Esploriamo il Tataki: i trucchi per la pesca del calamaro
Il Tataki al calamaro: tecniche e consigli di pesca.
I primi veri freddi fanno sì che nelle nostre menti si accenda la “modalità cefalopodi”: la sveglia si sposta a orari più umani, complice il freddo e il ritardo del sorgere del sole; costume e t-shirt lasciano il posto a ingombranti giubbotti e felpe; i piedi non sono più a contatto diretto con la fresca vetroresina, ma al calduccio, dentro morbidi stivali termici.
La stagione dell’eging è una delle mie preferite. Lo so, lo dico di tutte, ma questa volta è un po’ più vero. Il Tataki al calamaro, poi, lo adoro: è una delle tecniche in cui mi piace sperimentare e azzardare di più.
Cerco di esplorare anche zone che comunemente la massa ignora, piccoli punti nascosti, a volte un solo sasso, a volte a pochissimi metri da terra. Questi tentativi spesso mi hanno regalato grandi soddisfazioni in termini di dimensioni e quantità delle catture. Un’altra variante importantissima sono i colori dei nostri Oppai, quei piccoli artificiali che ci servono – appunto – proprio per insidiare i calamari e che spesso ingannano anche qualche bella seppia.
L’argomento è vasto e molto delicato: ognuno ha il proprio parere in merito. Io ho una mia linea dettata dall’esperienza sul campo e a ogni uscita mi muovo nello stesso modo:
1) Ricerco lo spot giusto, cercando le marcature del foraggio sul fondo.
2) Staziono nella strike zone, aiutandomi con il motorino elettrico per rallentare lo scarroccio se troppo veloce.
3) Calo almeno 3 canne armate in modo differente, sia per le lenze che per i colori degli artificiali.
4) Verifico quale rende di più e adatto di conseguenza le altre.
Con questo sistema non do spazio all’interpretazione, ma alla statistica: il colore migliore è semplicemente quello che offre migliori risultati durante una sessione. Ogni uscita è sempre diversa, con moltissime variabili, e i cefalopodi poi sono imprevedibili, praticamente pazzi!
Mi è capitato di affrontare lo stesso spot, a distanza anche solo di uno o due giorni, e di dover rivoluzionare il sistema di pesca che la volta precedente sembrava perfetto. Per questo motivo nelle mie box ho sempre esche con colori accesi, naturali e scuri, di dimensioni e forme differenti, con assetti diversi (altro aspetto da non sottovalutare). Bene o male, con questo metodo ho sempre salvato la battuta di pesca.
Aprite la mente, sperimentate, non fossilizzatevi, pensate controcorrente ed esplorate: è questa l’essenza della pesca.