Fulvio De Simoni, il passato e il futuro dello yacht design
In questi ultimi tempi, i cantieri tendono a realizzare imbarcazioni sempre più green, chi guardando ai consumi, chi puntando sull’elettrico. lei come vede il futuro della nautica in questo senso?
Non credo che sia una moda del momento. Il discorso è più ampio e sfaccettato. Faccio un esempio: se io comprassi una Tesla a La Spezia e la adoperassi per andare in ufficio, starei consumando l’energia elettrica che mi dicono essere pulita, ma appena dietro l’ufficio c’è una centrale elettrica a carbone. Ovvio, al momento questa centrale è chiusa, ma il ragionamento rimane e, comunque, vista la situazione generale, potrebbero addirittura riaprirla. Quindi, pensare di guidare un’automobile elettrica, la cui fonte dell’elettricità è ancora a carbone, mi lascia un po’ perplesso.
Precisiamo: più si fa per inquinare meno, meglio sarà per il futuro. Ma se dovessimo pensare a un settore dove, forse, si potrebbe un minimo procedere con calma, considererei proprio la nautica: la barca viene utilizzata così poco nel corso dell’anno. Di certo inquina come ogni altra attività umana, ma lo fa nel posto meno passibile di problematiche. Quindi, sì, credo che la nautica sia il settore che ha meno impatto di tutti quanti. Ben venga questo cammino verso l’elettricità, però se c’è un settore in cui possiamo prendercela un po’ più comoda credo sia proprio il nostro.
Anche perché a livello tecnologico è più complicato rispetto allo sviluppo nel settore automobilistico.
Certo. Più complicato e anche più costoso. E poi, ripeto, non dimentichiamo che non è soltanto l’inquinamento che provochiamo nel momento esatto in cui accendiamo i motori, ma è anche tutto il resto della filiera: dai materiali utilizzati alle resine, dal carbonio al trasporto e alle plastiche, plastiche di cui le barche ormai sono piene.
Recentemente sono stato a un incontro proprio su questo tema. Chi è intervenuto, provenendo dal mondo nautico, ha parlato di ciò che stiamo realizzando in questo senso. Poi, una signora – che, invece, proveniva dal Politecnico, quindi fuori dal nostro ambito – ha ribattuto che è vero, tutti parlano di soluzioni green, ma è anche vero che la produzione odierna di barche sta facendo sì che in estate, in ogni baia, ci siano mille imbarcazioni, quando 10 anni fa ce n’erano 50. Il modo di vivere della società di oggi ci sta riempiendo di cose di cui potremmo anche fare a meno e l’inquinamento ne è la conseguenza. Insomma, dobbiamo fare ciò che possiamo.
Io stesso ho progettato il Sea Cat 40, ma anche lì è un discorso complicato. A bordo c’è comunque un pacco batterie enorme. Spero sempre che nessuna barca vada a fondo, ma quelle provviste dei pacchi di batterie più di tutte, perché o si svilupperanno delle batterie – sto parlando di quelle al sale – che non hanno un impatto ambientale in caso di incidente, oppure preferirei vedere affondare una barca a benzina, che magari ne ha anche poca nel serbatoio, piuttosto che una con 50, 100 batterie, che, piene o vuote che siano, sono lì e hanno il loro importante impatto. Forse la vera transizione green per la nautica avverrà quando troveremo soluzioni e sistemi completamente diversi dal gasolio, dalla benzina e pure dall’elettricità.
Lei che ha un’esperienza molto lunga in questo settore, come e quanto vede cambiato lo yacht design da quando ha iniziato?
Beh, in modo totale. L’aspetto più negativo per me è il passaggio di proprietà dei cantieri. Cantieri che erano stati fondati e portati avanti da veri appassionati. Oggi sono entrati nel settore gruppi sempre più grandi e sempre più forti in termini economici e il fattore di traino è diventato uno solo: il guadagno. È ovvio che se un fondo investe lo fa per guadagnare e lo stesso vale per una multinazionale. Ma per me e il mio lavoro questo ha avuto un impatto dal punto di vista dei rapporti umani, con i clienti e con i cantieri.
Ora la situazione è peggiorata in questo senso: il designer è diventato in qualche misura un esecutore di idee e contenuti che l’imbarcazione dovrà necessariamente avere. Idee e contenuti che magari cambiano rispetto a quelle del designer, che seguono altre regole, altre visioni. Per quanto mi riguarda, mi piaceva di più quando ho cominciato. Adesso sulle barche grandi dicono che le innovazioni le portano i clienti: vero, dato che bisogna eseguire ciò che il cliente desidera. Devi essere anche fortunato: se trovi il cliente innovatore e innovativo nello spirito, magari realizzi un oggetto particolarmente interessante; se invece ne trovi uno un po’ diverso, potresti progettare una barca che non ti dà nulla in quanto designer, nel senso che non porti alla luce nulla di nuovo e non trasponi nulla della tua preparazione e delle tue idee.
Possiamo dire che lo yacht design si è un po’ “appiattito” rispetto agli inizi?
Assolutamente sì. In passato eravamo molto più poveri; quindi, le possibilità di realizzare progetti importanti e interessanti erano più rare. Al contrario, oggi è possibile creare di tutto, ma al contempo la situazione è quella che ho descritto ora e al designer non fanno realizzare grandi novità.