Le attrezzature per il light drifting
Devo ammettere che il light drifting, che fino a tre anni fa praticavo raramente, mi ha letteralmente stregato, tanto da portarmi ad affinare giorno dopo giorno questa tecnica, che può regalare davvero moltissime soddisfazioni.
Normalmente chi si avvicina a questa pesca parte da strumenti studiati per il bolentino costiero e di medio fondale, ma cercando informazioni, e soprattutto se si rimane attratti, si scoprirà presto che dietro al light drifting c’è un mondo di attrezzature dedicate, più o meno alla portata di tutti, che potranno facilitare molto la pescata e incrementare le catture.
LA CANNA GIUSTA PER IL LIGHT DRIFTING
L’attrezzatura per il light drifting, così come per il bolentino, varia a seconda dei pesci che si vogliono tentare di catturare.
- Se il target sono sugherelli, sgombri e saraghi, opteremo per canne lunghe almeno 3,5 metri, con azione di punta o parabolica a seconda dei gusti (ma comunque light), in modo che possano lavorare bene anche con terminali lunghi.
- Se invece puntiamo ai pelagici, come le palamite, o a un bel dentice, allora dovremo calibrare al meglio per non trovarci a dover combattere un pesce impegnato in una fuga furiosa che la canna leggera non riuscirà a contrastare. Per questa tipologia di pesca, la canna ideale dovrà avere una lunghezza di almeno 4 metri, di non facile gestione soprattutto su barche piccole, che però permetterà di contrastare al meglio le fughe di pesci dall’indiscussa forza. L’azione è preferibile di punta, controllando bene la frizione del mulinello, per riuscire a girare la testa al pesce che si mette a nuotare come un pazzo verso il blu o, ancor peggio, verso il fondo, tentando di strappare la lenza sugli scogli. È il caso, ad esempio, di dentici e cernie che, una volta allamati, tendono a riguadagnare il fondo per nascondersi negli anfratti rocciosi, andando così, nella stragrande maggioranza dei casi, a far recidere la lenza.
IL MULINELLO
Anche il mulinello gioca un ruolo importante e dovrà essere calibrato, come la canna, in funzione di ciò che intendiamo catturare. Un mulinello taglia 4.000 sarà più che sufficiente se puntiamo a piccoli palagici e sparidi, ma se vogliamo pescare qualcosa di più interessante allora la taglia dovrà arrivare anche a 5.000 o 6.000, a seconda del proprio stile.
Attenzione, però, a non sbilanciare troppo l’assetto canna/mulinello: infatti, un mulo troppo pesante su una canna relativamente leggera andrà a influire sulla gestione della stessa.
QUALE FILO UTILIZZARE IN BOBINA: NYLON O TRECCIATO?
Questo argomento è davvero molto delicato e apre una discussione tra i puristi del nylon in bobina e chi oggi preferisce un trecciato molto sottile, con una decina di metri di shock leader in fluorocarbon e finale.
Ma quali sono le differenze sostanziali?
IL NYLON è sempre stato usato per questa tecnica, esce molto bene dal mulinello soprattutto quando si pesca ad archetto aperto, risulta più trasparente rispetto al trecciato, oltre a dare una chance in più se sfregato contro le rocce, ed è abbastanza elastico, permettendo quindi di correggere quel margine di errore quando si combatte e recupera il pesce. Implica, però, l’utilizzo di mulinelli più grandi perché deve essere caricato con quanto più nylon possibile, per evitare che un pesce di grosse dimensioni possa far terminare il filo presente in bobina.
IL TRECCIATO invece, essendo una sorta di cordino intrecciato a 4-6 o più capi, consente di usare diametri notevolmente più sottili e di sfruttare mulinelli dalle dimensioni più contenute, ha un carico di rottura decisamente superiore al nylon a parità di dimensione, ma è molto più visibile in acqua e il contatto con il fondo porta quasi sempre alla rottura del filo.
C’è da dire che comunque raramente con una cattura si arriva a far sfregare il trecciato sul fondo; diciamo che bisogna essere un tantino sfortunati e, in quel caso, ci dovremo affidare soltanto alla sorte e alle nostre doti – oltre ad avere, come dicevamo, una canna adeguata che riesca a contrastare in modo corretto le fughe del pesce verso il fondale. Al termine del trecciato solitamente si lega uno spezzone di fluorocarbon lungo circa una decina di metri, per avere quel grado di trasparenza sufficiente a non far insospettire oltremodo un pesce che sta nuotando in zona e che ha visto l’esca fluttuare insieme alla pastura.
Ma che diametro scegliere per nylon e trecciato?
Sicuramente non si dovrà esagerare né con l’uno né con l’altro. Chi opta per il nylon potrà sfruttarlo in un range che va dallo 0,25 allo 0,35; mentre chi vorrà utilizzare il trecciato potrà imbobinare fili dallo 0,10 allo 0,18 con un elevato carico di rottura.
IL FINALE NEL LIGHT DRIFTING
Il finale gioca un ruolo determinante ai fini della cattura: se abbiamo fatto tutto alla perfezione, abbiamo la canna giusta con il mulinello adeguato, ma il terminale non è stato assemblato a regola, tutti i nostri sforzi saranno vani. Dobbiamo partire dal presupposto che oggi i pesci “sanno leggere e scrivere”, quindi tutto dovrà essere calibrato alla perfezione: fluorocarbon, nodi e girelle.
Nella pesca di sgombri e sugherelli di solito si usa un terminale a due braccioli, lunghi circa 1,5 metri, che permetteranno all’esca di muoversi libera in acqua e di disporsi perfettamente in corrente. Come esca si potrà optare per il tocchetto di sarda, facile da tagliare con le forbici, o, per i più abili, anche per il filetto di sarda o acciuga passato più volte sull’amo e rifinito con filo elastico, che risulterà altamente catturante soprattutto quando i pesci, attirati dalla pastura, saranno in piena frenesia.
Pescando invece pesci più grandi, come le palamite, il finale sarà unico e la lunghezza potrà anche superare i 2 metri; quindi sarà necessario ricorrere a canne lunghe, non solo per la gestione del pesce incannato, ma anche e soprattutto per poter lanciare finali di questa lunghezza. Personalmente utilizzo del fluorocarbon di ottima qualità nei diametri che vanno dallo 0,26 (se pesco in acqua libera) allo 0,30, o anche 0,33 (se pesco vicino alle scogliere), per poi terminare con circa 7-8 centimetri di 0,50 che rimarranno nascosti all’interno della sardina, ma consentiranno di resistere meglio alla dentatura di una palamita o di un barracuda.
L’AMO
L’amo andrà scelto a gambo lungo, nelle misure comprese tra il 6 e l’8, se vogliamo tentare la cattura di sgombri e sugherelli oppure nelle misure 1-1/0 e a volte anche il 2/0 se sullo spot troviamo grossi predatori.
Circle o no?
Il circle permette solitamente di allamare perfettamente i pesci sul lato della bocca, lasciando spesso il terminale fuori portata dalla dentatura del pesce. Non vi nego, però, che l’amo a curvatura normale mi ha salvato parecchie volte da pesci che tenevano in bocca l’esca senza ingoiarla. Insomma, anche qui sarete voi a scegliere l’amo adatto in base alle vostre esigenze.
Per l’innesco della sardina intera è consigliabile l’utilizzo dell’ago. Per farlo, il terminale dovrà potersi sganciare tramite un’asola, che infileremo nell’apposita fessura dell’ago facendo scivolare la sardina sul filo, fino ad alloggiare l’amo all’interno della bocca. Così avremo l’innesco perfetto.
PASTURARE
Una corretta pasturazione nel light drifting è assolutamente basilare per attirare i pesci intorno alla barca. Svolgere una sessione di pesca senza una consistente pasturazione porterà ad estenuanti attese e catture frutto solo di mera fortuna.
Possiamo distinguere la pasturazione in due tipologie: per piccoli pelagici o per grandi predatori.
- Per i primi si potrà calare un sacco di sarda macinata in rete e, possibilmente, utilizzare un trita sarde temporizzato, che crea una scia omogenea di poltiglia di sarda.
- Se invece vogliamo attirare palamite, alletterati e pesci importanti, l’utilizzo del getta sarde sarà pressoché fondamentale per ottenere la giusta scia di esche, che celerà anche la nostra.
Possiamo pasturare anche a mano, come abbiamo sempre fatto in passato, ma se vogliamo una pasturazione precisa e continua, soprattutto mentre siamo impegnati a combattere un pesce in canna, l’uso del trita o del getta sarde sarà assolutamente indispensabile.
Come gestire le esche in corrente? Lo vedremo nel prossimo articolo…