Hot Lab, 16 anni da major player nello yacht design
Una storia di talento manageriale e creativo quella che dal 2004 condividono Antonio Romano ed Enrico Lumini nello studio di progettazione Hot Lab, entrambi provenienti dal mondo dell’architettura e del design ed oggi insieme a capo di questa importante realtà progettuale, conosciuta e apprezzata in tutto il mondo.
I più grandi nomi dello yachting internazionale si sono avvalsi della loro collaborazione sia per la progettazione degli interni che per quella degli esterni, o per entrambi contemporaneamente: tra gli altri Arcadia, Baglietto, Bilgin, Columbus, Fincantieri, Heesen, Hylas, Icon, Mondomarine, Moonen, Nobiskrug, Oceanco, Otam, Perini Navi, RMK, Sarp, Turquoise, Van Der Valk e VSY.
Lo studio Hot Lab è ricercato ancora più spesso dagli armatori, per cui hanno realizzato principalmente lavori di interior design su yacht a mega yacht.
Poco più di 15 anni per arrivare ai vertici dello yachting, un risultato eccezionale frutto di un duro lavoro, di passione e di avanguardia. Incuriositi dall’ultimo varo, il 43 metri M/Y Sunrise del cantiere Yildiz di Tuzla, una delle sedi produttive di Perini Navi, abbiamo dunque intervistato Enrico Lumini, anima progettuale dello studio, che ha lavorato agli interni, davvero particolari, di questo mega yacht.
Una delle ultime barche varate è il 43 metri M/Y Sunrise, ci racconta questo vostro ultimo lavoro?
Il 43 metri M/Y Sunrise è un lavoro intrapreso con l’armatore e la sua famiglia ed è iniziato a fine 2017 e varato ad inizio 2020 in collaborazione con lo studio Ginton Naval Architects BV, che ne ha curato gli esterni. Io l’ho definita una barca di famiglia, abbiamo avuto un contatto stretto con l’armatore sin dall’inizio. Sono stati molti i meeting che abbiamo fatto direttamente con lui, che ha coinvolto anche tutta la sua famiglia. È stato un lavoro ricco di richieste ed esigenze specifiche, tutte finalizzate alla diretta soddisfazione dell’armatore, come ad esempio l’ascensore che collega tutti i ponti, dal lower deck al sundeck. Un dettaglio complesso sia dal punto di vista tecnico che estetico, sviluppato in collaborazione con un’azienda italiana, che ne ha curato anche l’installazione a bordo. Siamo riusciti a sfruttare al meglio gli spazi ed implementare questo prodotto in uno yacht di 43 metri, benché tale caratteristica sia solitamente propria solo di navi molto più grandi. Abbiamo ritenuto importante rendere generosi nelle dimensioni gli spazi dedicati alla crew al punto da rivoluzionare il GA, posizionando ad esempio la cabina armatoriale sull’upper. Parlando sempre delle vostre realizzazioni di maggiore risonanza: l’Arcadia Sherpa XL, insignito anche del World Yachts Trophies nel 2019 di cui avete curato interni ed esterni, è stato premiato come yacht più innovativo.
E dunque quali sono le innovazioni a cui avete lavorato?
Le linee esterne sono una interpretazione dagli stilemi tipici del cantiere Arcadia. L’XL, infatti, è solo l’ultima espressione di un percorso condiviso con il cantiere in questi ultimi anni, che ha prodotto imbarcazioni caratterizzate da un rapporto tra volumetrie interne ed esterne che favorisce la convivialità e da altezze del pozzetto di poppa dall’acqua sempre più ridotte. Ciò si traduce in una maggiore organicità tra i singoli ambienti e in un contatto più diretto col mare. Una barca da vivere, sia negli esterni quanto nel lowerdeck, dotato di 3 ampie cabine oltre ad una armatoriale davvero spaziosa. Si ha la possibilità di vivere tutti i ponti che, pur se disposti su più livelli e vivibili come entità autonome, risultano sempre visivamente connessi tra loro. Infine il vano tender con portellone di accesso laterale costituisce un’ulteriore peculiarità, che contribuisce a rendere lo Sherpa XL un “pocket mega yacht”.
Lavorate direttamente anche per armatori. Qual è la differenza di un lavoro realizzato per un cantiere rispetto ad uno creato per un privato?
L’approccio progettuale è il medesimo. Ovviamente nel caso in cui si crei uno stile per un armatore privato lo si fa basandosi su alcune certezze che derivano dal confronto e dalle risposte che otteniamo direttamente dal cliente. Il nostro lavoro di sartoria è dunque facilitato dal fatto che riusciamo a prendere le misure prima e meglio. Quando invece si lavora con un cantiere ci si rivolge ad un cliente ipotetico, profilato in base ad una ricerca di mercato. Le soluzioni proposte devono quindi adattarsi a richieste molto più variegate. La differenza pertanto consiste nelle soluzioni proposte attraverso il progetto: nel caso di un armatore privato rispondono ad esigenze specifiche, nel caso del progetto per un cantiere devono risultare gradite ad un pubblico il più ampio possibile. Il progetto degli esterni dovrebbe essere legato al DNA dei singoli cantieri, con un lavoro più neutro negli interni; devono invece essere più caratteristici e personalizzati i lavori di interni dedicati al privato.
Preferite lavorare per armatori privati o per i cantieri?
Negli ultimi anni ci è capitato di lavorare più spesso per armatori privati ed è quindi un settore che forse conosciamo meglio, ma ciò non vuol dire che lo prediligiamo.
Il lavoro con un armatore privato è sicuramente più coinvolgente sul piano emotivo; si creano rapporti interpersonali a lungo termine con persone che si vedono o si sentono una o più volte alla settimana per due, anche tre anni. Si lavora a specifiche domande, ma il risultato del lavoro non è frutto esclusivo della creatività del designer, ma della commistione delle esigenze armatoriali e del lavoro dell’architetto. Del rapporto con i cantieri trovo stimolante l’aspetto opposto ovvero il fatto che il risultato finale sia figlio della pura creatività del designer.
Nella sua esperienza c’è stata una richiesta bizzarra che può raccontare al nostro lettore?
Ce ne sono tante, sicuramente. Mi tornano alla memoria diversi episodi: gliene posso citare uno a mo’ d’esempio. A barca quasi consegnata, presenziamo insieme all’armatore alla fase di allestimento finale, ossia quella durante la quale l’equipaggio imbarca tutto ciò che può servire durante la prima navigazione.
L’armatore fece arrivare a bordo circa 700 bottiglie per quella sola settimana di crociera e ci vollero diverse ore di discussione con il comandante e con lo chef per risolvere il dilemma di quali lasciare in dispensa e a quali invece garantire un posto nelle cantine di bordo, che ahimè riportavano una capienza di “sole” 350 bottiglie. Bisogna essere sempre preparati a tutto.
Qual è il progetto che più ha segnato la vostra carriera professionale? Quello che vi ha elevato tra gli yacht designer di maggiore livello sul piano internazionale?
La risposta è semplice, direi sempre l’ultimo progetto. Alcuni ci hanno dato più soddisfazione di altri per i premi ricevuti, ma è sempre l’ultimo quello che amo di più.
E attualmente a cosa state lavorando?
Stiamo portando avanti e concludendo diversi progetti, tra i 41 e i 74 metri, di interni ed esterni. L’attuale situazione mondiale ha reso senza dubbio più difficili gli spostamenti, ma non la voglia degli armatori di possedere nuove gemme galleggianti.
In questi ultimi 16 anni cosa è cambiato nello yacht design?
Tutto. Le dimensioni, la tecnica, il metodo progettuale. Ciò che 15 anni fa era una barca grande oggi è un entry level; e poi alcuni trend di richieste che si sono sviluppate negli anni in ogni ambito del lusso. Sono cambiate enormemente le volumetrie, non soltanto come lunghezza dell’imbarcazione, ma proprio come spazi architettonici: ampiezza delle finestrature, altezza dei ponti, lo spazio dedicato ai singoli ambienti, anche a scapito nel numero degli ambienti stessi. Insomma è cambiato l’approccio, che è diventato sicuramente più architettonico di quanto non fosse in passato. Tutto ciò è stato coadiuvato dal fatto che le tecnologie impiegate sono diverse, più accessibili, più economiche e più proponibili ai clienti.
Una storia di successo, inaugurata già nel 2005, ad un anno dalla nascita di Hot Lab, con una menzione speciale al M.Y.D.A nella categoria Semi-Displacement Yachts, salvo vincere nel 2007 lo stesso premio nella categoria Professionisti col M/Y 47M Explorer concept. Un lavoro perseguito negli anni con passione e dedizione, annoverando numerosi premi e riconoscimenti. Passionali nelle relazioni con i clienti, pragmatici, ma anche sperimentali nella scelta delle migliori soluzioni. Guidati e ispirati sempre dalle esigenze dell’armatore finale, sia esso ipotetico o reale.
Hot Lab
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