Registro d’iscrizione e implicazioni tecnico-amministrative
La registrazione di un’unità da diporto, sia essa “pura” o commerciale, riveste da sempre per armatori, proprietari e, conseguentemente, anche per gli assicuratori, un parametro di oggettiva valutazione che spesso, probabilmente, non viene compiutamente misurato nella sua vasta portata tecnico-amministrativa. Con questo articolo, si cercherà di illustrare al lettore quali risvolti e impatti può avere un registro d’iscrizione sulla propria unità.
In prima istanza, è sicuramente da sfatare il mito che vedrebbe la scelta di un registro d’iscrizione, magari estero, equivalente (fatte sempre le dovute eccezioni) a un espediente di mera elusione fiscale o, ancora più banalmente, quale mezzo per evitare costi di natura tecnica, come il certificato di sicurezza previsto dalla nostra bandiera nazionale.
Così come avviene ininterrottamente dal secondo dopoguerra per le navi commerciali, la scelta del registro d’iscrizione può essere influenzata, indicativamente, da uno o più dei seguenti aspetti:
- Condizioni contrattuali propedeutiche per accedere a mutui o leasing navali;
- Impossibilità o gravi criticità di registrazione e/o di natura doganale date da parametri tecnico-amministrativi o certificativi;
- Fattibilità di una sostenibile gestione tecnico-operativa per le unità commerciali;
- Usi “promiscui”, ovvero utilizzi privati e commerciali;
- “Garanzia” di affidabilità ai fini bancari e/o ipotecari;
Riconoscibilità internazionale, utile magari in caso di compravendita o per utilizzi e navigazioni internazionali; - Gradimento da parte di assicuratori o P&I Club;
- Efficienza e affidabilità del registro applicato nelle attività in caso di compravendite, cambi di proprietà, gestione sinistri o nell’applicazione e comprensione di normative di settore, sia nazionali che internazionali.
I COSTI DEL REGISTRO D’ISCRIZIONE
Già dagli aspetti su elencati appare dunque evidente come il registro (o bandiera, se vogliamo semplificare) possa avere, nella sua reale complessità, un impatto di non secondaria importanza nella gestione o nel mantenimento del mezzo nei suoi cicli di vita operativi.
Naturalmente, appare chiaro che, in aggiunta a quanto fin qui descritto, vi siano poi anche dei riflessi di tipo economico, che però non sempre puntano sul risparmio per l’armatore o il proprietario.
In questo senso, se è pur possibile razionalizzare taluni costi “indiretti” (rispetto alla mera registrazione e al suo mantenimento), non si può certo affermare che la scelta di un registro abbia sempre costi inferiori di iscrizione e di mantenimento rispetto al proprio registro nazionale, come nel caso della nostra bandiera, ovvero quella italiana.
Infatti, qui vale la pena sfatare un altro mito, ovvero quello che vedrebbe il registro italiano come una emblematica rappresentanza dell’assoluta antieconomicità per definizione, pur avendo purtroppo tante e oggettive ataviche criticità, tuttora irrisolte.
UN ABITO SU MISURA
Fin qui si è parlato dei vari aspetti che, in chiave generale, dovrebbero indurre a un pensiero critico non solo l’armatore, ma anche l’operatore incaricato di seguire una registrazione per quest’ultimo, circa la corretta individuazione della migliore scelta in questa specifica tematica.
Ora, probabilmente, una domanda potrà sorgere spontanea: esiste una scelta ideale? Indicativamente, la risposta è un coscienzioso “no”.
Pur essendoci registri di assoluta, storica riconoscibilità e qualità, persino improntati su quello che oggi viene definito come “orientamento al cliente” (molti registri, anche blasonati, oramai offrono veri e propri servizi di concierge agli armatori), non è scontato che, economicamente e tecnicamente, la scelta ricada sempre su una determinata soluzione piuttosto che su un’altra.
Singolarmente, cosa probabilmente poco nota ai più, oggigiorno vi sono addirittura dei registri più indicati per le unità a vela o a motore, per quelle non marcate CE, per unità storiche (magari in legno), per il charter o per il noleggio a scafo nudo (in patria definito “locazione”) e, persino, per il trasporto merci (al netto di predeterminati parametri e adeguamenti) con unità da diporto o costruzioni al di sotto dei 24 metri, sia a motore che a vela.
LA SCELTA
Che dire dei numeri? Quanta è, per così dire, la “scelta”? Verosimilmente, anche su questo aspetto vi sono dei dati di singolare interesse.
Trascurando le soluzioni di dubbia serietà, anche con risvolti assai poco gradevoli rilevati da amministrazioni europee nel recente passato, i registri, anche di qualità, sono tutt’altro che assenti. Paesi, come ad esempio la Svizzera, possono avere, nei limiti delle loro caratteristiche, peculiarità e requisiti, elementi di oggettiva serietà e considerabilità.
Solo in Europa centro-occidentale, possiamo pacificamente contare almeno una decina di amministrazioni marittime aventi un registro dedicato allo yachting, sia commerciale che puro.
In conclusione, una corretta valutazione, critica e oculata, del registro in cui iscrivere un’unità a volte può rappresentare, più di quanto si possa pensare, una parte più che essenziale della vita operativa del mezzo, con tutte le inevitabili influenze dal punto di vista economico, amministrativo e tecnico. Al netto, come abbiamo già avuto modo di specificare nella trattazione, del reale tipo di utilizzo.