Dalla regata ai mega yacht: la leggerezza delle barche di Andrea Vallicelli
“La natura di un’imbarcazione è caratterizzata da funzioni abitative, da capacità dinamiche e dagli elementi ambientali in cui svolge le sue prestazioni (mare e vento). In fondo è una macchina che si muove fra due fluidi. La sua relazione spaziale con l’ambiente non può prescindere dal movimento, dalla dimensione temporale: la quarta dimensione nel suo caso assume un valore fisico oltre che simbolico (mi piace chiamarle: “architetture in movimento”).
Un unico tratto distintivo declinato in molte forme: la medesima leggerezza delle linee sia nelle piccole barche a vela da regata, sia nei grandi mega yacht a motore. E’ l’inconfondibile cifra stilistica di Andrea Vallicelli. “E’ iniziata quando ero ancora uno studente di architettura e disegnai una barca a vela di 9 metri, lo Ziggurat, che fu progettata da me e realizzata in parte anche da amici e dal cantiere Sigovich di Verona. Lo scopo per cui fu disegnata nel 1974/75 fu quello di partecipare alla Half-Ton Cup di Trieste dove arrivò terza e vinse il premio per il miglior progetto. Dall’epoca è iniziata una carriera non programmata che pian piano è diventata sempre più professionale. Altri armatori poi mi chiesero di fare altri progetti che parteciparono ad altre competizioni negli anni successivi, fino ad arrivare a vincere, a Napoli, il campionato del mondo degli One-Tonner”.
Inizia così, dalla progettazione casuale di un’imbarcazione da regata, la carriera professionale di uno dei più stimati progettisti di yacht al mondo: Andrea Vallicelli. Dopo lo Ziggurat arrivò la serie Azzurra 1, 2 e 3, barche che parteciparono con successo alle America’s Cup negli anni ’80. Poi ancora Virtuelle, realizzata con la collaborazione con Philippe Starck degli anni 2000 e ancora in quegli anni Orsa Maggiore, nave scuola della marina Militare Italiana. “Questi sono i primi anni dell’attività che si è sviluppata affiancando al settore delle imbarcazioni da regata quello delle imbarcazioni di serie, prodotte su stampo per il diporto crocieristico – ci spiega Andrea Vallicelli – In questo settore abbiamo collaborato prima con la CPR, poi arrivarono COMAR, VR Nautica e molti altri cantieri, arrivando a superare la trentina di modelli di serie in Italia e nel mondo”.
Ma si trova più a suo agio a disegnare imbarcazioni da regata o da crociera? “Sono due ambiti contigui, anche perché quelle che abbiamo realizzato per il diporto erano sì da crociera, ma da crociera sportiva. Dal punto di vista dell’impegno e dell’interesse non c’è una grande differenza, ma dobbiamo riconoscere che il settore agonistico per il mio studio è stato il settore su cui abbiamo costruito un’immagine”.
Dai cruiser a vela fino ai Motor Yacht, passando sempre per tratti stilistici di inconfondibile eleganza. “Il rapporto con i Motor Yacht si è sviluppato negli ultimi 20 anni – ci racconta ancora il Prof. Andrea Vallicelli. A parte aver disegnato qualche barca a motore per scopi professionali alla fine degli anni ’90, Vallicelli ci racconta che non si era spinto nella progettazione di yacht a motore fin quando “un cantiere ci chiese di occuparci dell’ingegnerizzazione di un progetto di una grossa barca a vela. Terminato questo lavoro, la barca non si realizzò, ma questo rapporto fece nascere da parte del cantiere un interesse, tanto che ci commissionò una proposta per una barca a motore che avevano in animo di mettere in produzione”.
Si trattava dell’ISA 120, un 36 metri planante di grande impatto. “La proposta piacque e seguirono poi ISA 140, dei prototipi di imbarcazioni sempre più grandi fino ad OKTO, comunque tutte imbarcazioni a motore medio dislocanti in acciaio e alluminio”. Ma non solo ISA Yachts, ad oggi lo studio Vallicelli lavora con numerosi cantieri in Italia e all’estero “Lavoriamo con molti cantieri, in Turchia ad esempio con il Cantiere Turquoise Yachts” per il quale Vallicelli ha realizzato le linee esterne di un 74 metri di grande classe con cinque livelli di ponti, di cui tre sopra quello principale: uno yacht dalle importanti proporzioni al quale il progettista ha lavorato molto. “Visivamente, i ponti diminuiscono progressivamente verso la poppa creando un profilo con forti linee diagonali che creano armonia tra le forme della sovrastruttura e lo scafo”, ha affermato.
Continua, inoltre, il rapporto con il Gruppo Ferretti e CRN con cui sta producendo altre imbarcazioni a motore come il M/Y 139 di 70 metri in costruzione, un mega yacht dislocante da crociera, e la proposta “SHE”, una barca dalle linee sinuose e femminili. Un ruolo importante nella carriera di Andrea Vallicelli ce l’ha anche l’insegnamento in quanto Professore ordinario di disegno industriale presso la facoltà di architettura dell’Università G. D’Annunzio di Pescara, di cui ci dice con grande umiltà: “Non si insegna a progettare, a progettare si impara. Nelle attività didattiche di laboratorio progettuale si stabiliscono dei rapporti, si porta avanti un lavoro di guida degli studenti che imparano a progettare. Un bravo docente in questo campo è colui che riesce fare il maieuta, cioè a tirar fuori agli studenti quello che loro hanno”.
Andrea Vallicelli è una voce fuori dal coro per molti aspetti, non solo nell’insegnamento, e con un punto di vista ben preciso circa la funzionalità del progetto di uno yacht. La tendenza degli ultimi anni è, infatti, uno yacht design che sia affine e simile ad una casa sul mare. Lui risulta essere in controtendenza rispetto a questo andamento del mercato e del design: sostiene con forza il concetto secondo il quale va salvaguardato il confine tra barca e casa e rivolge l’invito all’industria nautica a conservare i contenuti che sono tipici del mare.
“Lo confermo e lo conferma la natura stessa dell’imbarcazione: lo yacht è un oggetto che ha funzioni sì abitative, ma anche funzioni tipiche di una macchina. Si muove in due fluidi, aria e acqua, e bisogna avere una grande conoscenza degli aspetti tecnici, ergonomici e delle esigenze abitative per poterlo progettare. Non hanno niente a che vedere con il concetto di trasferimento di una casa sul mare. Gli spazi abitativi di uno yacht devono soddisfare sì le esigenze dell’abitare, ma si muovono, e questo è un aspetto che bisogna necessariamente saper declinare in qualche modo: sono comunque delle macchine ed hanno una loro affascinante complessità”.
Un concetto espresso con convinzione anche nell’ambito dell’Italian Yacht Design Conference 2017 “QUESTIONI DI STILE. Sei proposte di riflessione per l’innovazione”. “La natura di un’imbarcazione è caratterizzata da funzioni abitative, da capacità dinamiche e dagli elementi ambientali in cui svolge le sue prestazioni (mare e vento). In fondo è una macchina che si muove fra due fluidi. La sua relazione spaziale con l’ambiente non può prescindere dal movimento, dalla dimensione temporale: la quarta dimensione nel suo caso assume un valore fisico oltre che simbolico (mi piace chiamarle: “architetture in movimento”). Quanto all’ambiente, il mare è il dominio dell’indeterminabile, luogo della quiete e del movimento. La sua superficie può assumere sembianze morfologiche e cromatiche antitetiche che variano: da un piano perfetto a geometrie incontrollate, da una monocromia intensa a trasparenze tenui. Le imbarcazioni vi lasciano tracce temporanee, le forme dell’artificiale sono tracce di un movimento. Sono convinto che questa indefinibilità morfologica spinga alla ricerca di un ordine interno all’oggetto ancora più forte”.
Un professionista, un professore, un esperto, un conoscitore ed un divulgatore talmente ferrato e dalle conoscenze così profonde e radicate da essere sua la definizione di “nautica” che troviamo sull‘enciclopedia Treccani.