Il contratto di ormeggio nella nautica da diporto
Il contratto di ormeggio è un negozio giuridico di comune utilizzazione nella navigazione da diporto. Contratto atipico, anche se la ripetitività dell’utilizzo lo ha reso di fatto tipico, in base al quale un soggetto concessionario e gestore di un porto/marina mette a disposizione del soggetto utilizzatore-diportista uno specchio di acqua solitamente riparato e attrezzato, ovvero un c.d. “posto barca“.
Contratto di ormeggio: locazione o deposito?
L’oggetto del contratto è assimilabile per alcuni versi al contratto di locazione, per altri a quello di deposito; come ha più volte evidenziato la Corte di Cassazione, il medesimo, pur rientrando nella categoria dei contratti atipici, è sempre caratterizzato da una struttura minima essenziale consistente nella messa a disposizione ed utilizzazione delle strutture portuali, con conseguente assegnazione di un delimitato spazio acqueo; il suo contenuto può, tuttavia, espandersi oltre ed estendersi ad altre prestazioni tra cui il diritto di usare bitte o ganci di ormeggio, come anche la possibilità di utilizzare la rete elettrica e l’acqua fornite dal gestore.
Ai fini dell’individuazione della normativa applicabile, rileva la previsione o meno dell’obbligo di custodia, che, solitamente, non è espressamente previsto nei contratti di ormeggio. Nell’ipotesi in cui oggetto del contratto sia la mera messa a disposizione dello spazio acqueo, si configurerebbe una ipotesi di ormeggio più simile alla locazione, con contestuale applicazione della normativa che si riferisce a detto istituto; viceversa, qualora all’oggetto del contratto acceda anche l’obbligo di custodia e vigilanza gravante sul concessionario del porto turistico, si rinverrebbe un’ipotesi di ormeggio con le caratteristiche del contratto di deposito e l’applicazione degli articoli 1766 e seguenti del codice civile.
Contratto di ormeggio: durata
Il contratto di ormeggio non si riferisce soltanto al negozio che prevede il diritto all’uso del posto barca per tutta la durata della concessione. Si parla, infatti, di contratto di ormeggio anche per indicare un contratto che consente l’utilizzazione di un posto barca per un periodo di tempo più limitato, come avviene nel caso di sosta stagionale o annuale, ovvero anche breve o brevissimo, come la sosta di pochi giorni o, addirittura, di un solo giorno.
Contratto di ormeggio: è necessaria la forma scritta?
Non è prevista la forma scritta a pena nullità, ciononostante la medesima è sempre più usata e consigliata anche qualora la durata del contratto sia breve.
Contratto di ormeggio: recenti orientamenti giurisprudenziali
Considerato il largo utilizzo di questo tipo di contratto era auspicabile che, con la riforma del codice della nautica da diporto a mezzo del D.lgs. 18/07/2005, n. 171, si potesse disciplinare il contratto di ormeggio, ma così non è stato. La mancanza di una tipizzazione ha creato e crea spesso nella prassi uno squilibrio contrattuale notevole, quali l’emissione di formulari contrattuali raramente uniformi, limitazioni di responsabilità a forte vantaggio del concessionario e poca tutela per il diportista. Data la natura atipica del contratto di ormeggio e l’evidente difficoltà di risalire ad una figura negoziale ben definita, elementi utili ed indispensabili all’individuazione della disciplina cui esso soggiace sono, oltre quanto riportato nel contratto, l’interpretazione effettiva della volontà delle parti e le prestazioni in concreto offerte.
In tal senso in assenza di clausole contrattuali volte ad escludere nettamente l’obbligo di custodia, la giurisprudenza ha ritenuto negli anni di applicare al contratto di ormeggio le norme disciplinanti il contratto di deposito, in relazione al fatto che il diportista raramente stipula tale accordo al solo fine di assicurarsi il godimento dello spazio acqueo riservatogli, volendo allo stesso tempo usufruire delle prestazioni accessorie messe a disposizione dal concessionario/gestore.
La giurisprudenza consolidatasi negli anni riteneva che, in caso di danni all’imbarcazione ormeggiata, il concessionario non fosse responsabile ogniqualvolta era in grado di provare che il danno si era verificato nonostante lui avesse osservato le regole di diligenza e che, quindi, il danno all’imbarcazione era derivato da causa a lui non imputabile.
Alla luce della recente giurisprudenza di merito formatasi sulla responsabilità del soggetto concedente per omessa custodia del bene, si percepisce una evoluzione verso una maggiore responsabilizzazione del soggetto concessionario al quale si richiede una diligenza maggiormente qualificata.
- Corte d’Appello Napoli, Sezione 7 Civile Sentenza del 24 maggio 2021
È molto interessante, e cambia un po’ la prospettiva e il trend giurisprudenziale formatosi in tema di onere di custodia del concessionario del posto barca, quanto emerge da una recente pronuncia della Corte di Appello di Napoli, (Corte d’Appello Napoli, Sezione 7 Civile Sentenza del 24 maggio 2021) chiamata a decidere in merito alla responsabilità di un danno causato ad una imbarcazione per il cedimento del cavo di ormeggio fornito da una marina.
La Corte di Appello, in accoglimento della domanda del diportista, ha ritenuto di condannare il concessionario al risarcimento dei danni derivati all’imbarcazione reputando che la prestazione di custodia sia congiunta a quella di fruizione del posto barca, in quanto sembra completare il quadro degli interessi che caratterizzano il contratto di ormeggio. Del resto, rileva la Corte di Appello, il diportista ha interesse non solo a procurarsi un ormeggio per la sua imbarcazione, ma vuole anche saperla custodita, considerato il valore spesso rilevante del tipo di mezzo, ma anche i costi dei vari servizi.
Il concessionario, quindi, secondo la Corte di Appello di Napoli, “qualora si renda conto (o dovrebbe rendersi conto), al momento dell’adempimento della prestazione di custodia, che il soddisfacimento dell’interesse creditorio non sarebbe configurabile senza la produzione di uno sforzo maggiore rispetto a quello che ordinariamente comporterebbe la diligenza del buon padre di famiglia, è tenuto comunque a produrre tale sforzo particolare”, e ad esercitare pertanto una diligenza qualificata.
- Tribunale di Sassari Sezione 2 Civile, Sentenza del 19 ottobre 2021 n. 1051
Alcuni mesi dopo, a conferma della nuova tendenza, è il Tribunale di Sassari a tornare sul punto ed a rilevare che, stante l’obbligo di custodia di restituire i natanti nelle condizioni in cui vengono presi in carico, incombe sul gestore del porto l’onere di provare l’esatto adempimento o che l’inadempimento sia dipeso da causa a lui non imputabile, secondo la previsione di cui all’art. 1218 c.c.: “egli in ogni caso deve dimostrare di aver adottato tutte le precauzioni suggerite dall’ordinaria diligenza, incluse quelle richiedenti uno sforzo maggiore, laddove egli si avveda di ulteriori particolari esigenze richieste dall’assolvimento dell’obbligo di custodia, versando diversamente in colpa cosciente e non essendo sufficiente, data anche la sua professionalità, la diligenza del buon padre di famiglia” (Tribunale di Sassari Sezione 2 Civile, Sentenza del 19 ottobre 2021 n. 1051).