Disegnare il futuro: intervista alla yacht designer Anna Borla
Una passione diventata così grande che ammirare le barche non bastava più: doveva capirle e viverle dall’interno, doveva poterle disegnare. Così, l’amore per il mare e per la nautica l’hanno guidata nei suoi studi e poi attraverso i primi successi. Anna Borla disegna il futuro rifacendosi al presente: tra le difficoltà, le scoperte e i problemi di oggi progetta lo yacht e le soluzioni di domani. Dall'”invisibile” HIDE al suo ultimo ARIA.
Per iniziare, vorrei chiederle di raccontarci il suo percorso, dall’inizio della sua carriera alla nascita del suo studio, fino agli ultimi progetti.
Sono appassionata al mondo della nautica sin da quando ero piccola, grazie anche ai miei genitori e ai miei nonni, in particolare a mio nonno, che era un grande appassionato di barche. Con la mia famiglia abbiamo sempre trascorso le vacanze in Sardegna e mi ricordo che un giorno, ero su per giù adolescente, stavo ammirando gli imponenti megayacht che solcano le acque dell’isola e ho pensato: “Bene, questo è ciò che voglio fare nella vita”. Mi piacevano così tanto le barche che volevo progettarle, non solo guardarle.
Il mare, poi, è sempre stato capace di regalarmi un senso di tranquillità. Anche questa relazione speciale è stata di ispirazione nei miei lavori, soprattutto per il mio ultimo progetto: ARIA.
Per quanto riguarda, invece, il mio percorso, ho studiato Design del Prodotto e conseguito un master in Yacht Design, tutto al Politecnico di Milano. Con il master ho avuto l’opportunità di addentrarmi meglio nel mondo delle barche e degli yacht e ho iniziato un tirocinio, che poi si è trasformato in una collaborazione che ancora continua, nello studio dell’Architetto Matteo Picchio.
Con lui ho collaborato a diversi progetti, ma il mio preferito è quello di un ex-rimorchiatore della U.S. Navy degli anni ’40, proprio su progetto di Matteo. Questa imbarcazione è stata trasformata completamente, diventando uno yacht molto bello e raffinato, che sta finendo la sua fase di costruzione a San Benedetto del Tronto.
Ho partecipato al Yacht Designer Of The Year di Boat International sponsorizzato dal cantiere Oceanco nel 2020 e sono stata selezionata come finalista. Anche se non ho vinto, è stata una grande esperienza che mi ha permesso di partecipare ad eventi significativi e di crearmi contatti importanti. Purtroppo, il tempismo non è stato dei migliori, perché dopo due settimane circa è iniziato il lockdown.
Quindi non solo grandi yacht, ma anche refitting. Cosa ci può dire di questo mondo?
Parlo sempre dei miei progetti concept, barche molto grandi e con un pubblico specifico, ma in realtà mi piace prendere parte anche a questo tipo di lavori: sono barche che sono già state vissute e che hanno una storia, ma che hanno bisogno di qualche intervento.
La mia prima esperienza in questo ambito è stata la riprogettazione della cucina per una barca molto importante. Queste piccole cose mi divertono molto e c’è sempre spazio e tempo per realizzarne qualcuna, in aggiunta ai grossi concept, che invece richiedono un concetto forte alla base e un’impronta stilistica precisa. Ovviamente, anche sulle barche da ristrutturare, quindi già costruite, mi piace sempre lasciare un po’ del mio stile.
Per quanto riguarda la progettazione a tutto tondo, l’ultimo suo progetto è ARIA, che ha alla base la combinazione di modernità e tradizione. Ce ne vuole parlare?
Sicuramente l’esperienza nello studio di Matteo è stata molto importante: grazie ad alcuni dei suoi progetti più “classici” ho compreso come le barche vengano costruite. Anche vedere come venivano realizzati i modelli dei cantieri Sangermani – perfetti, con una precisione maniacale, realizzati su misura e di un’eleganza straordinaria – è stato veramente incisivo.
Mi piace, quindi, portare all’interno dei miei progetti tutta l‘esperienza che ho maturato, che mi ha formato e mi sta formando. Nei miei lavori, infatti, adotto uno stile lineare e contemporaneo, ma lo associo ad alcuni elementi classici. Ad esempio, nel progettare ARIA, che è un’imbarcazione dalle linee nette e moderne, ho voluto inserire queste parti in legno, che oltretutto contribuiranno a conferire un’atmosfera più calda alla barca, unendosi alle linee nette e pulite del disegno.
Ci può spiegare nel dettaglio il concetto del rapporto tra armatore e natura su ARIA? Quali elementi di questo progetto mettono in evidenza e rafforzano questo contatto?
Nel processo di realizzazione di un progetto, sono influenzata sempre in parte anche dal periodo storico in cui sta nascendo e, ovviamente, il periodo della pandemia non ha fatto eccezione. Eravamo tutti chiusi nelle nostre realtà e ho scoperto come sia gratificante e rilassante anche solo passeggiare nella natura. Ho capito che magari si vive forsennatamente nei ritmi della città, ma poi basta fermarsi un attimo ad ammirare la natura per capire quanto valore abbia anche questo.
Ho voluto inserire questi elementi su ARIA, perché volevo far sì che lo yacht non fosse solamente un prodotto o un mezzo di trasporto, ma che potesse essere anche in grado di regalare all’armatore e ai suoi ospiti un’esperienza a bordo nuova: stare in mezzo alla natura, rilassarsi il più possibile. Questo è un po’ il pensiero alla base.
Quindi, per accentuare questo concetto, ho inserito un piccolo giardinetto, che è visibile dall’alto nella parte di prua sul ponte principale, chiaramente coperto e con alcuni fori per far circolare l’aria.
Il giardino si inserisce nella cabina armatoriale. Un po’ inusuale come scelta: siamo abituati a cabine armatoriali lussuose, con balconcini, enormi televisori e tutte le comodità possibili; invece, il focus della mia cabina armatoriale è proprio il rapporto tra armatore e natura. L’aspetto principale di questo ambiente è una piccola serra interna, tanto che il letto ha la vista sul verde, a meno che non si decida di far scendere la tv dal cielino in cui è nascosta.
Rimanendo in tema di natura, su ARIA ha adottato soluzioni sostenibili?
In questo momento, il mondo della nautica si sta muovendo sempre più in questa direzione e, per l’esattezza, il discorso della sostenibilità si muove principalmente sulle propulsioni elettriche. Quindi, anche il mio progetto nello specifico, che per ora è un concept, è pensato per una propulsione elettrica.
È anche una questione di funzionalità: in alcune zone, come le molte che ci sono in Sardegna, non si può navigare in condizioni “normali”, ma si può solo se si è dotati di propulsione elettrica, che non inquina.
Quando sarà concluso il progetto? Si ha già una data per la messa in acqua di ARIA?
Ad oggi, il progetto è stato preso in carico dal broker MasterBrokerage, che si occuperà di inserire ARIA nella gamma del cantiere che abbiamo individuato. Così procederemo allo sviluppo del progetto, che sarà cucito su misura per l’armatore, adattato perfettamente alle sue esigenze.
Qual è la sua personale firma nei progetti? L’elemento che accomuna tutti i suoi lavori? Le linee pulite, la ricerca del contatto con la natura, ad esempio, o c’è qualcos’altro?
Questi sono sicuramente i punti principali. I miei ultimi progetti sono stati BLACK HERON, che ho portato al Boat International, HIDE ed EDGE, per poi arrivare ad ARIA. Sono tutti caratterizzati da linee molto nette, ma allo stesso tempo eleganti. Sicuramente un altro punto importante è l’inserimento degli elementi in legno.
Poi ricorre spesso anche il rapporto con l’ambiente circostante, non solo tra l’armatore e l’ambiente, ma anche tra la barca e l’ambiente. Sempre guardando in Sardegna, ma in realtà è così ovunque, ci si ritrova ad ammirare la costa meravigliosa dell’isola e il paesaggio incontaminato e poi ci si imbatte con lo sguardo in queste enormi barche bianche. La mia idea è riuscire ad amalgamare la barca con ciò che la circonda, senza che impatti troppo sull’ambiente.
ANNA BORLA