Registro polacco: l’affermazione di una nuova tendenza
Dopo l’exploit e il declino dei registri olandesi e belgi per la registrazione di yacht privati, ora è la bandiera polacca (o meglio, il registro navale polacco) che vuole rendersi attrattiva e proporsi all’utenza del diporto puro. Per questo, abbiamo deciso di dedicare con questo numero un approfondimento a quella che è attualmente una vera e propria tendenza di mercato.
L’articolo si vuole porre in un’ottica interlocutoria, offrendo al lettore quanto raccolto finora sull’argomento, al mero scopo di raccontare i fattori che avrebbero messo in discussione la convenienza delle bandiere olandese e belga, permettendo così l’avanzare della bandiera polacca.
LA STORIA
Nel 2013, complici anche la negativa congiuntura economica e i provvedimenti del governo Monti, molti diportisti decisero di dismettere la bandiera italiana. All’epoca si affacciarono due registri, quello del Belgio e quello dell’Olanda, che, tanto nello shipping quanto nel diporto puro, erano sostanzialmente delle new entry, sia per numeri che per tradizione ed expertise.
Ciò che ha caratterizzato fortemente l’offerta di questi registri, era la prospettiva di una burocrazia più veloce, minori controlli (mancava qualsiasi certificazione riconducibile all’unità e alle sue attrezzature) e obblighi meno stringenti in merito alle dotazioni e ad alcune procedure di compravendita.
IL CASO DEL BELGIO
Dal 1° gennaio 2019, per poter iscrivere o mantenere un’unità da diporto in Belgio, è necessario che oltre il 50% della proprietà (ovvero i carati n.d.r.) sia di un cittadino belga o di un soggetto stabilmente residente in Belgio.
In tal senso, attraverso una normativa ad hoc con effetto retroattivo (emanata il 17 luglio 2018), le unità iscritte a oggi nel registro del Belgio potranno mantenere la loro Lettre de Pavillon (letteralmente “lettera di bandiera”, che non costituisce tuttavia una vera e propria iscrizione, così come avverrebbe per i residenti), fino al termine della scadenza dell’iscrizione (5 anni). Decorso tale termine, le unità non in regola non potranno prorogare la propria iscrizione.
IL CASO DELL’OLANDA
Il fattore che, secondo alcuni, avrebbe messo in crisi il registro olandese circa la “regolarità” delle proprie iscrizioni, sarebbe da ricercare nel caso che vide protagonista la nave “Lifeline” di una ONG tedesca che aveva soccorso 229 migranti al largo della Libia nell’estate del 2018.
In quell’occasione, il governo olandese dovette precisare come nel proprio Paese coesistessero due differenti registri d’iscrizione per le unità da diporto. Il primo, denominato Watersportverbond, è assimilabile a una associazione che raccoglie i club nautici del Paese. Il secondo, denominato Kadaster, rappresenta invece il registro navale olandese, che prevede l’annotazione ufficiale della proprietà e tutti i diritti reali a esso connessi.
La maggior parte degli ex yacht italiani risultava iscritta presso il Watersportverbond. Questa tipologia di registrazione contempla il mero rilascio dell’International Certificate for Pleasure Craft, che non determina l’appartenenza di bandiera, così come stabilito dall’art. 9 della Convenzione delle Nazioni Unite sul Diritto del Mare (UNCLOS).
A ciò si aggiungerebbe il fatto che il governo olandese, alla luce di quanto detto, non si assumerebbe nessuna delle responsabilità elencate nell’articolo 94 dell’UNCLOS e che le unità iscritte nel Watersportverbond sono considerate, secondo la convenzione UNCLOS, unità prive di nazionalità, non protette dalla legge di alcuno Stato.
IL REGISTRO POLACCO
Lasciando ai lettori ogni opportuna valutazione circa quanto fin qui esposto, parliamo ora della bandiera polacca per gli yacht privati. Già molto attrattiva per l’estero per certi settori imprenditoriali, la Polonia dal 2019 ha voluto decisamente investire sul mercato della registrazione dei pleasure yacht fino ai 24 metri.
Ciò che propone la bandiera polacca (nei limiti di quanto è stato possibile evincere dal materiale a nostra disposizione) è essenzialmente una registrazione con pagamento delle previste fee una tantum all’atto della registrazione, dunque senza nessun rinnovo.
La procedura di registrazione richiede una tempistica di 3-4 settimane, a meno che non si proceda con una registrazione premium (così come avviene ad esempio per la bandiera inglese). In questo caso, i tempi dovrebbero scendere sotto i 7 giorni. La procedura prevede, inoltre, il rilascio degli opportuni certificati di registrazione prodotti dalla locale amministrazione marittima, riconosciuta a livello internazionale.
Salvo alcuni casi, come per le unità non marcate CE o per quelle che superano i 24 metri, non viene eseguita alcuna attività ispettiva prima della registrazione. Poiché la Polonia è un Paese della UE, l’amministrazione dà la possibilità di registrare la propria unità a livello personale a tutti i cittadini europei, ponendo invece alcuni prerequisiti per i soggetti extra UE.
Essendo, a oggi, la scelta del registro polacco una consolidata opzione da parte di taluni armatori, è oggettivamente impossibile dare un giudizio che vada oltre la mera valutazione dei tempi di registrazione.
Sicuramente, permangono tuttora alcuni dubbi, come nel campo assicurativo oppure in merito a una reale competitività sotto il profilo dell’utilizzo commerciale. Altro aspetto degno di nota andrebbe ricercato relativamente alle certificazioni di sicurezza: argomento, questo, che nel comparto e tra gli armatori trova da sempre pareri del tutto antitetici.
REGISTRO POLACCO: PIÙ CONTRO CHE PRO?
Potrebbe essere più che condivisibile che, davanti alla scelta della bandiera (sia per il diporto puro che per il diporto commerciale) per uno yacht o per una unità mercantile, si debbano sempre valutare molteplici fattori, evitando di soffermarsi solo sui costi di registrazione o sugli immediati vantaggi che le varie amministrazioni offrono. A torto vengono infatti spesso tralasciati aspetti tutt’altro che secondari.
Anzitutto, c’è da dire che l’iscrizione in un determinato registro comporta che in ogni fase della vita dell’unità (sinistri, cancellazioni, vendite, passaggi di proprietà e via dicendo) si avrà a che fare con la burocrazia e con le leggi di quel Paese.
Dunque, se la fase della registrazione è piuttosto semplice, questo non significa che altre attività e/o situazioni lo siano altrettanto. Altri fattori da tenere in considerazione riguardano, inoltre, quelle dinamiche aventi per oggetto la fiscalità e il valore tecnico-estimativo del mezzo (un valore che va oltre la mera quotazione nel mercato della compravendita), nonché la presenza o meno delle succitate certificazioni di sicurezza che, posto che vengano ottenute e rilasciate con reali e puntuali ispezioni, dovrebbero rappresentare un valore aggiunto e non una semplice spesa.
Bisogna, infine, prendere sempre “con le pinze” i vari siti o società che si occupano soltanto di vendere registrazioni di yacht. Meglio affidarsi a consulenti navali, raccomandatari o mediatori marittimi, che, frequentemente, oltre a offrire le medesime soluzioni, possono proporre un prezioso approccio di tipo consulenziale, modellato sulle reali esigenze dell’armatore.