Una vita a bordo: intervista a Valerio Rivellini
Il progettista Valerio Rivellini sale su una barca a vela Optimist a soli sei anni e la sua rotta è ben chiara sin dall’inizio. Una vita dedicata alla nautica: da istruttore a skipper, dalla laurea in ingegneria al design di barche. Un excursus professionale ricco che ha portato l’ingegnere napoletano ad essere oggi una firma importante nel settore e riconosciuto come tale a livello internazionale.
Valerio Rivellini: “One to Watch”
Gli è stato infatti conferito a giugno 2021 il premio “One to Watch”, “premio organizzato dal rinomato magazine Robb Report per celebrare i singoli e le aziende che si sono distinti nel loro campo per l’eccezionale maestria, la straordinaria attenzione ai dettagli e l’incessante ricerca della perfezione” e giunto alla sua 33a edizione come il Best of the Best Award.
Un talento da seguire con attenzione perché, spiegano gli organizzatori del premio, “pur essendo già attivo nel settore, crediamo che il suo contributo crescerà ulteriormente in futuro. Siamo affascinati dalla sua capacità di creare linee belle e soprattutto innovative su yacht di diverse dimensioni. Le sue soluzioni di design rappresentano una rivoluzione e hanno ispirato altri a proporre uno stile similare. Non vediamo l’ora di vedere i suoi prossimi progetti”.
Rivellini ha commentato: “Non posso che essere felice e orgoglioso di questo premio, perché non solo riconosce quanto ho finora fatto in ambito nautico, ma coglie la mia volontà di continuare a innovare questo settore, che sono certo riserverà grandi e importanti sorprese per il futuro”.
In vista della presentazione del Velar 78, abbiamo intervistato Valerio Rivellini concentrandoci su quello che è stato il suo trascorso, le sue esperienze, i suoi progetti passati e futuri.
Il profilo stilistico
L’acqua è l’elemento fondamentale che si rispecchia in ogni suo progetto e i suoi punti fermi, come il comfort di bordo e un design accattivante, insieme alle sue visioni sul futuro della nautica, emergono chiaramente dalle sue risposte.
Rivellini parla con enfasi e passione, si percepisce come i dettagli e l’innovazione tecnologica siano davvero importanti per lui e di come ingegneria e design si possano fondere tra loro creando la perfetta unione tra forma e funzione.
La sua attività è un assoluto equilibrio tra modernità e tradizione che trova spazio anche in settori diversi da quello nautico: Rivellini, infatti, lavora nell’industrial e car design, spaziando dalla progettazione di macchine da lavoro a quella della bicicletta in legno lamellare e carbonio.
Partendo dall’inizio, ricorda il suo primo progetto e come sono cambiati il mercato e le esigenze dell’armatore?
All’inizio della mia carriera ero molto più un uomo di produzione che di progettazione e di design. Ho iniziato a lavorare come ingegnere in una serie di cantieri e i miei primissimi disegni si riferiscono a barche di produzione piccole di circa 7/8 metri di lunghezza con motori fuoribordo. Ho trascorso tutta la mia vita in acqua e continuo a farlo, con qualsiasi mezzo: dalla tavola da wake a quella da surf, dalla barca a vela a quella a motore. Ho fatto tesoro di tutto quello che ho imparato e oggi disegno imbarcazioni che sono il frutto di tutte queste esperienze. La progettazione ovviamente si basa anche su quelli che sono il mercato e le richieste dell’armatore, che adesso si approccia in maniera completamente diversa alla sua barca.
I proprietari di imbarcazioni hanno punti di vista differenti tra loro e di conseguenza non può esistere una categoria, ma possiamo parlare di tendenze. Oggi la tendenza del mercato è quella di un armatore che predilige gli spazi aperti e che ama godersi la navigazione, non più a velocità sostenute come una volta, ma si sente comodo a bordo e percepisce un piacevole comfort intorno a una velocità media di 18/20 nodi. È così che nascono le barche plananti, ma con carena sempre più complessa a metà tra una carena a spigolo vivo e una molto tonda. Oggi gli spazi aperti e il contatto diretto con l’acqua sono fondamentali per un armatore, come per me. Difficilmente, infatti, troverete la mia firma sul progetto di una barca con plancetta minuscola, con il classico muro del tender garage o con degli scalini che servono a raggiungere un pozzetto a due metri dall’acqua. Almeno il 70% dei miei progetti hanno il piano di coperta nella zona di poppa a un’altezza che non supera mai i 70 cm dal mare.
Qual è il progetto sul quale sta lavorando ora?
Sto lavorando a un 24 metri, che sarà varato in primavera. Anche qui, indipendentemente dalla forma, dalla velocità e dalla carena, avrà il 70% del piano in paiolo calpestabile a poppa e si avrà il contatto diretto con l’acqua.
Rimanendo sul cantiere Evo Yachts: quali sono le tecnologie apportate all’Evo R6 Open, rispetto alla versione precedente?
Come prima cosa voglio precisare che Evo Yachts non ha una barca che sia uguale all’altra. Le differenze sostanziali rispetto alla prima versione sono che l’R6 Open ha tre cabine invece di due, è stata resa più sportiva e ancora più “cattiva” e abbiamo tolto il T-Top e, quindi, l’abbiamo trasformata in un puro open.
Una barca completamente diversa però è la terza versione, varata poco tempo fa: l’R6 Custom. Questa ha un mobile bar centrale e nella zona poppiera un divano/prendisole tecnologico, trasformabile ed estendibile. Questo divano è davvero incredibile e visto da poppa appare come sospeso nell’aria, non si riesce davvero a capire come si possa mantenere una struttura del genere! Lo schienale, inoltre, si ribalta manualmente e si trasforma in una seduta per il mobile bar e il prendisole si può allargare elettricamente, diventando un divano a C affacciato sul mare.
L‘R6 Custom ha anche una passerella a scomparsa nella plancia di poppa e gli alloggiamenti per il seabob sulle sponde laterali con un sistema a scorrimento che ne facilita l’utilizzo. Questa terza versione arriva ad offrire addirittura un layout con quattro cabine e tre bagni. Si trasformano anche la nuova seduta di guida a sbalzo e il divano del pozzetto, la cui spalliera diventa una seduta supplementare. Altro elemento trasformabile è il tavolo del pozzetto, realizzato con meccanismo elettrico up and down, e attraverso la collocazione di una semplice appendice consente un duplice allestimento: pranzo o aperitivo.
Parliamo invece del Cantiere Mimì, per il quale è riuscito ad introdurre innovazione pur rispettando la tradizione. Ci può raccontare, per esempio, le caratteristiche del nuovo Gozzo Libeccio 11 WA?
Quando si mettono le mani su un qualcosa di storico, di tradizionale, su un qualcosa già scritto, non è semplice e va da sé che non si ha carta bianca. L’obiettivo era quello di rendere il gozzo più adatto ad un pubblico giovanile e, quindi, di avvicinare un target di clienti diversi a questo tipo di imbarcazione. Libeccio 11 WA nasce proprio con l’intento di essere una barca classica, ma con un’anima sportiva: abbiamo mantenuto le linee classiche del gozzo con lo scafo tondo nella zona poppiera, falchetta e capo di banda in mogano, coperta in teak, ridisegnato il pozzetto in maniera più sportiva con un prendisole centrale e passaggio sia a destra che a sinistra. Oggi il pubblico giovanile ama portare a bordo toys di qualsiasi genere e questo è l’unico gozzo sul mercato che ha il tradizionale ed intoccabile specchio di poppa rotondo con l’ordinata centrale che si apre e dà spazio a un piccolo tender garage dove è possibile stivare di tutto.
Il Libeccio 11 è anche Walkaround, in quanto la tendenza di oggi è quella di non limitarsi alla zona poppiera, ma quella di sfruttare anche la parte prodiera, magari per un aperitivo o per navigare stando seduti su un divanetto di prua. Questa la considero una scelta molto bella se vista dall’esterno, ma che può comportare dei rischi impressionanti per il layout interno. Il Libeccio 11 WA però sorprende anche in questo, infatti ha dei volumi enormi per una barca di questo segmento: una cucina interna, un bagno e due cabine, una delle quali è stata ottenuta svuotando la scala e rendendola sospesa.
Nei suoi progetti di barche a motore c’è un richiamo costante alle caratteristiche e al modo di vivere un’imbarcazione a vela, o sbaglio?
Assolutamente si, è vero. Io nasco come velista, già a 6 anni ero sull’Optimist, poi ho fatto sia l’istruttore di vela Optimist che lo skipper. Da quando ho iniziato a lavorare nella nautica, invece, ho avuto sempre barche a motore, quindi posso affermare di conoscere bene sia la crociera in barca a vela che in barca a motore: in ogni progetto cerco di prendere tutto il meglio sia di una che dell’altra e di metterle insieme.
Qual è il progetto che le ha dato maggiori soddisfazioni, quello più significativo?
La 43 piedi di Evo Yachts, varata nel 2015, perché è stato il punto di svolta. Un’imbarcazione che ha cambiato un po’ il segmento delle barche e rotto gli schemi, come mi è stato anche riconosciuto da molti addetti al settore, perché è stata la prima ad aver aperto la poppa. Nel settore nautico avevamo già sul mercato il marchio Wider, caratteristico per l’estensione centrale, altri brand si sono distinti per le terrazzine a centro barca, ma nessuno aveva ancora osato aprire l’imbarcazione nella zona poppiera, né usato un trasformer per arrivare completamente in acqua e convertire così la poppa in un beach club. Negli anni successivi, nei vari saloni nautici, non ho più visto una barca senza sponde abbattibili, apribili o spostabili in qualche modo. Oggi anche un 112 piedi ha le sponde che si aprono a poppa! Quindi essere presi come riferimento è segno di un cambiamento forte che ti dà molta soddisfazione.
Secondo lei come sarà lo yacht del futuro?
Sicuramente sarà molto più green, uno yacht attento all’impatto ambientale. Secondo me questa non sarà solo un’esigenza dettata dalle normative sempre più restrittive, ma sarà una richiesta dell’armatore stesso, cosa molto bella perché significa che ha più sensibilità verso questo problema. Sarà una barca non particolarmente veloce, con motorizzazioni ibride, controllabile da remoto e sempre più facile da condurre. Una volta per manovrare un’imbarcazione di 24 metri serviva un equipaggio di tre persone molto competenti, oggi con un joystick si può manovrare un’imbarcazione di questa metratura ed entrare all’ormeggio tranquillamente, senza bisogno di alcuna competenza specifica. Sarà una barca che avrà molto spazio all’interno, con aperture verso l’esterno sempre più importanti. Una volta l’armatore quando saliva a bordo voleva, anche giustamente, che la barca fosse barca e quindi completamente diversa da casa.
Oggi è l’esatto opposto: vuole sentirsi a casa stando in barca.
Qual è il consiglio che darebbe a chi vuole intraprendere la carriera di yacht designer?
Ai miei collaboratori faccio sempre un esempio che può rispondere a questa domanda. Immaginate di costruire un solaio di un grattacielo al 60° piano creato in cristallo di 3 mm, completamente trasparente. Non vi ponete il problema di come si tiene, voi immaginate qualcosa di meraviglioso e poi lo ingegnerizziamo. Quindi il mio consiglio è solo uno: non ponete nessun limite alla vostra immaginazione.
Studio Rivellini
www.rivellini.it
Ultima revisione 23/06/21