Lightdrifting… DI PRIMAVERA!
Ma che cos’è il lightdrifting? E’ una tecnica di pesca derivata dal classico bolentino con barca ancorata esercitata con le canne. E’ una variante light, ossia “leggera” in drifting, che vuol dire in “corrente”, un termine anglosassone che oggi fa tendenza e che indica un sistema di pesca affinato, un po’ laborioso, ma che ci consente, se effettuato correttamente, di effettuare pescate… superlative.
Nella sostanza, si tratta di ancorarsi con un’imbarcazione in prossimità di una secca, con batimetriche oscillanti dai – 15 fino ai – 40/60 metri, e iniziare la pasturazione a base prevalentemente di sardine, con alcuni pasturatori appositi o con dei sacchi con contenuti a base sempre di sardina preparati artigianalmente o acquistati nei negozi di pesca.
Naturalmente alla fase della pasturazione, che va effettuata in modo adeguata in funzione della corrente e della densità dei banchi dei pesci presenti, vanno correttamente esposte le lenze… proprio in “corrente”, appesantendole leggermente se occorre, oppure lasciando i finali senza alcuna zavorra, facendo fluttuare le nostre esche, che devono tassativamente “correre” possibilmente nello stesso strato d’acqua dove ben agisce la corrente, esattamente dove va il flusso della pastura. Ciò non risulta facile, far viaggiare la nostra esca, piazzata con cura sull’amo, nel flusso giusto, ma la pratica e l’esperienza ci guideranno sicuramente verso il successo sperato.
Le attrezzature per effettuare il lightdrifting.
Dopo la doverosa premessa per capire il concetto del lightdrifting, per quanto riguarda le attrezzature e partendo dalle canne, occorreranno elementi telescopici oppure di tipo a ripartizione, ma siccome, quello che conta in una canna da lightdrifting è la leggerezza, unita alla grande resistenza e flessibilità, un mio personale punto di vista, è quello di scegliere un prodotto telescopico leggero, in carbonio alto modulo, di nuova generazione e rinforzato, in grado di essere molto sensibile alla flessione, consentendoci di poter catturare pesci, anche di alcuni chilogrammi di peso, con monofili di sottilissimo libbraggio.
Come nel caso della pescata citata, con numerose palamite di gran taglia, catturate con finali in fluorocarbon, di sezione variabili dal 21 al 23,5 e con madre lenze dello 0,25! Grazie alle giuste canne utilizzate nell’azione di pesca. Pertanto, nella sintesi, canne di circa 4 – 4,5 metri di lunghezza, in carbonio rinforzato con azione variabile da pochi grammi fino a 40/60 grammi, dotate di una discreta riserva di potenza. Per la scelta degli anelli o passanti, beh, li consiglierei di qualità come i Fuji SIC o gli Alconite, che sono tra i migliori per quanto riguarda la loro alta dispersione di calore. L’ottimo materiale contenuto negli anelli, riduce notevolmente l’effetto abrasivo che agisce sul monofilo durante lo scorrimento del medesimo quando la lenza è in forte trazione. Da ciò ne consegue una maggiore durata delle lenze e una maggiore sicurezza nel recupero delle prede. Per i mulinelli, occorreranno quelli di taglia media: 4500 o 5000, che siano buoni prodotti, anche se non sono di marca blasonata. Quello che conta è che abbiano componenti interni di qualità come i cuscinetti e una frizione precisa, affidabile.
Partendo dal concetto che è necessario adottare finali “leggerissimi”, di ridottissima sezione, per evitare una maggior resistenza del monofilo al flusso della corrente, prendiamo in considerazione un buon monofilo dello 0,25 da avvolgere in bobina. La sua elasticità, unita all’ottima azione della canna in carbonio in uso, faranno il resto per assicurare a pagliolo, prede importanti.Pertanto: lenza madre dello 0,25, che può essere ulteriormente ridotta allo 0,22, girella con moschettone da fissare al capo libero e… finalmente il finale, che dovrà essere rigorosamente in fluorocarbon, lungo almeno 2,5 metri, nelle sezioni variabili dallo 0,21 allo 0,235.
Adottando questi finali, è necessario avere l’accortezza di inserire un “rinforzino” di 4-5 cm di fluorocarbon dello 0,35 a cui seguirà l’amo, perchè… la bocca delle palamite non perdona! Per quanto riguarda gli ami, sceglieremo la numerazione che spazia: dal N° 2 al 3/0. Questa tipologia di finale, va mantenuta tale in condizioni di mare calmo con vento a regime di brezza e con corrente leggera. Se la corrente marina dovesse aumentare, occorre zavorrare il finale a monte della girella-moschettone con 1-2-3 grammi, fino a circa 10-15 grammi. Tuttavia, più si zavorra la lenza, più la stessa si comporterà in modo innaturale in acqua, facendo di conseguenza “lavorare” male l’esca, con esito spesso e volentieri negativo.
I pasturatori
Come abbiamo già accennato, la finalità di questa pesca è quella di attirare i pesci nel flusso di corrente, dove viaggia la pastura e quindi dovremo utilizzare sacchi colmi di certi composti a base di sardine o i pasturatori appositi, da riempire in genere con le medesime sardine spezzettate o finemente triturate che dovranno mischiarsi con le esche, sempre rappresentate da tocchi di sardina oppure addirittura con pesci interi. C’è il pasturatore a sgancio, costituito da un cilindro metallico o in plastica, zavorrati, che una volta giunti sul punto di nostro interesse, sia sul fondo o a mezz’acqua, si imprime sul medesimo, uno strattone, e il materiale fuoriesce disponendosi in corrente. Un altro tipo di pasturatore, è quello a lame. Si tratta di un cilindro metallico rivestito da una rete esterna, all’interno del quale agisce un perno con battente provvisto di lame a scorrimento verticale. Viene riempito con pezzi di sardina e legato a prua con una cima di alcuni metri dalla barca. Agisce pasturando autonomamente, sotto l’azione del rollio e del beccheggio della barca che lentamente, ad ogni scorrimento del perno, le lame sezionano e disperdono in frammenti il contenuto. Un altro grande pasturatore, è quello elettromeccanico, che raccoglie i pezzi di pesce nel suo interno e li trita finemente, creando un alone in superficie irresistibile per i nostri amici pinnuti.
L’assetto in pesca e la tecnica in uso Per ben esercitare il lightdrifting, occorre posizionare nel pozzetto della barca, almeno 4 canne, con gli appositi portacanne orientabili, per disporre le canne a ventaglio, quasi orizzontali con la superficie del mare. Sono preferite le barche, che hanno un pozzetto ampio per pescare in sicurezza ed in libertà di movimento. A questo punto, non resta altro che effettuare un’ipotetica pescata, portando l’imbarcazione in prossimità del cappello della secca, monitorare con l’ecoscandaglio la zona e ancorarsi a monte del punto scelto, da circa trenta, ad almeno una cinquantina di metri, a seconda del vento e dello scarroccio presenti. Appena pronti, si inizia a pasturare in superficie, lentamente, ma in continuità. E’ necessario tenere sempre attivato il flusso di pastura. Questo è uno dei segreti.
Se si può, è bene alternare il flusso di pastura con pezzetti di sarda gettati a mano e con il pasturatore tritasardine elettromeccanico. Per ogni pescata di circa 4 – 6 ore ci vuole almeno una cassa di sardine, altrimenti potremmo economizzare con mezza cassa se i pesci sono ben attivi sotto bordo. Nel senso che i pesci se sono presenti, vanno stimolati e non saziati. Caliamo le canne: la prima, con galleggiante a 15 metri circa dall’esca, fuori per 20-30 metri, a zavorra zero; la seconda, libera senza galleggiante a zavorra zero; le altre due, una con 1-2 grammi di piombo, e l’altra, con 5-6 grammi di piombo, per verificare in quale interstrato d’acqua si prendono più pesci. Ad ogni canna calata in acqua è necessario aprire l’archetto del mulinello e lasciarlo libero, facendo fuoriuscire lentamente la lenza in corrente.
Ogni tanto, è necessario recuperare la lenza di ogni canna, per poi ricominciare: si innesca con la sarda, si cala, si apre l’archetto e via, con la lenza che fuoriesce. E’ un’attività continua: pasturazione, recupero etc. Quando il pesce afferra l’esca, se è ad esempio una palamita, si avverte che la lenza fuoriesce velocemente dal mulinello, dopodiché si afferra la canna, si imprime energicamente la “ferrata” e si inizia il recupero, cedendo lenza quando occorre e raccogliendo appena possiamo. ù
Durante questa fase, è bene essere almeno in due pescatori, in quanto, uno, se occorre toglie di mezzo alcune canne per evitare sgradevoli imbrogli e poi, per mantenere la pasturazione attiva, altrimenti il branco si spaventa e scompare, almeno per un pò di tempo.
Con il lightdrifting, non solo palamite, si catturano spesso e volentieri anche gli sgombri lanzardi, le occhiate, i tonnetti alletterati e poi, non di rado, saremo capaci di “staccare” letteralmente dal fondo: saraghi, tanute, orate ed altri pesci magnifici!