Una delle attività erogate dal mio studio di ingegneria è quella relativa all’accettazione di modelli e stampi per conto dei cantieri costruttori nei riguardi dei propri fornitori e terzisti.
Fornire consulenza in quest’ambito è un compito molto delicato, poiché, come ho già più volte detto e scritto, la buona riuscita di un’imbarcazione parte proprio dalla costruzione “a regola d’arte “ dei suoi stampi.
Pur tuttavia, quanto asserito è vero solo in parte.
Infatti, anche gli stampi – a loro volta – sono ottenuti di norma ( a meno che non vengano realizzati degli stampi diretti ) da appositi modelli ( altrimenti chiamati master ) che – pertanto – sono il vero incipit dell’intera catena produttiva.
Per quanto mi riguarda, quando collaboro con un cantiere in questo ambito, mi sento sempre di consigliare di sorvegliare con la massima attenzione innanzitutto i master, e – solo successivamente – gli stampi.
Questo, non tanto per un pedante bizantinismo , quanto per il fatto che molto spesso operare sugli stampi è sconsigliabile e – soprattutto – nella maggioranza dei casi può essere infruttuoso : non sempre si riesce ad ottenere l’effetto desiderato e non sempre si riescono a recuperare eventuali danni derivanti da un modello sbagliato.
Chi opera in questo settore sa benissimo che il master – a sua volta – nasce dalla matita ( per usare un eufemismo) del progettista. Costui realizza un file CAD e la matematica ottenuta viene trasformata in un percorso macchina ( CAM ).
Oggigiorno, la quasi maggioranza dei modellisti – infatti – si è attrezzata con un macchinario a controllo numerico che è capace di fresare un blocco di materiale (come l’MDF, il Poliuretano Espanso ad alta densità, o le paste epossidiche ) rispettando esattamente la geometria e le forme immaginate dallo studio di progettazione con precisioni veramente importanti, in quanto la fresa è animata da un computer che lavora sulla matematica precedentemente inserita.
Questo è quello che accade in teoria. Nella pratica, possono capitare numerosi inconvenienti con la conseguenza di avere diversi ‘scostamenti’ dall’originale.
Partiamo dall’inizio. Primo problema. La realizzazione del “parallelepipedo” da fresare ( quasi per tutte le imbarcazioni , e non mi riferisco solo alle navette o ai mega-yacht ma anche ai più democratici natanti ), viene effettuata assemblando ed incollando diversi blocchi più piccoli.
Questi incollaggi possono innanzitutto subire dei disallineamenti e da cui possono scaturire problemi di natura dimensionale, perdita di alcune informazione geometriche, degli avviamenti, etc.
Secondo problema.
Il materiale stesso, una volta fresato può – per svariati motivi – subire dei movimenti. In particolare mi riferisco alla fresatura di blocchi sui quali è stata estrusa una pasta polimerica ( anche se – tutto sommato – perfino il legno può subire delle piccole deformazioni a causa dell’assorbimento dell’umidità o più i generale del microclima che si viene a creare in cantiere ). Queste paste, di solito, vengono ‘spalmate’ su uno scheletro di legno e schiuma espansa. Una volta che tutta la superficie è stata ricoperta da uno strato di 15 mm di pasta poliuretanica od epossidica si attende il tempo necessario affinchè questo materiale catalizzi.
La reazione di reticolazione che porta all’indurimento di queste materie plastiche si chiama polimerizzazione. Orbene, non tutti sanno che la curva di polimerizzazione è asintotica.
Ma questo che vuol dire?
In parole semplici voglio dire che una pasta polimerica (di qualsiasi natura essa sia) continua a reticolare (e quindi a muoversi a livello molecolare) ancora per diverso tempo dopo l’apparente catalisi. Questo progressivo indurimento può provocare ( man mano che il tempo trascorre) ritiri e deformazioni che a volte sono quasi impercettibili. Tuttavia, l’apparente impercettibilità di questi problemi, non disdegna di comparire in maniera più prepotente e marcata nelle fasi successive allorché si va ad effettuare l’operazione di demoulding dello stampo.
E’ sempre consigliabile, dunque, verificare con appositi strumenti ( e mirati cicli di cura termica) che la pasta sia perfettamente polimerizzata e i rischi di ritiri e/o rimarchi siano quasi azzerati.
Terzo problema. Sui Modelli viene – di norma – effettuato un ciclo di rifinitura. Infatti, che essi siano in Pasta piuttosto che in MDF o in altri materiali, non avranno mai il grado di rifinitura necessario per potervi realizzare direttamente uno stampo.
Per tale motivo, a seconda dei materiali con cui il master è stato realizzato, verranno eseguiti dei cicli di lavoro, volti a portare le superfici ad un livello di perfezione molto spinto con richieste ( da parte del cantiere committente) di un valore di brillantezza medio che può aggirarsi intorno ai 95 gloss.
Questi cicli di carrozzeria, a loro volta, non sempre vengono eseguiti nel rispetto tecnico delle norme di lavorazione. Infatti, tutti quelli che possono essere fondi, primer, ovvero finishing, richiedono specifiche procedure per essere applicati ‘ a regola d’arte’ e per non incorrere in problemi successivi.
Sovente capita, e chi lavora in questo settore lo sa, che dopo una settimana o due dalla fine del ciclo di rifinitura (sempre che il successivo processo di realizzazione dello stampo non sia iniziato e siamo ancora in tempo per accorgercene), possono affiorare in superficie diversi problemi come rimarcature, opacità, aloni, etc.
Bene, tali difetti, se non vengono preventivamente arginati in questa fase, rappresenteranno molto spesso un fardello ( talvolta poco risolvibile ) che in misura più o meno accentuata potremmo trasportarci fino alla realizzazione della stampata vera e propria dell’imbarcazione.
Un ultimo importante problema nasce quando l’outsourcing dei modelli investe più di un fornitore.
Infatti, proprio a causa della non perfetta rispondenza dei modelli reali con il file CAD ( ricordo a tal uopo, che qualora non vi fossero problemi particolari, comunque possono esservi scostamenti dimensionali legati alla variabilità degli spessori di stucchi a spruzzo, dei fondi, etc.) si potrebbe incorrere in problemi di accoppiamento e calettatura .
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