi anni rimango costantemente stupito circa il fatto di poter seguire spesso nuovi progetti di ingegnerizzazioni di processo e di prodotto. I cantieri con cui collaboro, in effetti, se è vero – da un lato – che producono un numero minore di imbarcazioni, è altrettanto veritiero che stanno cercando di realizzarle sempre meglio con grande attenzione a tutte le scelte tecniche che possono ruotare intorno alla costruzione di ogni modello.
In effetti, oggigiorno un’azienda nautica che si vuole giocare la possibilità di ‘vendere’ la propria produzione non può far altro che presentare un prodotto migliore rispetto alla media, anche se questo costa dei sacrifici. Difatti, per ogni cantiere offrire al pubblico un prodotto ‘migliore ‘ significa evidentemente continuare ad investire ( in periodi in cui verrebbe voglia di fare ben altro ) in termini di ricerca, sviluppo … in termini economici, insomma.
Del resto, al di là di ogni teorema di marketing aziendale, si può tranquillamente affermare che – molto banalmente – costruire imbarcazioni ad alto rapporto qualità/costo sia la migliore pubblicità in assoluto. I Cantieri Nautici, quindi, stanno man mano cambiando mentalità, sostituendo gradualmente al concetto di produzioni di massa quello di produzioni più snelle e flessibili, che abbiano come focus un cliente scelto che sappia apprezzare un prodotto migliore sotto ogni profilo: tecnico, stilistico, ed in ultimo – ma non per importanza – quello del rispetto ambientale.
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