Il tempo dell’oro
Acqua fredda e forti venti che la rendono limpidissima, esca selezionata con cura, armiamoci di giubbino, cappello di lana e un po’ di impegno: andiamo a cercare la regina dei mesi freddi, l’orata.
Novembre e dicembre, i mesi del montone delle orate, mesi nei quali, con le dovute tecniche e con qualche accorgimento, si possono fare carnieri di tutto rispetto, nonostante s’incontrino, oltre alla difficoltà alieutica, le insidie del freddo, dell’acqua torbida e del mare spesso poco clemente.
LA GIORNATA GIUSTA
Scegliere una giornata di pesca nei mesi invernali, specie se si deve tentare di pescare ancorati, può non essere un’impresa semplice. La pesca delle orate, infatti, presenta almeno tre variabili da non sottovalutare.
Prima fra tutte, la corrente: questi grossi sparidi amano cacciare con corrente moderata, stazionando nelle praterie di posidonia a ridosso dei grossi scogli. L’assenza di corrente probabilmente non mette in movimento il fitoplancton, che stimola l’appetito delle orate.
In secondo luogo, bisogna tenere in considerazione il cambio di marea. Come tutti gli sparidi, anche le orate sono attratte dalla marea montante: scegliendo la giornata, prediligeremo quelle con un salto di marea notevole, cercando di pescare sempre nelle due ore che precedono il culmine di alta marea.
In ultimo, eviteremo di pescare con acqua troppo torbida poiché l’orata predilige esche statiche, visibili quando l’acqua si presenta chiara e limpida.
LA TECNICA IN BREVE
Scelta la giornata ideale, ci porteremo su batimetriche che partono dai 33 metri fino ai 45 metri di profondità, prediligendo fondali con scogli misti a Posidonia.
Individuata la secca e valutata la corrente, ci ancoreremo a ridosso della cigliata, pasturando con un pasturatore di fondo a lame e uno a sgancio, con sardine miste a ghiaia e tartufi di mare. Nella pastura potremo inserire anche delle cozze schiacciate e messe in mezzo al misto. Il pasturatore a lame andrà calato a fondo; mentre con quello a sgancio effettueremo l’apertura a qualche metro dal fondo.
Dopo aver abbondantemente pasturato, specie appena ancorati, inizieremo la nostra pesca con un calamento a mono amo del tipo jolly napoletano, cioè alla lenza madre collegheremo una perlina salva nodo, una girella e un piombo scorrevole da 50/75 g, mentre alla girella andrà collegato un bracciolo di fluorocarbon di circa un metro e mezzo, con un mono amo robusto e dalla curva larga. Come esca l’ideale sarà verme di rimini, americano o il classico “boccone” di sardina opportunamente legato con il filo elastico all’amo.
ATTREZZATURA AL TOP
Per praticare con successo la pesca delle orate, è bene dotarsi di canne lunghe da ledgering o da bolentino, meglio se ad azione parabolica con vettini ipersensibili.
Fatta raggiungere terra all’esca, lasceremo il piombo poggiato, cercando di leggere la mangiata dello sparide sul cimino. I mulinelli, taglia 5500/6500, andranno imbobinati con nylon del 0,30/0,35 meglio se di colore azzurro. Il finale sarà un fluorcarbon dello 0,35/0,37 al quale collegheremo un amo serie 553 Tubertini o 5180 Owner.
Alla mangiata seguirà la prima violenta fuga, dove il pesce sarà incontrollabile. Appena finita la prima sfuriata, inizieremo a combattere il pesce, usando il fusto parabolico e cercando di sfruttare al meglio tutta la curva di potenza della canna; la frizione ovviamente, sarà al limite dello slittamento.
RISPETTO ED ETICA
In un periodo come il montone delle orate, ci si deve autoregolamentare, cercando, al di là delle normative vigenti, di rispettare al massimo l’avversario, contenendo i carnieri e rilasciando gli esemplari più giovani. Ricordiamoci poi che in questo periodo le femmine sono spesso cariche di uova e che per ogni esemplare rilasciato, garantiamo la vita a milioni di piccoli avanotti.